Chiuso l'accordo nel Pd sul metodo di elezione dei futuri senatori, e' un po' piu' vicino il traguardo dell'approvazione della riforma costituzionale e qualcuno indica il 9 ottobre per il voto finale sul testo. Numerose però le insidie da superare. La prima, piu' vistosa, sono gli oltre 80 milioni di emendamenti presentati da Roberto Calderoli: un inedito nella storia parlamentare. Ma bisognera' affrontare anche le insidie insite nelle votazioni, a partire da quelle a scrutinio segreto. Per questo resta in campo il "piano B": abolire del tutto il Senato. Con un emendamento depositato in Aula, che funge da "deterrente" verso i frenatori e misura estrema nel caso in cui salti qualche punto qualificante della riforma. Matteo Renzi nel pomeriggio parte per il vertice straordinario sui migranti a Bruxelles con la tranquillita' di avere messo al sicuro l'intesa con la minoranza Pd sul nodo piu' spinoso, quello dell'elezione dei senatori. Ora, spiegano i parlamentari vicini al premier, si puntera' dritto all'obiettivo di varare la legge entro il 15 ottobre e incardinare in Aula prima della manovra (probabilmente senza ultimare l'esame in commissione) anche la legge sulle unioni civili. Per questo domani nella capigruppo di Palazzo Madama il Pd chiedera' che si lavori da martedi' a tappe forzate, con sedute notturne e se sara' necessario, la convocazione dei senatori anche nei weekend. Negli ambienti del gruppo Pd non si nascondono le difficolta' ma si assicura che non c'e' particolare preoccupazione rispetto alla manovra "monstre" delle opposizioni. Gli oltre 60mila emendamenti di Sel e gli oltre 80 milioni ("Record mondiale") della Lega, rischiano sulla carta di impantanare il ddl costituzionale per anni. Ma per disinnescare l'algoritmo 'sforna emendamenti' di Calderoli si sta agendo su due fronti. Il primo e' tutto politico e vede in campo il capogruppo Luigi Zanda, che nel pomeriggio ha incontrato il leghista, la presidente Anna Finocchiaro, che con l'ex ministro ha da sempre un canale privilegiato di dialogo e lo stesso ministro Maria Elena Boschi. Si starebbe trattando in particolare su ipotesi di modifica sul titolo V, anche se alcune richieste di Calderoli (dal federalismo fiscale alle competenze delle Regioni sul lavoro, che "rischiano di smantellare il Jobs act") sembrano in partenza esorbitanti. L'altro fronte vede in campo il presidente del Senato Pietro Grasso che nel pomeriggio interviene in moral suasion e potrebbe poi adottare quelle che dal Pd definiscono "misure straordinarie". Anche perche', spiegano i tecnici, per quanto gli uffici del Senato si siano dotati di un nuovo software per la catalogazione e siano pronti diversi strumenti per l'Aula (dal "canguro" al "metodo Esposito", che traduce gli articoli in maxiemendamenti) nessun rimedio sarebbe risolutivo. Intanto, alcuni nodi restano aperti anche nel Pd. "Ora si puo' lavorare ancora, senza strappi, per perfezionare la riforma", dice Pier Luigi Bersani. Ma nella stessa minoranza sarebbe ancora aperta la discussione sulle modifiche da apportare al metodo di elezione del presidente della Repubblica, per una divergenza di opinione tra deputati e senatori della sinistra Dem. Ma di tempo per trattare, da qui all'inizio delle votazioni, ce n'e' ancora. E soprattutto - si sostiene in alcuni settori Dem - bisogna ancora aspettare di vedere se Grasso dichiarera' ammissibili gli emendamenti a tutto l'articolo 2. Se cio' avvenisse, sia la maggioranza che la minoranza Dem si sono attrezzati. I 28 senatori della sinistra hanno tenuto fermi alcuni emendamenti all'articolo 2. E i renziani Andrea Marcucci e Franco Mirabelli hanno depositato una proposta di modifica che abolisce del tutto il Senato: ha una funzione, spiegano dal Pd, solo preventiva e deterrente. Ma se gli eventi dovessero precipitare, sarebbe questa "l'arma finale" per condurre in porto la riforma.
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