Italia, un Paese di imprenditori tra cui pero' emergono segni di "scoraggiamento": per quasi 8 su 10 e' sempre piu' difficile fare impresa. I principali ostacoli sono tasse troppo alte, un eccesso di burocrazia e le difficolta' nell'accesso al credito. Non solo tra gli italiani la percentuale di chi oggi sceglierebbe un lavoro indipendente e' del 44%, in calo rispetto al 2009 (51%). Il quadro emerge dalla ricerca coordinata dal Centro Studi di Confindustria per il convegno Biennale 2016 che si e' aperto oggi a Parma e vede la partecipazione di oltre mille industriali. "La crisi - si legge nello studio - ha senza dubbio contribuito a ridurre la voglia di avviare nuove iniziative: il 78% degli imprenditori ritiene che rispetto al passato l'avvio di una nuova impresa sia piu' complicato. Per gli imprenditori i principali ostacoli all'attivita' sono le tasse (54,3% degli intervistati), l'eccesso di burocrazia (45,7%), la difficolta' di accesso al credito (37,7%). Alla domanda "fare l'imprenditore oggi per lei e'?" al primo posto gli industriali rispondono responsabilita' verso i collaboratori, al secondo posto scelgono la voce stressante. Risposte sintomatiche di un grande impegno etico". Dalla ricerca emerge che il 41,2% delle imprese sono di prima generazione, una quota che ha un trend in aumento, mentre il 48,5% sono state avviate in passato dalla famiglia. Dal punto di vista del sistema valoriale gli imprenditori mettono al primo posto la famiglia, al secondo il sacrificio e al terzo il lavoro. L'Italia si conferma comunque un paese di imprenditori: la quota dei lavoratori indipendenti sul totale degli occupati e' del 24,9% sul totale dei lavoratori. Un valore molto piu' alto rispetto alla media Ue, il doppio di quello francese e tedesco. Tuttavia negli ultimi anni la sua tendenza, non solo nel nostro Paese, e' in calo, come si evince anche dal tasso di natalita' delle imprese, che in Italia e' sceso dal 12,5% del 2006 all'8,1% del 2014
"Le ragioni - spiega il Csc - sono piu' d'una e sono legate, tra l'altro, ai cambiamenti che hanno investito il modello di sviluppo industriale: da una situazione in cui le imprese si frammentavano, accrescendo il numero dei titolari di impresa, a una in cui e' richiesta una maggiore caratura dimensionale. Emerge anche un senso di scoraggiamento dei potenziali nuovi imprenditori: tra gli italiani la percentuale di chi oggi sceglierebbe un lavoro indipendente e' del 44%, nel 2009 era al 51%". Lo studio prende in considerazione anche la percezione che la societa' ha dell'imprenditore: la sfida da combattere e' il sentimento antimpresa. Il 64,7% degli italiani ritiene che alla professione di imprenditore "non sia riconosciuto il giusto valore. Mentre tra le caratteristiche attribuite alla figura imprenditoriale dagli intervistati compaiono al primo posto competenza e coraggio, ma soltanto all'ultimo l'onesta'". Il 48,4% degli italiani ritiene in ogni caso che lo sviluppo delle piccole e medie imprese abbia un ruolo centrale per la crescita del Paese. Complessivamente il 53% degli italiani ha un'opinione positiva della figura dell'imprenditore, anche se rispetto al passato e' peggiorata per il 45,5% dei rispondenti. La ricerca evidenzia che "l'importanza del settore industriale in Italia sia largamente sottovalutata: siamo il secondo Paese manifatturiero d'Europa dopo la Germania, ma solo un terzo della popolazione ne e' a conoscenza". "Il ruolo imprenditoriale appare condizionato da fattori di contesto, incluso un quadro recessivo che e' durato per un tempo eccezionalmente lungo. Ma occorre anche lavorare per rimuovere immagini stereotipate e pregiudizi attorno alla figura dell'imprenditore, che impediscono di costruire un'immagine equilibrata del suo ruolo sociale. Si tratta - conclude il Csc - di una sfida culturale importante, cruciale per il futuro del Paese, e Confindustria ha il dovere di affrontarla".
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