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Pubblicato il 09/09/2016 23:11

Salgono del 7,3% i licenziamenti nel secondo trimestre

E' quanto emerge dai dati del Sistema informativo delle comunicazioni obbligatorie (Sisco) diffusi oggi dal ministero del Lavoro

Salgono del 7,3% i licenziamenti nel secondo trimestre rispetto al 2015. -29,4% per i contratti a tempo indeterminato. Piemonte in prima posizione per posti persi. E' quanto emerge dai dati del Sistema informativo delle comunicazioni obbligatorie (Sisco) diffusi oggi dal ministero del Lavoro. Rispetto ai dati Istat, sono qui ricomprese le attivazioni e le cessazioni di tutti i rapporti di lavoro, compresi il lavoro domestico e quello agricolo, la pubblica amministrazione e le collaborazioni. Un panorama quindi molto più vasto, che conferma le tendenze di fondo della nostra economia che vede allontanarsi la ripresa. Pur essendo il saldo tra attivazioni e cessazioni positivo per 256.895 unità, dei 2.454.757 di attivazioni solo il 16% sono a tempo indeterminato. In termini assoluti il calo è del 12,1%, ulteriore conferma di come i risultati del 2015 fossero legati a doppio filo agli incentivi fiscali per le assunzioni. Al contrario gli incentivi previsti per il 2016 non stanno avendo gli effetti di lungo termine auspicati. A calare sono soprattutto le assunzioni femminili, con cali del 15,9% rispetto all'8,5% per i maschi. Inoltre, solo il 13,35 delle assunzioni ha riguardato l'industria, contro il 72% dei servizi ed il 14,8% nell'agricoltura. L'analisi della dinamica dei contratti, rispetto al secondo trimestre del 2015. Passando alle cessazioni, nel secondo trimestre sono state 2.197.862 in diminuzione del 12,4% rispetto al 2015, pari a -312.171 unità in meno. La contrazione riguarda il settore dei servizi (-14,9%), l'industria in senso stretto (-13,1%) e le costruzioni (-11,1%). All'opposto si registrano incrementi nel settore dell'agricoltura (+5,7%). L'analisi per tipologia contrattuale mostra una prevalenza del numero di cessazioni dei rapporti a tempo determinato (65,5%), ma è significativo come le cessazioni dei contratti a tempo indeterminato siano ben il 21,4% del totale pari a 470.561 unità, a fronte di attivazioni pari al 16%. Non solo, è in calo del 10% quindi molto sotto la media complessiva delle cessazioni, conferma di una precarizzazione anche in uscita. Losi evince anche dai dati sulla durata dei contratti terminati. Ben 796.062 di questi hanno avuto una durata inferiore al mese (il 36,2% del totale) e 371.627 oltre l'anno (16,9% del totale). Tra i rapporti di lavoro cessati di brevissima durata si evidenziano 437.914 rapporti di lavoro con durata compresa tra 1 e 3 giorni (di cui 316.608 rapporti di lavoro di un giorno, pari al 14,4% del totale). Sono stante invece ben 712.992 le cessazioni di rapporti di lavoro con durata compresa tra 3 e 12 mesi, equivalenti al 32,4% del volume complessivamente registrato. Ben 371mila le cessazioni per contratti oltre i 12 mesi. I dati forniti dal ministero del Lavoro, segnalano che i rapporti di lavoro terminati alla naturale scadenza sono stati 1.433.114 unità (-13,1% rispetto a 2015). Le dimissioni sono calate del 23,9% a quota 293.814. Giù anche i pensionamenti, -41,4% a quota 13.924, le conclusioni contrattuali per cessata attività sono scese del 10,3%, mentre aumenta solamente il numero dei licenziamenti. Nel secondo trimestre sono stati 221.186, 15.264 in più rispetto al 2015, in crescita del 7,4% con un picco del 9,8% tra gli uomini. Guardando infine alla distribuzione geografica di queste dinamiche, rispetto al dato nazionale pari a -12,1%, le regioni che presentano cali più sostenuti nelle attivazioni sono il Piemonte con un calo del -19,9%, il Lazio (-18,3%), il Friuli Venezia Giulia (-17,4%), l'Abruzzo (-17,3%) e il Molise (-17,2%). Le regioni con più cessazioni sono Lazio (347.386 unità), Lombardia (333.612) e Puglia (243.130).

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