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Pubblicato il 13/01/2016 09:09

Unimpresa, a rischio poverta' 9,5 milioni di italiani

Oltre 9,5 milioni di italiani non ce la fanno e sono a rischio poverta': e' sempre piu' estesa l'area di disagiosociale che non accenna a restringersi. Da settembre 2014 a settembre 2015 altre 283mila persone sono entrate nel bacino dei deboli in Italia: complessivamente, adesso, si tratta di 9 milioni e 533 mila soggetti in difficolta'. Il totale del'area di disagio sociale, calcolata dal Centro studi di Unimpresa sulla base dei dati Istat, oggi comprende dunque 9,53 milioni di persone, in aumento rispetto a un anno fa di 283mila unita' (+3,1%). Ai "semplici" disoccupati vanno aggiunte ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi. Si tratta di un'enorme "area di disagio": agli oltre 3 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (740mila persone) sia quelli a orario pieno (1,83 milioni); vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (821mila), i collaboratori (346mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,68 milioni). Questo gruppo di persone occupate - ma con prospettive incerte circa la stabilita' dell'impiego o con retribuzioni contenute - ammonta complessivamente a 6,43 milioni di unita'. Il deterioramento del mercato del lavoro non ha come conseguenza la sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici. Una situazione solo parzialmente migliorata dalle agevolazioni offerte dal Jobs Act. Di qui l'estendersi del bacino dei "deboli". 

 Il dato sui 9,53 milioni di persone e' relativo al terzo trimestre del 2015 e complessivamente risulta in aumento del 3,1% rispetto al terzo trimestre del 2014, quando l'asticella si era fermata a 9,25 milioni di unita': in un anno quindi 283mila persone sono entrate nell'area di disagio sociale. Nel terzo trimestre del 2014 i disoccupati erano in totale 3,10 milioni: 1,59 milioni di ex occupati, 626mila ex inattivi e 884mila in cerca di prima occupazione. A settembre 2015 i disoccupati risultano complessivamente stabili. In lieve crescita di 3mila unita' (+0,2%) gli ex occupati, mentre salgono di 6mila unita' (+1,0%) gli ex inattivi; aumento compensato dal calo di quanti sono in cerca di prima occupazione, diminuiti di 9mila unita' (-1,0%). In netto aumento il dato degli occupati in difficolta': erano 6,14 milioni a settembre 2014 e sono risultati 6,14 milioni a settembre scorso. Una crescita dell'area di difficolta' che rappresenta un'ulteriore spia della grave situazione in cui versa l'economia italiana, nonostante alcuni segnali di miglioramento: anche le forme meno stabili di impiego e quelle retribuite meno pagano il conto della recessione, complice anche uno spostamento delle persone dalla fascia degli occupati deboli a quella dei disoccupati. I contratti a temine part time sono aumentati di 43mila unita' da 697mila a 740mila (+6,2%), i contratti a termine full time sono cresciuti di 126mila unita' da 1,71 milioni a 1,83 milioni (+7,4%), i contratti a tempo indeterminato part time sono cresciuti del 4,9% da 2,55 milioni a 2,68 milioni (+126mila). Scendono i contratti di collaborazione (-26mila unita') da 372mila a 346mila (-7,0%) e risultano in lieve aumenti gli autonomi part time (+1,7%) da 807mila a 821mila (+14mila).

"Alle famiglie e alle imprese finora sono arrivati pochi fondi e mal distribuiti. Offriamo al governo, ai partiti e alle istituzioni, i numeri e gli argomenti su cui ragionare per capire quanto sono profonde la crisi e la recessione nel nostro Paese: il 2015 si e' chiuso con una crescita del pil, ma e' troppo modesta e c'e' ancora molto da fare e la ripresa deve essere piu' consistente" commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. "Puo' apparire anomalo - aggiunge Longobardi - che un'associazione di imprese analizzi il fenomeno dell'occupazione, quasi dal lato del lavoratore. Ma per noi la persona e la famiglia sono centrali da sempre, perche' riteniamo che siano il cuore dell'impresa. Bisogna poi considerare che l'enorme disagio sociale che abbiamo fotografato ha conseguenze enormi nel ciclo economico: piu' di 9 milioni di persone sono in difficolta' e questo vuol dire che spenderanno meno, tireranno la cinghia per cercare di arrivare a fine mese. Tutto cio' con effetti negativi sui consumi, quindi sulla produzione e sui conti delle imprese". Secondo il presidente di Unimpresa "serve maggiore attenzione proprio alla famiglia da parte del governo".

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