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Pubblicato il 30/05/2013 23:11

Da Castiglione alla Pescara a Castiglione a Casauria

varrasso, storie d'abruzzo

di Antonio Alfredo Varrasso

 

Nomina sunt res. Le ragioni  per Casauria.

 

Non c'è tempo per sviluppare con voi un ragionamento adeguato sul momento che viviamo adesso.

 Che, però, non sottovaluto affatto nella sua complessità, anche simbolica, denso come è di significato storico e, quindi, di prospettive future.

 

Non si tratta di rifare la storia di un nome: 'Casauria'. Mi basta ricordare che tanto 'Castiglione', quanto 'Casauria' sono espresioni nominali che proprio la civilizzazione benedettina altomedievale si incaricò di rilevare e, quindi, nuovamente sostanziare di così profondi significati, da perdurare nel tempo, dall'età tardo antica (per la loro effettiva origine) all'evo contemporaneo.

 In questo senso, nel nucleo del processo evolutivo, è prevalsa la più che secolare mediazione monastica casauriense: questo è il fatto!

 

Certo si è, come ho avuto occasione di scrivere, che il mutamento di un nome locale, come è avvenuto in Castiglione alla Pescara, il 6 maggio 1863, per i Castiglionesi poco o nulla cambiava nelle  loro effettive condizioni insediative; nulla mutava, nelle più evidenti connotazioni socio-culturali l'abbandono della pur antica nozione di 'Castiglione alla Pescara', dalle remote origini aragonesi del secolo XV, per adottare l'attuale denominazione di 'Castiglione a Casauria'.

Qualche mese prima di noi, nel 1863, fu il vicino comune di Tocco - come ricordava ancora nel 1912 quel sindaco, Francesco de Sanctis - ad acquisire il predicato 'da Casauria'.

 

Il che rende il processo interessante, perché, come sapete, i nomi non si cambiano, né si creano a caso ed essi esistono, maggiormente in età gravi di transizione, per conoscersi e riconoscersi meglio, proprio quando il rischio di confusione e di smarrimento diventa particolarmente concreto ed acuto. Ed a volte, nella smania di cambiare per non morire, non basta nemmeno cambiare nome: il Novecento insegna!

 

E allora noi dovremmo sforzarci di meglio conoscere la temperie di quegli anni, appena due dopo la proclamazione del Regno d'Italia (1861), quando imperversava, anche da noi, un nuovo brigantaggio, con nuovi e vecchi 'manutengoli' in movimento ed altrettanto nuovi e nuovissimi 'galantuomini'.

 

Ecco, il nome Casauria, reperito nella storia locale, viene ad imporsi nelle due illustri denominazioni comunali, che ho ricordato, come una rivendicazione di storia e di passato antichi e famosi, in un contesto politico e culturale, però, come accennavo, completamente mutato (rispetto solo a pochi anni prima), anche e, particolarmente, nella vita istituzionale dei Comuni.

 

Ci saranno, spero, nel prossimo futuro e proprio in relazione alla travagliatissima vicenda ottocentesca della nostra abbazia di San Clemente a Casauria; ci saranno occasioni diverse, per descrivere quel contesto di netta e pur lunga transizione, politica, culturale, sociale, in cui si fece strada anche una nuova concezione del 'bene culturale' e, quindi,, faticosamente, dal centro dello Stato alla periferia dei Comuni, una profonda e rinnovata attenzione per il complesso storico-architettonico e artistico di Casauria.

 

Qui e adesso non abbiamo tempo per farlo, anche se proprio l'inaugurazione odierna dell'Antiquarium 'Pier Luigi Calore' ci sollecita fortemente in tal senso.

 

Ma almeno un aspetto della vicenda, di ordine più squisitamente locale e culturale, và, sia pure di sfuggita, ricordato, in ordine ad una domanda essenziale: che ne sapevano quei nostri amministratori del 1863; che ne sapevano di Casauria, inteso come nome e tradizione di una vicenda storica, che allora proponevano all'ettenzione pubblica e generale, fino al punto di costituirlo, quel nome, a concetto identitario, non meramente identificativo, del governo locale?

 

Rispondere a questa domanda ci serve anche a comprendere il senso, nel rapporto con San Clemente, di ciò che accadde dopo, fino alla fine del secolo, sino al 1894, quando si ebbe il regio decreto sulla monumentalità di San Clemente (che opportunamente ricordammo nel 1994), ci serve a comprendere meglio l'incontro-scontro con il 'cocentissimo Pier Luigi Calore, dannunzianamente concepito e presentato e, ancora, ci serve a capire meglio perché oggi siamo qui, perché qui, anche a ricordare e celebrare la storia di questo nostro Comune castiglionese.

 

Ci serve, poi, a ricondurre, su di un piano storico più chiaro ed avvertito, il ruolo effettivo delle nostre Comunità insediate in un territorio, che per l'appunto , con consapevolezza e coscienza civile, definiamo 'casauriense'.

 

Nel 1837 il castiglionese Stefano de Martinis pubblicava in due puntate, sul 'Giornale abruzzese' del de Virgilii, la novella storica: Orsola, novella casauriense del secolo XI , ispirandosi al genere del romanzo storico, proprio mentre venivano pubblicati, a dispense  quelli che saranno più tardi 'I promessi sposi'.

 

 Ciò può darci elementi di prova di una determinata influenza culturale di Casauria e della cultura monastica nell'Ottocento romantico e, quindi, della sua ricaduta formativa presso le classi dirigenti locali, essenzialmente borghesi, oltre che sul piano della mentalità collettiva.

 

Parallelamente, in un contesto sociale segnato dall'analfabetismo quasi generalizzato, assistiamo alla fioritura, nella oralità delle persone, di racconti leggendari, le cui eco non si sono ancora perse. I quali racconti, recuperando taluni dati, abbastanza noti, della storia, tendono a descrivere l'origine stessa di Casauria e, particolarmente, dei due paesi - Tocco e Castiglione -  che così vengono a chiamarsi, quasi fossero le rispettive creazioni di due fratelli, oramai divisi, anche fisicamente, da vicende e sconvolgimenti terribili, che appunto ne avrebbero decretato la fine; la fine della famosa Casauria, eco della scomparsa dell'antica Interpromium.

 Questi fratelli, quindi, una volta separatisi, procedettero autonomamente a determinare, come amava dire Cedino Bonanni a fine Ottocento, 'le due Casaure'!

 

 Vedete, quindi, come le classi subalterne del tempo non rimasero estranee alle vicende del territorio, all'interno di una dinamica espansiva dei centri abitati medesimi, che poneva forti problemi insediativi e delle comunicazioni, in primo luogo quello della mobilità territoriale e della rete viaria.

 E', anche qui, è il caso di dire, come in un contesto agiografico, che 'ciò che la storia ignora, la leggenda conosce', per comprendere  la concezione stessa nel territorio delle popolazioni ed il loro senso del vissuto territoriale, dell'abitare.

 

Più tardi, nel 1853, un altro castiglionese, questa volta un ecclesiastico, Don Serafino Ventura, per lungo tempo arciprete foraneo di Castiglione, pubblicava a Chieti le Brevi notizie su la fondazione del monistero di Casauria", alle quali univa una 'digressione' sull'antica città d'Interpromium; un testo che vorebbe riscattare la stessa Castiglione da un vissuto senso di isolamento, rispetto a quanto accadeva più a valle, verso il Pescara

 Basterebbe ricordare, in tal senso, che la prima denominazione stradale, in Castiglione a Casauria, fu appunto quella di Via Interpromio, nel centro storico, soppiantata, dopo gli eventi monzesi del 29 luglio 1900, da Piazza Umberto I e Via Regina Margherita!!

 Si tratta nel caso di Don Serafino di un messaggio culturale, che reputo particolarmente influente nella scelta del 1863, del cambiamento del nome, che, a questo punto, però, appare una coniazione ex novo, più che un aggiormanento toponomastico e topografico.

 Non mancavano a Don Serafino ragioni e motivazioni proprie, personali e familiari, nell'elaborazione della sua tesi storica, in una contingenza in cui l'intera classe dirigente cittadina filoborbonica (perché formatasi essenzialmente nella Restaurazione) ed ora, per forza di cose filosabauda, si ritrovò ancora sostanzialmente compatta e caratterizzata dalla più imbarazzata ed imbarazzante presenza degli ex bornonici de Petris, al canto del Te Deum in onore di Vittorio Emanuele II e della augusta dinastia dei Savoia, nella ricorrenza della prima festa dello Statuto, nel giugno 1861!

 Tuttavia questo prezioso libretto del Ventura, dedicato al vescovo di Penne, Vincenzo D'Alfonso, discussa ed apprezzata figura di prelato liberaleggiante, che traghettò la diocesi pennese nell'Italia unita, costituì certamente un punto di riferimento notevole per lo stesso dettato della delibera consiliare castiglionese del 6 maggio 1863; consesso a cui prendeva parte anche il fratello del nostro arciprete, il notaio Venanzo Ventura.

 

Questa deliberazione è un documento che vorremmo esaminare meglio e più da vicino, anche e, soprattutto, in rapporto a San Clemente a Casauria ed a Torre dé Passeri, perché di questo si tratta.

Al di là del fatto che abolire 'Castiglione alla Pescara' poteva garantire, come vi si dice, una migliore circolazione della corrispondenza postale nella selva delle omonimie (Castiglione alla Pescaia p.es.) che si venivano a creare nel più articolato e vasto Regno d'Italia; al di là di questo evidente aspetto pratico della vicenda, l'assunzione casauriense nella denominazione comunale non mi sembra né un dato scontato e tanto meno un fatto poco meditato e, perciò,  necessariamente evinto, proprio nell'occorrenza pratica, dal complesso di una realtà politica e culturale in evoluzione, di cui Casauria costituiva un elemento indicativo!

 

Certamente si tratta di una iniziativa diremmo subita dai più nello stesso consiglio comunale, oltre che nel paese, ma che ben rileva l'articolarsi di un dibattito intercittadino tra i 'leaders' - diremmo - di un elettorato politico censitario locale, tra i quali certamente, tra altri pochi, i Ventura ed i de Matteis.

 

In questi anni turbolenti, in cui l'ideale unitario nazionale è più subito che praticato ed alimentato, in San Clemente a Casauria operava il convento dei Padri Minori Riformati di San Francesco, creatovi nel 1859, guidato dal pugnace P.Cristoforo da Gallinaro, del quale pubblicai la Cronaca monastica.

 Questo stabilimento religioso sarà appunto additato in tutta la zona come il più pericoloso covo borbonico-reazionario, particolarmente 'compromesso' in tal senso, per restare tra noi, con i 'napoletanissimi' de Petris-Fraggianni, in odore di borbonismo,  di Castiglione, che proprio nel 1864, auspice Carlo de Petris-Fraggianni, si fanno promotori di un gesto emblematico: la realizzazione di una splendida portantina in legno dorato per il simulacro del santo patrono, san Biagio!

 Per queste ragioni, nel 1865, il convento venne soppresso, anticipando la stessa legge eversiva del 1866 sulle corporazioni religiose.

Chiusura violenta, diremmo, in cui si distinse particolarmente il castiglione Raffaele de Matteis, poi sindaco del paese sino al 1868.

Nella nostra deliberazione, pertanto, due concetti importanti vennero messi in evidenza: uno culturale, riferito appunto all'arte casauriense, rivendicata, però, su di un piano di forte, per quanto vagheggiata, appartenenza civile; un altro politico e monarchico, rappresentato emblematicamente dalla valorizzazione della figura del fondatore del monastero di Casauria, l'imperatore carolingio Ludovico II.

 Come si vede, non si fa parola, né alcuna valutazione della sacralità del luogo; nessun accenno alla sua vicenda religiosa, proprio nel mentre in esso rivive una comunità conventuale, che, anzi, si ha tutta l'intenzione di espellere al più presto.

 

Và da sé che, alcuni decenni dopo, superati gli 'estremismi' di Raffaele de Matteis,chiusasi la partita politica nel settembre 1870, divenuto il monastero di San Clemente proprietà del comune di Castiglione a Casauria, non poco personale politico locale tornò a chiedere una famiglia religiosa, affinché abitasse nell'ex monastero, lo custodisse, lo valorizzasse anche secondo la pietà dei fedeli!

 La storia va così!

Da questa deliberazione, quindi, promana un ideale politico, contraddetto, o contraddittorio quanto si vuole, ma che per il momento esprime, tra l'altro, una determinata idea della cultura e della società, nonché del ruolo che il Comune è chiamato a svolgere all'interno dello Stato unitario e centralizzato in formazione.

Non coglieremmo, però, la portata dell'evento a livello della vicenda del notabiliato locale, se non allargassimo la nostra analisi al contesto zonale e provinciale teramano, con una fondamentale puntata a Tocco da Casauria e, quindi,anche all'ambito provinciale teatino, tra cui anche la vicina Bolognano.

 

In primo luogo diventa fondamentale sapere come si muove, in questo contesto Torre dé Passeri, la cui élite dirigente borghese e liberale è da sempre, per precise ragioni storiche ed insediative, particolarmente attratta ed interessata a San Clemente a Casauria ed alla quale, mi pare, intenda rivolgersi, polemicamente, proprio il citato nostro arciprete Ventura, già prima dell'Unità nazionale.

 

 Ma anche Tocco ci interessa moltissimo, non foss'altro  perché esibisce un profilo culturale di prima grandezza, in amministrazione e non, le cui 'velleità' casauriensi sono frustrate proprio dal fiume Pescara, che separa non solo il comune dalla piana di Casauria, ma anche la provincia di Chieti da quella di Teramo.

 

Quell'ideale casauriense che 'infiammò' Castiglione e non solamente per ribadire una appartenenza territoriale, venne fortemente messo in discussione da Pier Luigi Calore, il 'salvatore' di San Clemente a Casauria.

 Anche qui, si badi, la questione è complessa ed a renderla tale è intervenuta nel frattempo anche una sorta di storiografia agiografica sul pescolano, che non rende bene il quadro d'assieme.

 

 Bisogna finalmente ricondurre tutta la vicenda del Calore-San Clemente a Casauria, dalla metà degli anni Ottanta  dell'Ottocento al secondo decennio del Novecento, ad un quadro che é più complesso e che recuperi pure, oltre al rapporto con lo Stato e la prima amministrazione dei beni culturali, anche quello con le élite dirigenti e la loro particolare vicenda nel governo del territorio.

 

 La stessa amarissima esperienza del Calore non la si comprende storicamente se non in un quadro nazionale, in cui l'Abruzzo e l'allora provincia di Teramo giocarono un ruolo marginalissimo, benché non mancassero in Parlamento autorevoli figure di abruzzesi. Si tratta di una ricerca utile maggiormente oggi per evitare ulteriori rischi di visioni localistiche e particolaristiche sempre in agguato.

 

Senza nulla sottrarre ai meriti impagabili di Pier Luigi Calore nell'accingersi al vero e proprio 'salvamento' di San Clemente a Casauria, va notato che egli non scoprì l'antica abbazia facendosi strada, novello Paolo di Tarso, nella boscaglia, a colpi di roncola!

  Né Casauria, come si è visto, era ignota ai più dal punto di vista della sua importanza storica ed artistica.

 

Vi furono dei Castiglionesi, come l'avvocato Federico Leonelli, che perorarono e sostennero la causa intrapresa da Pier Luigi Calore, mentre mi sembra di poter dire che coloro che gli si contrapposero non intervenivano, in effetti, nel merito delle problematiche che lui sollevava, in termini squisitamente culturali e venati da sensibile personalismo, quanto su aspetti meramente d'ordine tecnico ed amminsitrativo, che pure avevano  un loro fondamento giuridico, pratico e politico, ma che si concretizzavano nella più pura assenza di un vero dibattito culturale.

 E non ci fu mediazione tra questi soggetti da parte dello Stato, che, effettivamente, 'usò' Pier Luigi Calore, come fece più tardi il Fascismo di Tinozzi, che aveva avuto l'arditezza e la testardaggine di colmare un vuoto operativo ed anche istituzionale dello Stato medesimo.

 

Le ragioni per Casauria, che informarono la deliberazione castiglionese del 1863, continuarono ad operare, sia pure contraddittoriamente, anche quando si pervenne alla retrocessione di San Clemente a Casauria allo Stato, sia pure sulla base di una vistosa forzatura politica ed amministrativa, attraverso la nomina di un commissario prefettizio alla guida del Comune ricalcitrante di Castiglione, oramai paralizzatosi sull'argomento.

Ma intanto, sia pure a fatica, maturava in tutta la nostra area una nuova consapevolezza del bene culturale, grazie alla più recente iniziativa di studio e pubblicistica promossa da Pier Luigi Calore, fortemente sostenuto dalla Deputazione di Storia Patria degli Abruzzi.

 Che vide in San Clemente a Casauria non soltanto un elevatissimo esempio d'arte e d'architettura medievali, ma anche la rappresentazione visiva, fisica e concreta della storia del territorio circostante!

A tanti anni di distanza, permettetemi di dire, noi siamo ancora impegnati a superare, anzi a combattere da una parte i residui di antichi localismi e dall'altra nuovi particolarismi, che nel frattempo si sono complicati di difficoltà organizzative ed operative anche all'interno dell'amministrazione statale competente.

 

Proprio celebrando la storia comunale, però, vediamo quanto essenziale sia oggi la lezione storica casauriense per la vita del territorio, vale a dire la  riproposizione della fondamentale unità storico-sociale e culturale di esso, nel seno della civiltà monastica.

 A questa lezione, che proprio l'Antiquarium inaugurato oggi ci  ripropone, noi dobbiamo ispirare le idee necessarie, cioè l'educazione stessa alla cultura, le progettualità nuove, per raccogliere e vincere la sfida 'cocente' che ci stà innanzi, di fare di Casauria una effettiva risorsa del territorio e non solo locale.

 

Alla inaugurazione, infatti, corrispone l'esaugurazione del 'tempio pagano' della non conoscenza; al dio fallito del particolarismo contrapponiamo, studiando!, quello vitale della tutela, della valorizzazione, determinando la partecipazione  attiva e responsabile di tutti i cittadini alla grandezza ed alla bellezza di San Clemente a Casauria.

 

 

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