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HOME » L'INTERVISTA » PEP MARCHEGIANI METTE IN MOSTRA LA SOCIETà "CANNIBALE" AL MUSEO VITTORIA COLONNA
Pubblicato il 12/02/2016 10:10

Pep Marchegiani mette in mostra la società "cannibale" al Museo Vittoria Colonna

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di Giulia Grilli

 

Ci aveva lasciato nel 2012, al BR1 di Montesilvano Colle, con il circo politico della nostra Ita(G)lia, ma oggi, l'artista Pep Marchegiani, torna nella sua regione per raccontare il lato oscuro della società moderna: il mercato alimentare, l'inquinamento, l'irretimento psichico e l'ambiguità umana. Inaugurata lo scorso 3 febbraio, al Museo Vittoria Colonna di Pescara, la mostra, preceduta dalle tappe di Venezia e Bari, sarà aperta da martedì a sabato (dalle 15,30 alle 19,30) fino al 29 febbraio. Di fatto, è la sua prima personale in un museo della città e, come sempre, appare tagliente già a partire dal titolo: "Vorrei mangiarti: voce del verbo cannibale".

 

 

Pep, perché hai inserito un errore grammaticale nel titolo di questa esposizione?

La scelta è legata alla mancanza di cultura, che non coincide necessariamente con l'ignoranza. Direi piuttosto che sia assoluta carenza di curiosità, perché oggi pensiamo di sapere tutto di tutti attraverso i social, ma alla fine non sappiamo proprio nulla,  perché abbiamo smesso di parlare e di confrontarci. L'uomo ignora cosa ci sia dietro a ciò che mangia, o a ciò che indossa, e ogni tanto credo sia necessario evidenziare la realtà.

 

 

Tra le tue tante opere c'è l'immagine di una rosa, che in realtà non è un fiore.

Si, quello è un tumore. Esteticamente noti una somiglianza di forme o colori, e osservando il quadro genericamente possiamo affermare che quello sia un pezzo di carne. Se non sai che è un tumore quella per te rimane una rosa, nonostante ciò che io ti stia facendo vedere...la verità.

 

 

E il colibrì con i missili?

Ti sarai accorta anche tu che ormai si sente solo parlare di droni: l'intento è quello di creare l'arma più piccola e più letale possibile. Questo uccello per me è il simbolo dell'equilibrio e della grazia, così minuto e così delicato. Caricalo di missili e lo trasformi in un mostro.

 

 

Pacchetti di sigarette, immagini ironiche e giochi di parole: non hai smesso di provocare.

Ho solo cercato di esprimere il mio punto di vista. Per quanto riguarda la tecnica, invece,  si va dai dipinti alle stampe fotografiche di immagini create in digitale, per arrivare a opere fatte con i pacchetti di sigarette, una sorta di mosaico in cui il supporto ha una connessione con il messaggio di questo progetto. In (R)EVOLUTION, invece, riprendo il discorso dell'on air delle radio. Il mio invito è quello di dire: fate rivoluzione per evolvervi o evolvetevi per fare rivoluzione.

 

 

Qual è la chiave per ottenere questo risultato?

Sapere, approfondire, non avere paura, se non altro di parlare e dire la verità in un mondo che non sa più comunicare.

 

 

E allora perché l'uomo moderno è ancora in gabbia, secondo te?

Perché ha bisogno di un pastore, da sempre. Oggi torniamo a casa e ci rinchiudiamo in quattro mura, pensando di essere al sicuro. Quelle quattro mura sono un ovile e gli umani sono pecore. La cosa importante è che ognuno di noi pensi a salvare se stesso, prima di tutto; qualcuno ci riesce, ma non parlo della massa, piuttosto di piccole eccezioni. La maggior parte tende a rientrare nell'amato ovile, senza rendersi conto che alla fine ci aspetta il macello!

 

 

Stai dicendo che siamo tutti carne da macello?

Tutti tranne i giovani. Da tempo collaboro con gli istituti d'arte e ho avuto modo di confrontarmi con le nuove generazioni. In molte scuole ho trovato urla mute a cui basterebbe dar voce, e prima o poi quel grido sarà noto a tutti. L'era del posto fisso è terminata, questo è il tempo del self made man, e i giovani andranno avanti solo se saranno in grado di costruire qualcosa di nuovo e innovativo. Io sono sicuro che ce la faranno a cambiare il sistema.

 

 

Ma tu pensi di essere nell'ovile o di essere uscito?

Io provo a comunicare, a dire la mia senza filtri, ma temo di essere ancora dentro.

 

 

Però un piede fuori devi pur averlo messo. L'oggettività, spesso, si raggiunge nel momento in cui ci si estranea da una situazione, quindi, questa mostra, potrebbe essere il tuo primo passo fuori dalla gabbia.

Forse si, potresti aver ragione, o almeno me lo auguro. Nono voglio più essere schiavo dello smartphone, dei social, della benzina da mettere nella macchina, della spesa al supermercato che va buttata nel secchio dei rifiuti. Se pensi che oggi andiamo in palestra con l'auto per poi salire su una cyclette, quando c'è un rettilineo all'aperto lungo chilometri dove poter andare in bicicletta per ore, allora comprendi l'assurdità del modo in cui viviamo. Abbiamo bisogno di rinchiuderci in quattro mura perché gli spazi aperti ci terrorizzano.

 

 

Visto che abbiamo parlato delle nuove generazioni, e del tuo rapporto con gli alunni degli istituti d'arte, c'è un consiglio che vorresti dare a chi sogna di svolgere la professione artistica?

Si, di prenderselo il sogno, di lottare, di crederci fino infondo, perché si può realizzare. I giovani devono prendersi ciò che è loro di diritto.

 

 

 

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