Il Tribunale di Roma ha condannato l'ex rettore dell'Universita' dell'Aquila, Ferdinando Di Orio, alla pena di tre anni di reclusione per induzione indebita nei confronti di un docente dello stesso ateneo, Sergio Tiberti. La sentenza e' stata pronunciata stamani dopo ben tre rinvii.
Il collegio giudicante presieduto da Zaira Secchi (Claudia Lucilla Nicchi e Laura Fortuni a latere) ha condannato Di Orio anche alla confisca dei beni da parte dello Stato per 89 mila, l'equivalente della somma che la giustizia ha stabilito debba essere risarcita al professor Tiberti.
Il tribunale di Roma ha disposto in forma esecutiva, oltre alle spese processuali, che Di Orio versi entro due mesi nei confronti di Tiberti una provvisionale di 18 mila euro, come anticipo: in un successivo procedimento civile sara' fissato l'ammontare del risarcimento che spetta al professor Tiberti.
L'ex rettore e' stato anche condannato a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici: a questo proposito si apre un interrogativo sulla sua permanenza in seno all'ateneo aquilano dove e' docente ordinario di storia della medicina, anche se la sentenza e' esecutiva al termine del terzo grado di giudizio.
Breve e' stata la camera di consiglio, molto probabilmente i magistrati conoscevano la carte visto che la sentenza era prevista nel luglio scorso: prima che i giudici si riunissero, l'ex rettore, difeso dall'avvocato Guido Calvi, componente non togato del Consiglio Superiore della Magistratura in quota Partito democratico dal 2010 al 2014, ha fatto dichiarazioni spontanee, nel corso delle quali si e' definito uno scienziato, sottolineando di aver avuto la cattedra di statistica a 37 anni, materia sulla quale e' tra i migliori 9 esperti in Italia, e di essere stato autore di 9 pubblicazioni scientifiche. Calvi si era limitato a parlare di temi accessori e poco del processo, facendo notare comunque che Tiberti, secondo la tesi difensiva, fosse "troppo piu' potente di Di Orio", e dunque l'ex rettore, proprio per questo, non sarebbe stato in grado di minacciare il professore per chiedergli dei soldi.
"Stamani a Roma si e' chiuso il procedimento di primo grado nei confronti del Professor Ferdinando Di Orio, con la caducazione dell'iniziale accusa di concussione mossagli dal collega, professor Sergio Tiberti, e la derubricazione del reato di concussione in quello meno grave di induzione indebita". Cosi' gli avvocati Mauro Catenacci e Guido Calvi, difensori dell'ex rettore dell'Universita' dell'Aquila, in una nota, commentano la sentenza di condanna del Tribunale di Roma a tre anni di reclusione del loro assistito, riconosciuto colpevole di avere indotto il suo collega docente Sergio Tiberti a consegnargli somme non dovute. I due legali, che annunciano appello, parlano di induzione indebita e non di concussione, reato per il quale Di Orio e' stato rinviato a giudizio e sul quale si e' aperto il processo a Roma, rifacendosi alla riforma Severino dell'ottobre 2012.
"Si tratta - si legge ancora nella nota - di una figura introdotta nel 2012 dalla legge Severino, che prevede la punibilita' sia di chi paga che di chi riceve, e che in questo caso e' stata applicata al solo Prof. Di Orio, e non anche al Prof. Tiberti, in ragione di un principio di irretroattivita' della legge penale". Per gli avvocati Catenacci e Calvi "se insomma la presunta commissione dei fatti contestati fosse avvenuta dopo il 2012, sarebbero stati condannati sia accusato che accusatore. Per quanto qualitativamente e quantitativamente meno grave di quella inizialmente ipotizzata, anche questa accusa e' comunque ritenuta dai difensori, del tutto insussistente e verra' pertanto assoggettata ad appello non appena saranno rese note le motivazioni della sentenza".
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