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Pubblicato il 24/07/2012 08:08

Il 46% italiano preoccupato per la mancanza di cibo

Dalla crisi economica a quella alimentare: il 46 per cento degli italiani e' preoccupato che la produzione di cibo non sia sufficiente a soddisfare il fabbisogno della popolazione anche per effetto del calo delle terra coltivata. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Eurobarometro del luglio 2012 in occasione del convegno 'Costruire il futuro. Difendere l'agricoltura dalla cementificazione', organizzato dal ministro delle Politiche Agricole Mario Catania

La preoccupazione degli italiani - sottolinea la Coldiretti - e' superiore a quella della media dei cittadini europei che si ferma al 43 per cento anche se i piu' allarmati sono i greci con il 94 per cento, i piu' colpiti dalla crisi tra gli europei. L'84 per cento degli italiani peraltro - precisa Coldiretti - ritiene che in Europa si dovrebbe produrre piu' cibo per essere meno dipendenti dalle importazioni. Una paura giustificata dalle quotazioni delle materie prime agricole che hanno raggiunto record storici per il mais e la soia che sono indispensabili per l'alimentazione del bestiame e quindi per la produzione di latte e carne, mentre vola anche il grano, prodotto base per fare il pane.

Con la crisi sembrano tornare ad avere piu' valore i beni essenziali come il cibo anche se a beneficiarne al momento - sottolinea Coldiretti - sono soprattutto i prodotti importati proprio per la forte dipendenza dell'Italia dall'estero. 

 In Italia - precisa Coldiretti - centinaia di migliaia di ettari di mais non daranno raccolto. In realta' a pesare sono anche i cambiamenti strutturali come ha evidenziato l'ultimo rapporto Ocse-Fao. Soia e mais - spiega la Coldiretti - sono infatti gli ingredienti di base per l'alimentazione degli animali negli allevamenti per la produzione di carne e latte sui quali i rincari sono destinati avere effetto. Una prospettiva che - sostiene Coldiretti - conferma l'importanza che l'Italia difenda il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilita' di terra fertile in una situazione in cui gia' adesso circa la meta' dei prodotti alimentari sono importati, a cominciare appunto da grano, soia e mais. Non e' un caso che si assista nel mondo alla corsa all'accaparramento delle materie prime agricole con pesanti investimenti nell'acquisto di terreni da parte di investitori istituzionali a partire dalla Cina e dai Paesi Arabi per garantirsi l'approvvigionamento alimentare. Un nuovo colonialismo che - ricorda la Coldiretti - ha portato a essere oggetto di negoziazione nel mondo dai 50 agli 80 milioni di ettari, di cui oltre i due terzi nell'Africa sub sahariana, laddove Etiopia, Mozambico e Sudan hanno concesso le quantita' di superficie piu' rilevanti.

A differenza, in Italia, un territorio grande come due volte la Lombardia per un totale di cinque milioni di ettari equivalenti - sottolinea Coldiretti - e' stato sottratto all'agricoltura, che interessa oggi una superficie di 12,7 milioni di ettari con una riduzione del 25 per cento negli ultimi 40 anni. Si tratta dell'effetto di un rapido processo di urbanizzazione e cementificazione selvaggia e del progressivo abbandono del territorio che oltre ad aumentare la dipendenza dell'Italia dall'estero per le materie prime agricole non e' stato accompagnato - conclude Coldiretti - da un adeguamento della rete di scolo delle acque, mettendo a rischio anche la sicurezza idrogeologica del Paese

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