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Pubblicato il 07/07/2016 17:05

Inps, 1 pensionato su 3 ha meno di 1.000 euro al mese

Sono 15.663.809 i pensionati Inps (16,1 i pensionati complessivi) e ricevono un importo lordo medio mensile di 1.464 euro. Lo riferisce l'Inps nel Rapporto annuale, secondo cui il 38%, pari a 5,9 milioni di persone, ha una pensione inferiore a 1.000 euro. Il 27,2% dei pensionati (4,2 milioni) ha un reddito pensionistico compreso tra 500 e 999,99 euro ed il 10,8% (1,68 milioni) fino a 499,99 euro. Il 6,5%, pari a 1 milione di pensionati, ha un reddito pensionistico superiore a 3.000 euro. Il numero di prestazioni erogate ammonta a 21.021.877 (lo 0,5% in piu' del 2014), per un importo lordo medio mensile di 970,49 euro, contro i 952,71 del 2014 (+1,9%). Le prestazioni previdenziali sono 17.184.075 (stabili rispetto al 2014), con un importo lordo medio mensile di 1.093,54 euro (contro 1.068,69 del 2014, cioe' +2,3%); le prestazioni assistenziali sono 3.837.802 (+2,8%), con un importo di 419,51 euro (contro 418,44 pari a +0,3%), di cui quelle di invalidita' civile sono 2,9 milioni (+3,3%) con un importo di 418,77 euro (+0,1%)

La spesa pensionistica Inps (escluse le indennita' agli invalidi civili) incide nel 2015 per il 15,6% sul Pil, contro il 15,3% del 2014. Lo si legge nel rapporto annuale Inps, secondo cui la spesa pensionistica incide per il 33% sulla spesa pubblica. Secondo il bilancio preventivo 2016, la spesa del 2015 sul Pil per prestazioni a sostegno delle politiche sociali e della famiglia e' pari al 2,2%, mentre la spesa sul Pil per prestazioni a sostegno delle politiche per il lavoro e' del 2,4%. 

In Italia gli immigrati versano ogni anno 8 miliardi di contributi sociali e ne ricevono 3 in termini di pensioni e altre prestazioni sociali, con un saldo netto di circa 5 miliardi. Circa un punto di Pil di contributi sociali non e' stato impiegato per erogare le pensioni, vale a dire circa 300 milioni. Lo afferma il presidente dell'Inps, Tito Boeri, nella Relazione annuale, riferendo che in molti casi i contributi non si traducono in pensioni. "Abbiamo calcolato - ha sottolineato Boeri - che sin qui gli immigrati ci abbiano 'regalato' circa un punto di pil di contributi sociali a fronte dei quali non sono state erogate delle pensioni. E ogni anno questi contributi a fondo perduto degli immigrati valgono circa 300 milioni di euro". Nell'analisi di Boeri, "la paura che la libera circolazione del lavoro nell'ambito dell'Unione europea si potesse tradurre in turismo sociale, in welfare shopping, ha giocato un ruolo rilevante nel referendum sulla Brexit". In molti paesi, "vi sono partiti che capitalizzano su questi timori" descrivendo gli immigrati come "vere e proprie 'spugne dello stato sociale'. Non c'e' evidenza - afferma Boeri - che questo avvenga". "Chiudersi al resto dell'Europa, chiudere le proprie frontiere e' la risposta sbagliata a queste tensioni. Le vere minacce alla protezione sociale vengono proprio da chi vuole impedire la libera circolazione dei lavoratori". Secondo il presidente dell'Inps, la mobilita' del lavoro "favorisce anche la crescita soprattutto nei paesi che ricevono gli immigrati, rendendo piu' facile finanziare lo stato sociale". Ma le preoccupazioni non possono essere ignorate - conclude Boeri - e per questo l'Inps ha proposto alle istituzioni partner in Europa di istituire l'European Social Security Identification Number, un codice di protezione sociale che valga per tutta l'Ue, in modo da permettere la piena portabilita' dei diritti sociali e impedire il 'welfare shopping'

 

"Si temeva che il superamento della cosiddetta 'reintegra' avrebbe aumentato i licenziamenti. Non sembra essere stato cosi'". Lo afferma il presidente dell'Inps, Tito Boeri alla Relazione annuale, in cui nota che "l'incidenza dei licenziamenti nel 2015 e' diminuita del 12% rispetto all'anno precedente, molto piu' di quanto ci si sarebbe potuto aspettare alla luce del miglioramento del quadro congiunturale". Secondo Boeri, "il contratto a tutele crescenti non e' fatto per licenziare, ma per stabilizzare l'impiego, incentivando investimenti in capitale umano. Ci vorra' comunque del tempo - sottolinea - per compiere una valutazione approfondita della riforma". 
Analizzando gli effetti di Jobs act e Youth act, Boeri osserva che "non vi e' dubbio che l'esonero contributivo triennale abbia giocato un ruolo cruciale nel cambiare la natura delle assunzioni"; poi, come "era legittimo aspettarsi" le imprese hanno anticipato assunzioni previste per il 2016 all'ultimo mese del 2015. "Dovremmo preoccuparci - afferma Boeri - se, dopo questa impennata, la riduzione delle assunzioni (o l'aumento delle cessazioni) fosse tale da riportarci al numero di contratti a tempo indeterminato precedente il 2015. Cosi' non e', per fortuna. Al netto del 'calo fisiologico' di inizio 2016, il numero di contratti a tempo indeterminato e' aumentato di piu' di mezzo milione nel 2015. Inoltre, a partire da marzo 2016 il saldo mese per mese di assunzioni e cessazioni in questi contratti sta ricalcando le dinamiche degli anni precedenti al 2015. I contratti a tempo indeterminato sembrano, percio', destinati nel 2016 a stabilizzarsi su questi livelli piu' alti. Difficile che, dopo il grande balzo del 2015, possano crescere ulteriormente quest'anno tenendo conto della lenta ripresa della nostra economia"

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