"La Pasqua rappresenta la vittoria della vita sulla morte, il trionfo della grazia sul peccato: e' l'irruzione dello Spirito di Dio che ha cambiato la storia del mondo, trasformando il dolore in amore". Lo scrive l'arcivesco metropolita dell'Aquila, mons. Giuseppe Petrocchi, nel messaggio alla comunita' ecclesiale e civile per la prossima Pasqua. "Carissime/i sorelle e fratelli, vorrei, in questo Giubileo della Misericordia, proporvi alcune riflessioni sul mistero della sofferenza, pensata e vissuta secondo il Vangelo. Nel racconto della passione secondo Matteo - scrive Petrocchi - appaiono, con incisiva evidenza, due modi di portare la croce: quello di Simone di Cirene, il quale fu costretto a prenderla su di se' (cfr. Mt 27,32); e quello di Gesu', che l'ha assunta liberamente e per amore, nella totale obbedienza al Padre. Proprio la celebrazione della Passione del Signore, che spalanca le porte alla gloria della sua Risurrezione, ci invita a lasciarci raggiungere e avvolgere dalla voce 'silenziosa' della croce: l'unica 'parola' capace di dare significato e valore compiuto alla nostra sofferenza. Quella del patire, lo sappiamo, e' una esperienza universale: nessuno attraversa l'esistenza senza incontrarla, prima o poi. Percio', la sofferenza e' una compagna inevitabile: anzi, quanto piu' cerchiamo di scacciarla, tanto piu' ce la ritroviamo accanto, rafforzata e resa ancora piu' negativa. La celebrazione della Pasqua porta un messaggio inaudito e sconvolgente: il Dio-fatto-uomo e' entrato nella nostra sofferenza. Se ne e' reso partecipe e l'ha condivisa fino in fondo (cfr. Is 52,4). Egli e' 'l'uomo dei dolori, che ben conosce il patire' (Is 52, 3). Per quanto cerchiamo, non troveremo una sofferenza cosi' piccola che sia rimasta estranea al Signore crocifisso, ne' una cosi' grande (come le tragedie immani in cui hanno perso la vita milioni di persone) che non sia stata compresa nel suo abbraccio. A ben pensare, sulle strade della nostra vita avviene il contrario di quanto e' accaduto sulla via del Calvario: li' fu il Cireneo ad essere caricato della croce di Gesu'; nella nostra storia, invece, e' Gesu' a farsi carico della nostra croce. Croce che spesso trasciniamo, ritenendola una insopportabile condanna che si e' abbattuta sulla nostra esistenza. Ma quando la nostra croce diventa la Sua, e noi la abbracciamo con Lui, essa smette di essere il giogo che ci incatena e ci schiavizza: allora il carico della tribolazione si fa leggero e - si stenta quasi a dirlo - diventa 'dolce' (cfr. Mt 11,30). Proprio il dolore accolto e offerto per amore spalanca davanti a noi la porta splendente che immette nella gioia della risurrezione".
In questo clima di comunione, cosi' spiritualmente intenso - prosegue l'arcivescovo - vorrei invitare ciascuno di voi a riconoscere Gesu' crocifisso in ogni viso sfigurato e nei gesti sui quali e' impresso il segno della sofferenza. E chiedo a ognuno di voi, fedeli carissimi, di accostare il dolore - in voi stessi come negli altri - facendo silenzio nell'anima, per ascoltare Colui che in ogni dolore umano si fa presente e dice: 'coraggio, sono io, non temete' (Mt 14, 27). Parole sacre, queste: parole da ricevere con fede, da vivere con amore, da comunicare nella speranza. Ho letto, tempo fa, una poesia, delicata e profonda, di un poeta persiano, vissuto circa mille anni fa. La dedico soprattutto ai giovani: ai giovani in eta' e a coloro che restano giovani nell'anima. Cosi' canta Saadi: 'Quando venni al mondo, la vita mi mise in mano una coppa: la bevvi fino in fondo e vi trovai una perla, la gioventu'. La gioventu' mi diede la sua coppa e dopo averla bevuta mi trovai tra le labbra il rubino dell'amore. L'amore mi offri' la sua coppa, bevvi anche quella, e in fondo c'era il diamante del dolore. Disperato, bevvi fino all'ultima goccia anche la coppa del dolore, e con somma meraviglia vi trovai Dio". E' questo - scrive l'arcivescovo - l'augurio che vi faccio, fratelli carissimi: ve lo consegno a voce bassa, quasi sussurrata, con il gesto affettuoso di uno che parla all'orecchio dell'amico. E' un augurio forte, specie nel tempo sacro di questo Giubileo. Maria vi accompagni in ogni passo del vostro cammino con la Sua materna protezione e, tenendovi per mano, anche nei giorni segnati dalla sofferenza conclude mons. Petrocchi - vi conduca verso l'alba radiosa della Pasqua di Risurrezione. Amen"
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