Cambiare la Costituzione o andare a casa. E' questa la posta in gioco al tavolo delle riforme. "Lo sanno tutti", sottolinea il vicepresidente del Pd Matteo Ricci. Ma fino ad oggi nessuno lo aveva detto in termini cosi' ultimativi. "Non mandare avanti le riforme significa mettere termine a questa legislatura", afferma Ricci. Mentre la maggioranza Pd, a una voce, cita i dati sul lavoro a riprova del fatto che la strada tracciata finora dal governo sia giusta. Ma l'argomento non sembra smuovere la minoranza Pd, ne' Forza Italia. Che continuano instancabili a battere sul tasto del Senato elettivo e respingono una mediazione "al ribasso".
"L'Italia riparte, amici, con buona pace di chi si augurava il contrario. Tutto il resto e' noia...", scrive su Facebook a meta' pomeriggio Matteo Renzi. Nel primo lunedi' di vacanza, il premier incassa con soddisfazione i dati dell'Inps sul lavoro, che mostrano un aumento (ora sono 4 su 10) degli occupati con contratto stabile. Sono questi i numeri importanti per il futuro del Paese, sottolinea tutto lo stato maggiore del Pd: non quelli dei 513.450 emendamenti presentati in commissione al Senato per modificare il ddl Boschi. Una mole di proposte di modifica tale da impegnare una 'task force' a Palazzo Madama per tutto il mese, con una sola pausa di tre giorni a ferragosto, con una tabella di marcia di 57mila emendamenti esaminati al giorno. Prima che la seconda fase della mediazione entri nel vivo, e' su questa immagine che il segretario e il Pd insistono, a sottolineare l'insensatezza della battaglia che si prepara al Senato. Perche' segnano, afferma il responsabile Economia Filippo Taddei, "la differenza tra chi si impegna per aumentare il lavoro e chi perde tempo per bloccare il Parlamento". "Le riforme, e non gli emendamenti, fanno bene all'Italia", dichiara Andrea Marcucci. E il bersaglio delle critiche e' soprattutto il prolifico Roberto Calderoli (oltre 500 mila emendamenti). Ma anche alla minoranza Pd si rivolge la controffensiva renziana, dopo che e' stata respinta la prima proposta di mediazione su un listino di senatori da votare tra i candidati alle regionali.
Alla prova dei fatti, pronosticano i renziani, i numeri saranno dalla parte del governo. Cosi' come ora dai dati del lavoro si vede, afferma Matteo Orfini, che "la sinistra non deve avere paura di governare". In mezzo, pero', c'e' una battaglia che i senatori della minoranza dem ribadiscono di voler combattere fino in fondo.
"I governi con la presenza del Pd mi premono e molto. Ma la Costituzione mi preme di piu'", dichiara Vannino Chiti, che invita Renzi ad abbandonare "le tattiche" e aprire a un "compromesso dignitoso e condiviso". Fuori dal Pd, Forza Italia continua a ribadire che il patto del Nazareno e' morto, ma c'e' una disponibilita' al dialogo. Con due paletti, pero', al momento per Renzi inaccettabili: Senato elettivo e modifica all'Italicum con l'inserimento del premio alla coalizione. Anche su questo fronte, insomma, il confronto non sembra ancora portare frutti, come dimostra la richiesta di Renato Brunetta a Mattarella di convocare Renzi perche' "il governo non ha i numeri". E attaccano anche i 5 Stelle, con Danilo Toninelli: "Mentre va avanti la dinasty delle correnti Pd, fa sbellicarsi dalle risate sentire il premier dire che la ripresa passa da Italicum e modifica alla Costituzione"
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