Se Pietro Grasso aprira' a modifiche all'articolo 2 della riforma costituzionale, lo scenario piu' probabile e' "l'incidente" su un emendamento e il precipitare della legislatura verso le elezioni anticipate. Non si stancano di ripeterlo i dirigenti del Pd, mentre Matteo Renzi, preso atto della fine di ogni trattativa "con una minoranza della minoranza Pd", da' il via all'accelerazione che potrebbe portare in Aula gia' questa settimana la riforma costituzionale.
La goccia che fa traboccare il vaso e' la notizia che trapela nel pomeriggio da fonti di governo - tramite una agenzia di stampa - sulla convocazione per domani della capigruppo del Senato che dovra' portare in Aula la riforma. L'episodio viene vissuto come un vero e proprio sgarbo istituzionale, tanto che Pietro Grasso lascia in anticipo una cerimonia alla Camera. "Visibilmente irritato", lo descrivono fonti di Palazzo Madama. E deciso a difendere le sue prerogative e il rispetto, in ogni sua decisione, dei regolamenti parlamentari e della Costituzione, senza alcun altro calcolo politico - considerata anche la sua storia - o cedimento a logiche che non siano quelle istituzionali. Percio', nella sua decisione in Aula, si atterra' - assicurano - soltanto a quei criteri. Letti anche i pareri degli uffici del Senato, che starebbero trovando diversi precedenti, spiega una fonte, a favore del si' agli emendamenti all'art. 2. Se si cambia quell'articolo, non si stancano pero' di ripetere Renzi e i suoi, la riforma costituzionale riparte d'accapo, non si fa piu'. E numerosi - sottolineano dal Pd - sono anche i pareri tecnici contro l'ammissione di emendamenti all'articolo 2. Se Grasso in Aula, andando anche contro il parere espresso in commissione da Anna Finocchiaro e difeso dall'ex presidente Giorgio Napolitano, dichiarera' ammissibili quegli emendamenti, si assumera' "una responsabilita' enorme". Perche', ragionano ai vertici del Pd, a quel punto bastera' che passi un solo emendamento perche' salti tutto. E si vada a votare. Non perche' la decisione spetti al Pd, ma perche' al presidente Sergio Mattarella Matteo Renzi dira' che non e' disposto a vivacchiare al governo e che il suo Pd non puo' piu' sostenere una legislatura in cui non si possono fare le riforme. Ma una soluzione e' ancora possibile, assicurano dal Pd. Perche' Grasso ha nelle mani una decisione "intermedia" tra l'ammissibilita' degli emendamenti e la non ammissibilita': affermare che si debbano fare due soli voti, uno - inevitabile - sull'intero articolo 2 e uno sulla parte modificata a Montecitorio(con una preposizione) di quell'articolo. A quel punto, ragionano nel Pd, resterebbe "solo" il problema della spaccatura con la minoranza Dem, che oggi ha lasciato il tavolo sulle riforme, perche' continua a sostenere che non siano possibili mediazioni se non si cambia l'art. 2. Al dunque, pero', scommettono i renziani, in Aula solo una "minoranza della minoranza", tra i dieci e quindici senatori, terra' il punto e voteranno no. Almeno un'altra decina si sarebbero gia' convinti a votare si'. "Numeri in fantasia", replicano fonti bersaniane: "Alla fine saremo circa 25 a dire no allo strappo di Renzi e sara' chiaro di chi e' la colpa della rottura". Ma non e' solo dentro il Pd che la maggioranza dem guarda nella ricerca dei voti al Senato. I dieci fittiani, vengono ad esempio considerati convincibili - grazie a una mediazione di Denis Verdini - inserendo all'articolo 1 della riforma un passaggio sul Sud. Con piu' preoccupazione si guarda invece ai senatori campani e calabresi di Ncd, anche se Angelino Alfano avrebbe rassicurato Renzi di essere in grado di "tenere i suoi".
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