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Pubblicato il 29/11/2015 08:08

Cgia, colpiti nel 2014 i lavoratori autonomi

Il ceto medio produttivo arranca. Dal 2008 ad oggi la contrazione percentuale numero partite Iva e' stata doppia di quella dei lavoratori dipendenti

La poverta' continua a colpire soprattutto gli autonomi. L'anno scorso il 24,9 per cento delle famiglie con reddito principale da lavoro autonomo ha vissuto con una disponibilita' economica inferiore a 9.455 euro annui (soglia di poverta' totale calcolata dall'Istat). Praticamente una su quattro si e' trovata in una condizione di vita non accettabile. Per quelle con reddito da pensioni/trasferimenti sociali e da lavoro dipendente, invece, la percentuale al di sotto della soglia di poverta' e' stata inferiore. Per le prime, infatti, l'incidenza si e' attestata al 20,9 per cento, per le seconde al 14,6 per cento. Tra il 2010 e il 2014 la quota di nuclei familiari in cattive condizioni economiche e' aumentata di 1,2 punti percentuali. Per i pensionati la poverta' e' scesa dell'1 per cento, tra i dipendenti e' aumentata dell'1 per cento, mentre tra il cosiddetto popolo delle partite Iva l'incremento e' stato del 5,1 per cento, anche se va sottolineato che nell'ultimo anno la variazione e' stata pressoche' nulla. L'elaborazione e' stata messa a punto dall'Ufficio studi della CGIA

"Purtroppo - segnala il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo - questi dati dimostrano che la precarieta' presente nel mondo del lavoro si concentra soprattutto tra il popolo delle partite Iva. Sia chiaro, la questione non va affrontata ipotizzando di togliere alcune garanzie ai lavoratori dipendenti per darle agli autonomi, ma allargando l'impiego di alcuni ammortizzatori sociali anche a questi ultimi che, almeno in parte, dovrebbero finanziarseli". Il coordinatore dell'Ufficio studi della CGIA prosegue la sua riflessione mettendo in luce alcuni aspetti: "Quando un lavoratore dipendente perde momentaneamente il posto di lavoro puo' disporre di diverse misure di sostegno al reddito. E nel caso venga licenziato puo' contare anche su una indennita' di disoccupazione. Un autonomo, invece, non ha alcun paracadute. Una volta chiusa l'attivita' e' costretto a rimettersi in gioco affrontando una serie di sfide per molti versi impossibili. Oggigiorno e' difficile trovare un'altra occupazione; l'eta' spesso non piu' giovanissima e le difficolta' congiunturali costituiscono un ostacolo insormontabile al reinserimento nel mondo del lavoro". 

 LaCGIA fa notare che dall'inizio della crisi (2008) al primo semestre di quest'anno, gli autonomi (ovvero, i piccoli imprenditori, gli artigiani, i commercianti, i liberi professionisti, i coadiuvanti familiari, etc.) sono diminuiti di quasi 260 mila unita': del 4,8 per cento. La platea dei lavoratori dipendenti, invece, si e' ridotta di 408.400 unita', anche se in termini percentuali e' diminuita "solo" del 2,4 per cento cioe' della meta'. Dall'inizio della crisi ad oggi, gli autonomi hanno segnato la contrazione peggiore in Emilia Romagna (-14,6 per cento), in Campania (-13,7 per cento) e in Calabria (13,3 per cento). Di rilievo, invece, la performance ottenuta dal Lazio (+10,1 per cento) e dal Veneto (+5,3 per cento). "Non e' da escludere - conclude Zabeo - che l'incremento registrato in Veneto sia in buona parte dovuto alle decisioni prese da molte aziende che, a seguito della crisi, hanno trasformato il rapporto di lavoro di molti dipendenti in forme di lavoro autonomo, invitando molte persone ad aprirsi la partita Iva. Nel caso del Lazio, invece, il dato si accompagna al contesto economico regionale, dominato dall'economia dei servizi che ha superato meglio le difficolta' di questi anni, permettendo una crescita e di conseguenza un deciso incremento occupazionale anche degli autonomi". Per quanto concerne le quattro ripartizioni geografiche, tra il 2008 e il primo semestre di quest'anno la riduzione piu' importante si e' verificata nel Mezzogiorno ed e' stata del 7,5 per cento (- 120.700 unita'). Segue il Nordest con il -5,8 per cento (-67.800 unita') e il Nordovest con il -5,3 per cento (-82.500 unita'). Solo il Centro ha segnato una crescita positiva dell'1 per cento (+11.300 unita')

Infine, il reddito medio annuo delle famiglie con fonte principale da lavoro autonomo ha subito in questi ultimi anni (2008-2013) una riduzione di oltre 4.352 euro (-10,6 per cento), mentre quello dei dipendenti e' aumentato di soli 320 euro (+1 per cento). In deciso aumento, invece, il dato medio annuo dei pensionati e di quelle famiglie che hanno beneficiato dei sussidi (di disoccupazione, di invalidita' e di istruzione) che sono stati erogati ai nuclei piu' in difficolta'. In termini assoluti il ritocco all'insu' e' stato pari a 1.680 euro (+7,6 per cento). "Il forte calo della domanda interna ha contribuito in maniera determinante a peggiorare le condizioni economiche degli autonomi - segnala il Segretario della CGIA Renato Mason - Gli artigiani, i piccoli commercianti e i liberi professionisti nella stragrande maggioranza dei casi vivono dei consumi delle famiglie: il crollo di quest'ultimi ha causato una caduta verticale del fatturato di moltissime piccole attivita' e spinto alla chiusura tantissimi lavoratori autonomi. Si auspica che la ripresa dei consumi si consolidi nella parte finale di quest'anno e che il 2015 possa chiudersi con un numero di lavoratori autonomi superiore al 2014, come sembrerebbe intravedersi nei dati provvisori relativi al primo semestre".

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