Gli stati di agitazione sono un disturbo molto piu' frequente di quanto fino ad oggi stimato in Italia, non solo in relazione alla schizofrenia, ma anche per colpa delle nuove droghe. Lo rivela uno studio condotto dal Dipartimento di salute mentale dell'Universita' di Brescia che e' stato presentato oggi nel corso del 47° congresso nazionale della Societa' Italiana di Psichiatria in corso a Giardini Naxos. su 500 pazienti con schizofrenia giunti in reparto, ben 314 (il 63 per cento) erano da considerarsi in stato di agitazione psicomotoria, meritevoli di attenzione clinica specifica e di intervento medico immediato. Un dato nuovo, forse inaspettato, che riporta in primo piano il tema della agitazione psicomotoria nei pazienti con disturbi mentali, di cui le cronache hanno riportato recentemente vari casi. A questo si aggiunge il dato, altrettanto importante: il 14 per cento di tutti i casi di agitazione psicomotoria (circa 500 mila in Italia ogni anno) sono dovuti all'abuso di sostanze stupefacenti.
"L'agitazione psicomotoria - spiega Emilio Sacchetti, presidente della Societa' Italiana di Psichiatria e direttore del dipartimento di salute mentale degli Spedali Civili Universita' di Brescia - richiede interventi immediati, e questa immediatezza e' generalmente garantita in pronto soccorso. Piu' problematica puo' risultare invece la gestione dell'agitazione psicomotoria al di fuori delle mura ospedaliere. Il ritardo dell'intervento intervento puo' arrecare, e spesso anche arreca, gravi danni non solo alla persona-paziente ma anche alla famiglia e, come spesso avviene, agli operatori intervenuti d'urgenza". "Il tipo di intervento, sia di carattere comportamentale sia di carattere farmacologico - spiega Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di neuroscienze all'ospedale Fatebenefratelli di Milano - gioca un ruolo importante, fondamentale. Non puo' e non deve limitarsi alla semplice somministrazione piu' o meno forzata di una qualche terapia farmacologica: la farmacoterapia, dunque, deve inscriversi in un progetto piu' vasto e sfaccettato di tipo relazionale. In questa prospettiva e' evidente che l'uso per via iniettiva di farmaci, puo' qualificarsi come un intervento coercitivo che puo' rendere problematica l'instaurazione di un valido ed empatico rapporto medico-paziente. Meno invasivo l'uso di farmaci che vengono somministrati per via inalatoria: l'esperienza clinica nelle nazioni dove questi farmaci sono gia' stati commercializzati conferma che la assunzione inalatoria viene vissuta in maniera molto meno coercitiva ed invasiva dai pazienti".
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