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Pubblicato il 11/02/2016 22:10

Studio Censis, la credibilità del libro non e' insidiata dal web

osservatorio

 Il libro cartaceo e' ancora il "dispositivo" del sapere piu' utilizzato con riferimento a diversi generi editoriali: per leggere romanzi, racconti, poesie (78,7%), saggi (71,9%), testi scolastici e universitari (67,1%), opere illustrate (59%). Certo, e' anche vero che per "sfogliare" guide turistiche si usa molto il pc (29,1%); ancora di piu' per consultare una enciclopedia (il 60,6% utilizza il pc, il 7,4% adopera il tablet, il 5,8% lo smartphone, contro il 18,7% che in questo caso usa testi cartacei). E tra chi interroga il dizionario, piu' della meta' (il 56,2%) lo fa attraverso il pc, ben piu' di quanti (il 21,8%) usano ancora il vocabolario cartaceo. Ma il nodo vero e' nel rapporto fiduciario che si instaura con le diverse fonti e con i diversi mezzi, e cosi' gli italiani acculturati benche' vivano a pieno titolo nell'era della disintermediazione digitale ripongono una grandissima stima nel lavoro delle case editrici. L'affidabilita' accordata allo "strumento" libro e' molta (80,3%) o abbastanza (19,2%): praticamente, nessuno considera i libri una fonte non degna di fiducia. La credibilita' resta alta, per nulla insidiata dal web che pure incalza e avanza. Lo dice il Censis con la ricerca fatta in collaborazione con l'Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani sul tema 'La trasmissione della cultura nell'era digitale - Un'inchiesta sul sapere'. La ricerca e' stata presentata oggi in una gremita Sala Igea di Palazzo Mattei di Paganica, con interventi di Massimo Bray, dg dell'Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Giorgio De Rita, segretario generale Censis, Massimiliano Valerii, dg del Censis che ha illustrato il lavoro, Tullio De Mauro, ex ministro dell'Istruzione e professore emerito della Sapienza, Carlo Freccero, consigliere Rai, e Riccardo Luna, digital champion

La stessa credibilita' viene riconosciuta alle enciclopedie: il 66,4% ne ha molta fiducia e il 26% abbastanza, per un totale di giudizi favorevoli prossimo al 100%. Mentre sono solo "abbastanza" credibili i siti web (69,1%) e i motori di ricerca (66,1%); sono per lo piu' "poco" affidabili i social network (54,8%), i blog e i forum di discussione online (54,3%) - e lo sono "per niente" rispettivamente per il 29,9% e per il 12,4% del campione mentre l'enciclopedia online Wikipedia, infine, gode della massima fiducia solo del 16,3% del campione - ma e' "abbastanza" affidabile secondo il 59,5%. I libri restano prioritari quando ci si applica alla letteratura (sono utilizzati da piu' della meta' di chi vi si dedica); sono prevalenti in campi del sapere come la storia e la geografia (anche se in questo caso Wikipedia, l'enciclopedia online redatta dagli utenti per gli utenti, viene usata da poco meno di un quarto del campione); si collocano alla pari con i siti internet per gli studi di economia, scienze sociali e diritto; diventano minoritari per le scienze naturali, la fisica e la matematica (in questo caso la meta' degli interessati si spartisce tra siti web e motori di ricerca online). Il loro impiego si fa invece ridottissimo per gli approfondimenti nei campi della tecnologia e dell'informatica: appena il 2,6% li usa, l'87,7% preferisce ricorre a internet. L'intento della ricerca e' stato quello di arrivare a una "presa di realta'", pervenire a un quadro conoscitivo effettivo e puntuale di cosa sta cambiando. Universo di riferimento gli italiani acculturati digitalizzati (soggetti con una eta' di 25 anni e oltre, laureati, utenti di internet), e' servita a tracciare la matrice dei mezzi utilizzati con piu' frequenza ai fini culturali, per acquisire nozioni in diverse discipline. 

A proposito pero' di libri c'e' da dire che in Italia il numero di lettori e' stabilmente basso (nell'ultimo anno solo il 42% della popolazione ha letto almeno un libro nel corso dell'anno), e non puo' essere di conforto il fatto che la quota di "lettori forti" (che hanno letto piu' di 12 libri l'anno) e' pari al 13,7% ed e' aumentata di 2,4 punti negli ultimi vent'anni, tanto da poter parlare di una deriva elitaria nella lettura dei libri. Si registra una fisiologia davvero anomala - dice il Censis - nel fatto che dall'inizio del secondo decennio degli anni 2000 nel nostro Paese i tassi di scolarizzazione (crescenti nel tempo) e la propensione alla lettura (declinante) stanno ormai seguendo traiettorie divergenti: l'esatto contrario di quanto sarebbe apparso lecito attendersi, cioe' un rapporto di proporzionalita' diretta tra le due grandezze. Cosi' la quota di non lettori (neanche un libro l'anno) in Italia e' pari al 56,5% della popolazione, resta alta (il 24,1%) anche tra i laureati, corrisponde a quasi la meta' dei diplomati (il 48,5%). Negli ultimi dieci anni si e' allargata la forbice generazionale: mentre le persone piu' avanti con gli anni leggono di piu' in particolare gli ultrasessantenni (+7,2% tra i 60-64enni nel periodo 2005-2015 e +8,7% tra i 65-74enni), tra i giovani la dinamica e' di segno opposto (-3,6% tra i 25-34enni e -4% tra i 35-44enni). Non stupisce, quindi, che i ricavi del mercato librario siano stati in flessione negli ultimi anni: -10,8% di fatturato in un triennio, tra il 2010 e il 2013. Poi ancora -3,6% nel 2014, con una perdita di 97,5 milioni di euro di ricavi e un bilancio complessivo poco inferiore a 2,6 miliardi di euro, una riduzione del numero di titoli pubblicati del 3,5% e di copie cartacee vendute del 6,4%. Infine, i primi dati provvisori relativi al 2015 segnalano una inversione di tendenza per il mercato dei libri di carta, con un +0,7% rispetto all'anno precedente in valore, sebbene permanga un -2,1% rispetto al 2014 in termini di copie vendute. E si noti - sottolinea il Censis - che l'orientamento prevalente e' verso la pubblicazione di prime edizioni, sia in termini di nuovi titoli sia in termini di copie stampate, ad indicare i contorni di un mercato librario che si consuma in fretta, orientato prevalentemente alla conquista dei lettori attraverso il lancio di novita' editoriali piuttosto che per mezzo della riedizione di classici o di titoli in catalogo. Intanto pero' molti editori sono stati costretti a cessare l'attivita': secondo gli ultimi dati dati ufficiali disponibili, negli ultimi 15 anni sono piu' di un migliaio quelli che hanno liquidato le aziende. Nel 2000 erano infatti 3.300 gli editori attivi, scesi a 2.248 nel 2013 (-31,9%); i nuovi editori erano 310 nel 2000, sono scesi a 62 nel 2013; 286 case editrici hanno cessato l'attivita' nel 2012 e altre 102 nel 2013. 

Nel suo intervento Massimo Bray ha rilevato che il mondo dell'enciclopedia e' quello che piu' direttamente vive la sfida digitale, "ce ne occupiamo da 20 anni. Nel mondo le enciclopedie non esistono quasi piu', e con esse la capacita' di certificare le conoscenze, le fonti". E pero' il libro cartaceo "non sparira', e' insostituibile", anche se in Italia si legge poco. E Giorgio De Rita ha aggiunto che il web "crea una sorta di disorientamento", ed inoltre bisogna sempre misurarsi con l'affidabilita', "cosa questa che nell'istituto Treccani costituisce il codice genetico, da' un nome alle cose, mentre il mondo digitale e' pieno di sigle, facce oscure". C'e' anche il problema dell'accumulazione, come pure il web sta determinando un mutamento "nella sintassi nella comunicazione". Per Carlo Freccero, esperto di format televisivi, se c'e' un medium che conserva ancora potenzialita' in ambito culturale questo e' proprio la televisione, e pero' "oggi la rete e' anche immagini, e' fiction; la Rete e' televisione. Telefonini e pc significano oggi anche tv. Pensiamo a Netflix: sta cominciando a erodere i consumi di tv". E il paradosso - secondo Freccero - e' che "mentre noi europei siamo diventati americanizzati, gli americani guardano ll'Europa...Arriviamo in ritardo nelle cose proprio perche' siamo americanizzati". Freccero ha detto anche nei prodotti Usa "c'e' una forza che li rende credibili, le fiction alimentano un'editoria specializzata". Il consigliere Rai concorda poi con l'esito della ricerca laddove indica il libro come insostituibile, rilevando quindi che "non e' vero che un medium uccide l'altro". Tullio De Mauro, approfittando della presenza tra il pubblico in sala della presidente Rai Monica Maggioni ha auspicato un maggior impegno del servizio pubblico sul tema del digitale, per raggiungere piu' ampi strati di popolazione. Come pure ha auspicato che le scuole - "se aperte per tutto il giorno" - abbiano maggiori capacita' di attivare progetti. Sapendo che c'e' una "connotazione stretta tra cultura e i mezzi che possono trasmetterla". A proposito di Rai e web, Freccero ha pero' messo in guardia dal continuo ricorrere al 'maestro Manzi', cioe' a quella fase di acculturamento attraverso la tv che ci fu qualche decennio fa. "Basta con il citare il maestro Manzi, non e' piu' la pedagogia di ieri. Siamo alla follia quando si dice che la Rai deve fare qualcosa di simile".

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