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Pubblicato il 27/11/2015 18:06

Mare sporco a Pescara, chiuse le indagini sul sindaco Alessandrini

E' stato depositato dai pm della Procura di Pescara Anna Rita Mantini e Mirvana Di Serio, l' avviso di conclusione delle indagini a carico del sindaco di Pescara Marco Alessandrini, del vice sindaco Enzo Del Vecchio e del dirigente comunale Tommaso Vespasiano, per la vicenda relativa alla mancata emissione del divieto di balneazione. Vicenda seguita alla rottura dell'impianto di depurazione di via Rajale, che alla fine del luglio scorso ha generato uno sversamento nel fiume del capoluogo adriatico di oltre 30 mila metri cubi di liquami. I pm chiedono l'archiviazione per il reato di falso in atto pubblico, mentre resta in piedi, per tutti e tre gli indagati, il reato di omissione di atti d'ufficio.

"Pur avendo piena contezza, in particolare Vespasiano e Del Vecchio, che sin dalla data del 23 luglio 2015 il tratto di mare ricompreso entro il perimetro tra via Balilla e il Porto fosse non idoneo alla balneazione, poiche' le analisi Arta accertavano il rilevante superamento dei parametri di legge per il valore dell'escherichia coli - scrivono Mantini e Di Serio - e pur verificando che a seguito della rottura dell'impianto di depurazione di via Rajale, intervenuta in data 28 luglio, vi era stato un rilevante riversamento in mare di fanghi da sottoporre a smaltimento, con conseguente superamento dei parametri di legge per i valori dell'escherichia coli e per enterococchi, che superavano i valori di legge rispettivamente del triplo e del quadruplo, omettevano di emanare idonei provvedimenti amministrativi volti a tutelare la salute pubblica e ad impedire o limitare la pubblica balneazione di quel tratto costiero".

Sono queste le ragioni che hanno indotto i due pm a non formulare la richiesta di archiviazione per il reato di omissione di atti d'ufficio. Alessandrini, Del Vecchio e Vespasiano avranno 20 giorni di tempo per presentare memorie e documenti difensivi. Subito dopo i pm decideranno se presentare la richiesta di rinvio a giudizio.

Nell'avviso di conclusione delle indagini, viene ricostruita la gestione delle due ordinanze relative all'emissione e alla revoca del divieto di balneazione. "Il sindaco, nell'interrogatorio reso in data 22 settembre 2015, evidenziava che insieme ai suoi collaboratori aveva ritenuto opportuno predisporre e sottoscrivere, in data 3 agosto, le due ordinanze in questione, provvedendo a datare, quella concernente il divieto di balneazione, 1 agosto 2015 - scrivono i pm - nella stessa sede precisava che cio' era stato effettuato al solo scopo di stroncare le polemiche politiche e rassicurare il fruitore del turismo locale, oltre che per sedare una volta per tutte la polemica sterile che non aveva alcun addentellato su problemi reali, ma che, comunque, le predette ordinanze non dovevano essere rese note alla collettivita' mediante la formale pubblicazione sull'albo online. Evidenziava altresi' - proseguono i pm - che il 3 agosto il dato mediatico e politico insieme integravano gli estremi dell' urgenza e non certo il dato ambientale, poiche' a tale data non sussistevano problemi per la salute pubblica, avendo appreso dall'Arta, proprio in tale data, che i parametri erano rientrati nella soglia di tollerabilità".

Mantini e Di Serio passano quindi ad illustrare le ragioni per le quali richiedono l'archiviazione con riferimento al reato di falso: "L'ordinanza che si assume oggettivamente falsificata nella sua data apparente, in difetto del requisito essenziale della sua pubblicazione, fu in concreto inidonea a ledere e/o tradire il bene interesse del pubblico affidamento". Viene osservato che "come emerso, gli indagati, anche ove deliberatamente concordarono la stesura di un'ordinanza mendace quanto alla data della sua redazione, non ebbero mai in animo di pubblicarla all'esterno" e viene sottolineato come "tutti gli agenti non avessero in alcun modo finalita' di creare all'esterno un'apparenza di atto ordinatorio da attuarsi in frode ai suoi destinatari, ovvero i bagnanti". I pm quindi concludono, riferendosi a i tre indagati, "che essi, con un intervento francamente eccentrico rispetto allo scopo ed oltremodo esorbitante anche avuto riguardo al risultato in concreto realizzato, mirassero semplicemente a ricostruire ex post un simulacro di iniziale ed incompiuta azione amministrativa volta a giustificare in ambito politico o di controllo postumo, la completezza o incompletezza dell'intervento che essi intempestivamente, si assume, attuarono per salvaguardare la salute dei cittadini"

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