Viviamo "nell'Italia dello zero virgola", dove la ripresa economica non decolla e gli italiani, anche quelli che hanno i soldi, sono ancora timorosi di investire e di spendere. L'analisi della societa' italiana al 2015, contenuta nel 49esimo Rapporto del Censis sulla situazione del Paese disegna una realta' con molte ombre e qualche luce. "Nell'Italia dello zero virgola le variazioni congiunturali degli indicatori economici sono ancora minime - afferma il Censis - continua a gonfiarsi la bolla del risparmio cautelativo e non si riaccende la propensione al rischio". Nel corso dell'anno i principali indicatori economici hanno cambiato segno ed evidenziano movimento verso l'alto nell'ordine di qualche decimale di punto percentuale. Ma i consumi restano al palo. Lo dimostra il tasso di inflazione, inchiodato intorno allo zero nonostante il poderoso sforzo della Bce con il quantitative easing, cosi' come gli investimenti nulli.
Le speranze di ripartenza del Belpaese sono riposte in un mix di tradizione e innovazione, una "ibridazione", cosi' la definisce il Censis, di settori tra i quali il design, la moda, la gastronomia, il turismo, la cultura. Oggi vince chi ha saputo riposizionarsi, accettando le sfide della globalita': le esportazioni valgono il 29,6% del Pil. Vincono i produttori di macchine e apparecchiature, con un surplus di 50,2 miliardi di euro nel 2014, vince l'agroalimentare, che nell'anno dell'Expo fa il boom di esportazioni (+6,2% nei primi 8 mesi del 2015) e riconquista la leadershpi nel mercato mondiale del vino. Vincono inoltre i comparti dell'abbigliamento (+1,4% di export nei primi 8 mesi dell'anno), della pelletteria (+4,5%), dei mobili (+6,3%) e dei gioielli (+11,8%).
Una societa' in letargo esistenziale, un Paese non piu' capace di progettare il futuro, ne' di produrre interpretazioni della realta', per cui finisce per restare prigioniero della cronaca (scandali, corruzioni, contraddittorie spinte a fronteggiarli). E' un'Italia dove crescono le disuguaglianze e gli egoismi, dove le pur apprezzabili riforme realizzate dal governo faticano a suscitare consenso, dove la crescita avviene puntando su 'cio' che resta' dei grandi soggetti economici, politici e sociali che hanno indirizzato la societa' negli anni passati. E' la fotografia dell'Italia scattata dal 49esimo Rapporto del Censis, presentato oggi. "Nella nostra storia - osserva il direttore del Censis, Giuseppe De Rita - il resto del mito della grande industria e dei settori avanzati e' stata l'economia sommersa e lo sviluppo del lavoro autonomo. Il resto della lotta di classe nella grande fabbrica e' stata la lunga deriva della cetomedizzazione. Il resto della spensierata stagione del consumismo e' la medieta' del consumatore sobrio. Il resto della lunga stagione del primato delle ideologie e' oggi l'empirismo coninuato della societa' che evolve".
Rispetto agli anni passati - si legge nella Considerazioni generali del Rapporto - quest'anno spicca il rilancio del primato della politica, "con un folto insieme di riforme di quadro e di settore, e la messa in campo di interventi tesi a incentivare propensione imprenditoriale e coinvolgimento collettivo rispetto al consolidamento della ripresa. E c'e' stata la ricerca del consenso d'opinione sulle politiche avviate, per innescare nella collettivita' una mobilitante tensione al cambiamento". Ma questo sforzo e' in parte fallito. La dialettica tra societa' e politica e' entrata in crisi: non riesce a produrre un progetto generale di sviluppo del Paese, e di conseguenza non produce una classe dirigente. Cosi' gli italiani sono costretti ancora una volta ad arrangiarsi, facendo ricorso ai pilastri di sempre: la "saggezza popolare", la capacita' inventiva, aiutati da una composizione sociale poliedrica, lontana dagli schemi di classe e di ceto. "Esempio ne sono i giovani che vanno a lavorare all'estero o tentano la strada delle start up - e' scritto nel Rapporto -. Oppure le famiglie che accrescono il proprio patrimonio e lo mettono a reddito (con l'enorme incremento dei bed&breakfast), le imprese che investono nella green economy, i borghi turistici, la silenziosa integrazione degli stranieri nella nostra quotidianita', l'intreccio tra successo gastronomico e filiera alimentare". E' "l'Italia dello zero virgola", annota il Censis, in cui le variazioni congiunturali degli indicatori economici sono ancora minime e continua a gonfiarsi la bolla del cash cautelativo. Gli italiani, cioe', preferiscono tenere fermi i risparmi, perche' temono il futuro. D'altro canto il risparmio e' ancora la scialuppa di salvataggio nel quotidiano, visto che nell'anno trascorso 3,1 milioni di famiglie hanno dovuto mettere mano ai risparmi per fronteggiare gap di reddito rispetto alle spese mensili.
Riparte il mattone, come sembra segnalare il boom delle richieste di mutui (+94,3% a gennaio-ottobre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014) e si diffonde la propensione a mettere a reddito il patrimonio immobiliare: 560.000 italiani dichiarano di aver gestito una struttura ricettiva per turisti, come case vacanza o bed&breakfast, generando un fatturato stimabile in circa 6 miliardi di euro, in gran parte sommerso. In un quadro di criticita', il turismo verso l'Italia rappresenta invece un record positivo: siamo una destinazione tra le piu' ambite dagli stranieri, che tra il 2000 e il 2014 hanno incrementato la loro presenza del 47,2%. L'altro dato incoraggiante riguarda la maggiore propensione all'acquisto di beni durevoli, nonostante la situazione di incertezza. Il 5,7% delle famiglie (piu' del doppio rispetto all'anno scorso) ha intenzione di comprare un'auto nuova e se andra' cosi' si avranno nel 2016 circa 1,5 milioni di immatricolazioni, come non si vedeva dal 2008. Il Rapporto Censis conferma il trend digitale degli italiani: ormai in 15 milioni fanno acquisti su internet, e l'home banking e' praticato dal 46,2% degli utenti del web. Infine, uno sguardo a come cambiano "i piani terra" delle nostre citta'. In calo i negozi di abbigliamento, calzature, ferramenta, macellerie. Crescono invece i take away (+37% tra il 2009 e il 2015), i ristoranti (+15,5%), i bar (+10%), le gelaterie e le pasticcerie (+8,2%). Cio' dipende dal fatto che il cibo e' sempre piu' pervasivo nella nostra vita, dal ridotto capitale necessario per avviare queste attivita', e dall'iniziativa degli stranieri nel commercio.
Gli italiani scelgono sempre di piu' la sanita' privata: si spende di piu' (ma con differenze sempre meno marcate rispetto al ticket), ma si risparmia enormemente nei tempi d'attesa: basti pensare che per una colonscopia nel pubblico bisogna aspettare 87 giorni, nel privato appena 8. E' quanto emerge dal rapporto Censis sulla situazione sociale del paese. E' il 42,7% dei cittadini italiani a pensare che la sanita' stia peggiorando, quota che sale al 64% al Sud. Inoltre, il 55,5% considera inadeguato il Servizio sanitario regionale, quota che sale all'82,8% nel Mezzogiorno. Per capire il ricorso al privato, spiega il Censis, va considerato il trade off tra costo e tempi di attesa che, con la capacita' del privato di offrire prestazioni a prezzi sostenibili e la lunghezza delle liste di attesa nel pubblico, si risolve spesso nella scelta dei cittadini di pagare per intero di tasca propria le prestazioni. Ad esempio, per una colonscopia nel privato si spendono 224 euro e si attendono 8 giorni, nel pubblico con il ticket si spendono 56 euro e si attendono 87 giorni; per una risonanza magnetica nel privato si spendono 142 euro e si attendono 5 giorni, con il ticket si pagano 63 euro e si attendono 74 giorni. Costi e tempi di attesa hanno andamenti inversi nel passaggio dal pubblico al privato, poiche' all'aumentare dei costi delle prestazioni nel privato corrisponde una diminuzione dei tempi di attesa e viceversa. Una colonscopia nel privato richiede circa 169 euro in piu' rispetto al pubblico e riduce i tempi di attesa di 74 giorni; per una risonanza magnetica nel privato la spesa e' di 79 euro in piu' con una riduzione dei tempi di attesa di 69 giorni. Tra le persone che hanno effettuato visite specialistiche e accertamenti diagnostici, rispettivamente il 22,6% e il 19,4% ha dovuto attendere perche' privo di alternative. E quando l'attesa c'e' stata, e' stata consistente: in media, 55,1 giorni prima di effettuare una visita specialistica e 46,1 giorni per un accertamento.
Cresce il pregiudizio sui vaccini, complice anche il mondo di Internet, dove 4 genitori su 10 si informano e l'80% di loro trova indicazioni negative. E' quanto emerge dal rapporto Censis sulla situazione sociale del paese. Nonostante i genitori siano in gran parte informati sulle vaccinazioni dai loro pediatri (54,8%), l'accesso alle informazioni attraverso le potenzialita' infinite della rete rappresenta uno degli elementi in grado di impattare in modo piu' dirompente sui nuovi atteggiamenti culturali nei confronti della vaccinazione, dal momento che i genitori tendono a cercare informazioni sul web per decidere se vaccinare o meno i figli (lo fa il 42,8% dei genitori internauti) e in quasi la meta' dei casi si trovano a leggere sui social network articoli sulla vaccinazione. Quasi l'80% ammette di aver trovato informazioni di tipo negativo navigando in internet. Anche il livello di fiducia dei genitori nelle vaccinazioni appare abbastanza articolato: a fronte della quota piu' elevata (35,7%) che ha una posizione apertamente favorevole alle vaccinazioni (pensa che siano utili e sicure), un terzo (32,3%) si esprime a favore solo di quelle obbligatorie e gratuite, dando un peso importante alla garanzia fornita dal Ssn.
Sono 3.167.000 (il 5,5% della popolazione) i non autosufficienti in Italia. Tra questi, le persone con non autosufficienza grave, in stato di confinamento, cioe' costretti in via permanente a letto, su una sedia o nella propria abitazione per impedimenti fisici o psichici, sono 1.436.000. Lo si legge nel rapporto Censis sulla situazione sociale del paese, che segnala come il modello tipicamente italiano di long term care fatto di centralita' della famiglia oggi scricchiola, mostrando crepe che rendono urgente la messa in campo di soluzioni alternative. Infatti, il 50,2% delle famiglie con una persona non autosufficiente (contro il 38,7% del totale delle famiglie) ha a disposizione risorse familiare scarse o insufficienti. Per fronteggiare il costo privato dell'assistenza ai non autosufficienti 910.000 famiglie italiane si sono dovute "tassare" e 561.000 famiglie hanno utilizzato tutti i propri risparmi e/o dovuto vendere la casa e/o dovuto indebitarsi. La prima soluzione e' relativa al salto di qualita' della residenzialita' indispensabile per renderla piu' competitiva rispetto alla soluzione domiciliare. Si stimano in 4,7 milioni gli anziani che sarebbero disponibili ad accettare una soluzione residenziale, a patto che la qualita' sia migliore. In secondo luogo, occorre un mutamento dell'approccio dei cittadini alla non autosufficienza, che oggi viene affrontata solo quando e' conclamata: specificatamente, e' il 30,6% dei cittadini a non pensarci e il 22,7% vedra' il da farsi solo quando accadra'. Il resto della popolazione conta sui risparmi accumulati (26,1%), sul welfare (17,3%) e sull'aiuto dei familiari (17%)
Ripartono i consumi ma si riapre la forbice sociale. E' questa l'analisi tracciata dal Censis nel 49esimo Rapporto sulla situazione sociale del paese. Se infatti per la prima volta dall'inizio della crisi, la quota di famiglie che nell'ultimo anno hanno aumentato la propria capacita' di spesa, risulta superiore a quella delle famiglie che l'hanno invece ridotta (il 25,% contro il 21,3%), d'altro lato, pero', continua a crescere, sfiorando ormai il 20% del totale, il numero di famiglie che non riescono a coprire tutte le spese con il proprio reddito. Circa 5 milioni di famiglie - sottolinea il Censis - hanno difficolta' a far tornare i conti e tra quelle di livello socio-economico basso la percentuale sale al 37,3%. Secondo il Rapporto, comunque, il clima generale "sembra virare in positivo", anche se la grande maggioranza delle famiglie prevede di attestarsi sui livelli di reddito, spesa e risparmi dell'anno precedente.
Ormai tutta la popolazione italiana guarda la televisione, senza pero' disdegnare la radio e aumentano gli utenti dei social network in particolare Facebook, usato da oltre il 50%. Nel 2015, spiega il Censis nel suo rapporto sullo Stato sociale del Paese, ha una quota di telespettatori vicina alla totalita' della popolazione (il 96,7%). In aumento l'abitudine a usare i nuovi device: +1,6% di utenza rispetto al 2013 per la web tv, +4,8% per la mobile tv, mentre le tv satellitari si attestano a una utenza complessiva del 42,4% e il 10% degli italiani usa la smart tv che si puo' connettere alla rete. Se la tv spadroneggia, la radio non e' da meno confermandosi con larghissima diffusione di massa (l'utenza complessiva corrisponde all'83,9% degli italiani), con l'ascolto per mezzo dei telefoni cellulari (+2%) e via internet (+2%) ancora in ascesa. Continuano ad aumentare gli utenti di Internet (+7,4%), raggiungendo una penetrazione del 70,9% della popolazione italiana. Le connessioni mobili mostrano una grande vitalita', con gli smartphone forti di una crescita a doppia cifra (+12,9%) che li porta oggi a essere impiegati regolarmente da oltre la meta' degli italiani (il 52,8%), e i tablet praticamente raddoppiano la loro diffusione e diventano di uso comune per un italiano su quattro (26,6%). Sempre piu' italiani sui social network, che vedono primeggiare Facebook, frequentato dal 50,3% dell'intera popolazione e addirittura dal 77,4% dei giovani under 30, mentre Youtube raggiunge il 42% di utenti (il 72,5% tra i giovani) e il 10,1% degli italiani usa Twitter
Al tempo stesso, non si inverte il ciclo negativo per la carta stampata, che non riesce ad arginare le perdite di lettori: -1,6% per i quotidiani, -11,4% per la free press, stabili i settimanali e i mensili, mentre sono in crescita i contatti dei quotidiani online (+2,6%) e degli altri portali web di informazione (+4,9%). Non e' favorevole l'andamento della lettura dei libri (-0,7%): gli italiani che ne hanno letto almeno uno nell'ultimo anno sono solo il 51,4% del totale, e gli e-book contano su una utenza ancora limitata all'8,9% (per quanto in crescita: +3,7%). Tra i giovani la quota di utenti della rete arriva al 91,9%, mentre e' ferma al 27,8% tra gli anziani. L'85,7% dei primi usa telefoni smartphone, ma lo fa solo il 13,2% dei secondi. Il 77,4% degli under 30 e' iscritto a Facebook, contro appena il 14,3% degli over 65. Il 72,5% dei giovani usa Youtube, come fa solo il 6,6% degli ultrasessantacinquenni. I giovani che guardano la web tv (il 40,7%) sono un multiplo significativo degli anziani che fanno altrettanto (il 7,1%). Il 40,3% dei primi ascolta la radio attraverso il telefono cellulare, dieci volte di piu' dei secondi (4,1%). E mentre un giovane su tre (il 36,6%) ha gia' un tablet, solo il 6% degli anziani lo usa. In picchiata il settore delle tv locali che deve fronteggiare una triplice torsione: grave flessione dei ricavi pubblicitari, consistente riduzione dei contributi pubblici, rilevante calo degli ascolti. I ricavi complessivi, dopo essere cresciuti in modo costante nella precedente fase espansiva, hanno subito un crollo, passando dai 223 milioni di euro del 1996 ai 335 milioni del 2000, fino a salire ai 647 milioni del 2006, per poi cominciare a calare significativamente, fino ai 409 milioni del 2013 (-15% rispetto all'esercizio precedente). Il calo della raccolta pubblicitaria (passata da 390 milioni di euro nel 2011 a 329 milioni nel 2012, poi a 287 milioni nel 2013) ha inciso profondamente sulle perdite totali, rappresentando piu' del 70% delle risorse totali. I contributi pubblici, lievitati nel corso della prima parte degli anni 2000 fino a raggiungere i 161,8 milioni di euro nel 2008, si sono poi progressivamente ridotti, attestandosi per l'anno 2013 su una cifra pari a 56,9 milioni di euro, con una flessione del 20,4% rispetto all'anno precedente. Non mancano preoccupazioni sul fronte dell'occupazione. Il numero dei dipendenti si era mantenuto sostanzialmente stabile nel periodo 2009-2011 (compreso tra 5.000 e 5.200 addetti), ma nel 2013 si e' ridotto del 14,3%: 630 unita' in meno.
Aumenta la credibilita' dei nuovi media e ai mezzi di informazione, si chiede soprattutto l'uso di un linguaggio chiaro e comprensibile. Lo dice il Censis nel suo rapporto sullo Stato Sociale del Paese. Per gli italiani dunque, i mezzi di informazione che negli ultimi anni hanno incrementato la loro credibilita' sono stati proprio i nuovi media: per il 33,6% e' aumentata quella dei social network, per il 31,5% quella delle tv all news, per il 22,2% e per il 22% rispettivamente quella dei giornali online e degli altri siti web di informazione. Un mezzo di informazione, per essere credibile deve avere prima di tutto un linguaggio chiaro e comprensibile, apprezzato dal 43,8% della popolazione. Seguono l'indipendenza dal potere (36,1%) e la professionalita' della redazione (32,8%). Completano la ricetta della credibilita' altri ingredienti fondamentali: l'aderenza oggettiva ai fatti (31,7%) e la rapidita' di aggiornamento delle notizie (31,1%)
Vola la spesa per i consumi tecnologici: tra il 2007, l'anno prima dell'inizio della crisi, e il 2014, la voce "telefonia" ha piu' che raddoppiato il suo peso nelle spese degli italiani (+145,8%), superando i 26,8 miliardi di euro nell'ultimo anno, mentre nello stesso arco di tempo i consumi complessivi flettevano del 7,5%, la spesa per l'acquisto dei libri crollava del 25,3%, le vendite giornaliere di quotidiani passavano da 5,4 a 3,7 milioni di copie (-31%). Lo dice il Censis nel suo rapporto sullo stato sociale del Paese. Gli italiani hanno evitato di spendere su tutto, ma non sui media connessi in rete, perche' grazie ad essi hanno aumentato il loro potere di disintermediazione che significa anche risparmio. Usare internet per informarsi, per prenotare viaggi e vacanze, per acquistare beni e servizi, per guardare film o seguire partite di calcio, per svolgere operazioni bancarie o entrare in contatto con le amministrazioni pubbliche, ha significato spendere meno soldi, o anche solo sprecare meno tempo: in ogni caso, guadagnare qualcosa. Gli utenti di internet si servono sempre di piu' di piattaforme telematiche e di provider che consentono loro di superare le mediazioni di soggetti tradizionali. Si sta cosi' sviluppando una economia della disintermediazione digitale che sposta la creazione di valore da filiere produttive e occupazionali consolidate in nuovi ambiti. La ricerca in rete di informazioni su aziende, prodotti, servizi coinvolge il 56% degli utenti del web. Segue l'home banking (46,2%) e un'attivita' ludica come l'ascolto della musica (43,9%, percentuale che sale al 69,9% nel caso dei piu' giovani). Fa acquisti su internet ormai il 43,5% degli utenti del web, ovvero 15 milioni di italiani. Guardare film (25,9%, percentuale che sale al 46% tra i piu' giovani), cercare lavoro (18,4%), telefonare tramite Skype o altri servizi voip (16,2%) sono altre attivita' diffuse tra gli utenti di internet.
E' "netta" la crescita delle libere professioniste in Italia ma alle prese con un welfare carente. Secondo il 49esimo rapporto del Censis sulla situazione sociale del paese, tra il 2008 e il 2014 si e' registrato un saldo positivo di 100 mila occupate. Ma il 42,7% di quante si sono trovate in una situazione critica (problemi di salute, responsabilita' familiari, maternita') ha dovuto ridurre l'attivita' e il 18,8% ha smesso di lavorare. "La sfida cui oggi e' chiamato il mondo libero-professionale - sottolinea il Censis - e' di rafforzare le tutele e gli strumenti di assistenza a sostegno dei lavoratori, in particolare dell'universo femminile
Cyberbullismo, giochi online potenzialmente pericolosi, rischi di essere adescati sessualmente, spinti verso qualche forma di disturbo alimentare o di restare vittima di proselitismo religioso o terroristico. Sono i pericoli che gli studenti corrono quotidianamente e contro i quali la scuola deve impegnarsi. Il Rapporto Censis, presentato oggi, evidenzia tuttavia che i ragazzi sono esposti a insidie virtuali come reali, e solo per il 17,7% Internet rappresenta quella piu' pericolosa. Dirigenti scolastici e Polizia Postale, interpellati in proposito, sottolineano che il rischio di un uso improprio di Internet si verifica per il 90,2% a casa, e per il 9,6% nei luoghi del tempo libero. La scuola, invece, e' considerata un luogo sicuro e solo lo 0,2% la pensa diversamente. Rendere i genitori consapevoli della gravita' dell'accaduto rappresenta la principale difficolta' incontrata nella gestione dei casi critici (58,5%). Le forze di polizia risultano essere i principali attori di supporto, seguiti dalle istituzioni scolastiche che hanno organizzato incontri con i genitori su Internet e i nuovi media. Il 51,2% degli intervistati lamenta che nell'offerta di formazione e aggiornamento loro destinata non sia dato uno spazio sufficiente alle tematiche dei rischi di Internet per i minori.
Riguardo all'alternanza scuola-lavoro, una delle novita' della legge sulla 'buona scuola', il Censis si chiede se davvero questa rappresenti "un'opportunita' per tutti": i percorsi finora realizzati hanno coinvolto al massimo in un anno, poco piu' di 200.000 studenti (il 10,3%) del totale) e hanno avuto una durata media di circa 70-80 ore. La platea e' oggi molto piu' ampia: piu' di 500.000 iscritti al terzo anno di studi solo nell'anno scolastico 2015-2016 e, nel prossimo triennio, circa 1,5 milioni di studenti cui dovranno essere garantite almeno 400 ore di percorso nei tecnici e nei professionali, e almeno 200 ore nei licei. I dirigenti consultati hanno comunque messo in evidenza che "l'introduzione dell'alternanza avrebbe bisogno di tempi piu' lunghi, in quanto comporta una profonda rivisitazione dell'organizzazione scolastica". Il capitolo donne straniere, infine, rivela una realta' sorprendente: le straniere di eta' superiore ai 15 anni, detengono un diploma secondario o post-secondario nel 41,1% dei casi, a fronte del 33,5% delle italiane. Il 15,5% delle straniere con titolo di studio terziario svolge lavori non qualificati (contro lo 0,2% delle italiane), e la percentuale sale al 19,1% tra le straniere che provengono dai Paesi extracomunitari
Boom di dirigenti e calo degli impiegati. Le previsioni contenute nel 49esimo Rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese, indicano un incremento del 68% dei dirigenti nel 2025 e una flessione degli impiegati dell'1,2%. In aumento le professioni intellettuali e scientifiche (+23%) e quelle tecniche intermedie (+18%); il lavoro nel terziario e nell'agricoltura, cosi' come il lavoro artigiano e operaio, mostrerebbero una sostanziale riduzione, con variazioni che raggiungono il 23% in ambito agricolo.
In Italia il numero di utenti di internet che interagiscono via web con gli uffici pubblici attraverso la restituzione di moduli compilati online e' ancora insoddisfacente (solo il 18%), sia nel confronto con la media dell'Ue (che si attesta al 33%), sia perche' e' cresciuto di appena un punto percentuale rispetto all'anno precedente. Lo dice il Censis nel suo rapporto sullo Stato Sociale del Paese. Anche se si considera l'intero ventaglio dei portali internet delle amministrazioni pubbliche, il nostro Paese dimostra comunque un ritardo nel panorama europeo: ha avuto contatti con la Pa il 36% degli internauti italiani, una percentuale inferiore di almeno 20 punti rispetto ai francesi (74%), ai tedeschi (60%) e agli inglesi (56%).
Tra le operazioni piu' frequenti figurano il pagamento delle tasse (26,3%), l'iscrizione a scuole superiori e universita' (21,4%), l'accesso ai circuiti bibliotecari (16,9%). Un basso tasso di utilizzo si registra, invece, con riferimento alle pratiche degli uffici anagrafici, visto che si va dal 10,2% di cittadini digitali che richiedono documenti personali (come la carta di identita' o il passaporto) all'esiguo 1,9% di coloro che dichiarano di aver effettuato online il cambio di residenza, mentre la richiesta di certificati riguarda il 6,5% degli italiani che usano internet. Il ricorso al canale digitale non e' significativo nemmeno per la richiesta di prestazioni di previdenza sociale (sussidio di disoccupazione, pensionamento, assegni per figli a carico, ecc.), attivato solo dall'11,9% degli utenti di internet. Infine, la sanita' digitale rimane ancora indietro, se solo il 16,7% degli utenti del web ha prenotato online visite mediche e il 10,6% accertamenti diagnostici. E risulta ancora molto limitato anche l'accesso al fascicolo sanitario elettronico (7,6%). Ma almeno sorprende positivamente che l'esperienza di fruizione degli sportelli pubblici online non lascia una impressione negativa nell'utenza. Infatti, solo il 9,9% degli utenti di internet che si sono relazionati online con la Pubblica Amministrazione si lamenta per la mancata assistenza, solo il 19,6% segnala disguidi tecnici, solo il 22,9% dichiara di aver trovato informazioni poco chiare o non aggiornate
E' Papa Francesco il fenomeno mediatico globale dell'anno. Lo dice il Censis nel suo rapporto sullo Stato Sociale del Paese. Interrogati su quali siano i punti di forza del cattolicesimo, i residenti di Roma hanno indicato proprio il carisma di Bergoglio al primo posto (con il 77,9% delle risposte), prima ancora del messaggio d'amore e di speranza della religione. Anche la rilevazione del Pew Research Center e' inequivocabile: nel corso del suo primo anno di pontificato, Papa Francesco precede in graduatoria, per numero di citazioni nelle news digitali statunitensi, la candidata alla presidenza Usa Hillary Clinton e leader di fama mondiale del calibro di Putin e Merkel.
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