Polaroid sintetiche, istantanee artistiche d’Abruzzo
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Pubblicato il 06/03/2015 11:11

Polaroid sintetiche, istantanee artistiche d’Abruzzo

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di Giulia Grilli

Attimi congelati in un gesto, nature e ambienti privati di un'identità, eppur riconducibili ad un amore atavico per la propria terra di origine. Rivoluzione del concetto di post produzione grazie all'utilizzo di pennelli, acrilici e colori a olio. Questo è il fulcro di Polaroid Sintetiche, l'ultima mostra di Alessandro D'Aquila presso The Urban Box, a Pescara.

 

Dal nostro primo incontro sono passati quasi due anni, e questo giovane artista chietino ne ha fatta di strada. Ora vive a Milano, o almeno così pare. Forse sarebbe meglio dire che a Milano ci lavora e basta, dal lunedì al giovedì, perché le sue radici lo strappano via dalla nebbia del nord per riportarlo ogni weekend in terra d'Abruzzo. Continua a fare il web designer per Ikea, ma questa volta lo fa in grande, a livello nazionale. La passione per la creatività e l'indomabile necessità di esprimere la propria arte, nel frattempo, non si sono arrestate e lo hanno portato in giro per l'Italia con il gruppo dei Fu*Turisti tra un'ottantina di eventi, mostre collettive e personali. L'ultimo è un "progetto nato guardandoti da lontano, dedicato alla mia casa".

 

 

Perché questa scelta di rivolgerti alla tua regione?

Vivo con profonda tristezza il fatto di essermi trasferito a Milano, il mio cuore è rimasto in Abruzzo. E proprio da questa nostalgia è nato il progetto Polaroid Sintetiche, un insieme di scatti fotografici fatti con una vecchia macchinetta acquistata in un mercatino. L'idea è stata quella di lavorare sulla realtà stessa, smettere di modificare un'immagine digitale con il computer e cercare un supporto materico sul quale lavorare. Ma questa non è una mostra fotografica, io non sono un fotografo.

 

E allora che cos'è?

E' la volontà di rendere l'Abruzzo un'icona, sintetizzandolo in una fotografia affinché diventi universale. In questo modo, da luogo molto importante per me può trasformarsi in un luogo altrettanto importante per qualcun altro, perché ognuno vede in queste polaroid ciò che vuole. Tanti milanesi che della nostra regione non conoscono nulla hanno pensato che gli spazi che ho immortalato si trovassero in Liguria. Chiunque è libero di immaginare tutto osservando questi scatti che non nascono mai dalla semplice necessità di imprimere il momento.

 

Anche in Polaroid Sintetiche ritroviamo il braille?

Certo, il sistema di scrittura per i non vedenti è carico di tutte le motivazioni che mi portavano ad utilizzarlo prima, ovvero creare un contrasto per indurre a riflettere. Adesso diventa un appunto di viaggio, una suggestione, qualcosa che il fruitore non capirà, ma che idealmente potrebbe facilitare la comprensione della foto. Il braille deve creare una rottura, deve spingere l'osservatore a interrogarsi su cosa io stia realmente vedendo o cosa io stia comunicando. La mia è una critica al fatto che i Social Network ci bombardino quotidianamente di immagini con numerosi effetti negativi.

 

Perché questa presa di posizione?

Io vivo con la teconogia e i Social, sono un mezzo potentissimo. Il probleama è che ormai siamo abituati a scorrere bacheche e profili senza  guardare le cose con attenzione, non ci rendiamo conto di quale emozione un'immagine sia in grado di suscitare. Un giornalista sgozzato da un terrorista finisce per non scuoterci più, per questo credo che sia necessario tornare a interrogarci su ciò che ci circonda.

 

 

E il pubblico della mostra come ha reagito alle tue polaroid?

Essendo questo un lavoro dedicato alla mia terra ho fortemente voluto esporre in Abruzzo, e il The Urban Box è stato il primo luogo che mi ha ospitato a Pescara qualche anno fa. Detto questo, devo ammettere che ho temuto la risposta degli abruzzesi, abituati a vedere certi paesaggi e certe realtà con estrema facilità fino a viverli con abitudine e senza stupore. E invece è andato tutto bene, il lavoro è stato molto apprezzato. In futuro spero di poterlo portare in altre città perché mi piacerebbe far conoscere questa terra a chi ne ignora l'esistenza o la bellezza. E c'è ancora tutta la parte montana a cui dedicarmi.

 

Ma come riesci a conciliare il mondo Ikea con quello artistico?

E' una fatica, soprattutto se lavoro e creatività mi portano a stare davanti al computer per 24 ore. Le polaroid sono un modo per staccarmi dalla realtà digitale, ma resto sempre con la testa ad organizzare mostre ed eventi, a gestire contatti mentre cerco di valorizzare i prodotti! Il mondo artistico è pieno di stimoli, hai sempre la testa tra le nuvole.

 

E infatti hai preso un bel volo!

Non lo so, sicuramente mi sono lanciato assaporando ogni momento ed esperienza. Ho capito che è importante non pensare mai di vivere di arte, altrimenti prendi la connotazione di venditore e la magia finisce. Non voglio diventare dipendente da una passione, per cui non chiedo niente in cambio. Il vero segreto è fare tutto questo per il gusto di farlo e con la voglia di mostrare ciò che sono in grado di creare.

 

 

 

 

 

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