Il Tribunale militare di Roma ha condannato all'ergastolo Alfred Stork, ex nazista tedesco 90enne, per avere preso parte alle fucilazioni di 120 ufficiali italiani della divisione Acqui sull'isola greca di Cefalonia nel settembre del 1943. Si tratta della prima condanna in Italia per i massacri di Cefalonia, dopo che in altri casi gli imputati sono morti o non c'è stata condanna per assenza di prove. Il pubblico ministero, il procuratore militare Marco De Paolis, ha riferito che l'imputato Stork è stato condannato in contumacia
Alfred Stork, il nazista 90enne, oggi condannato dal Tribunale militare di Roma, ora vive in Germania ed è stato riconosciuto come uno dei nazisti che il 23 settembre 1943 uccise 120 ufficiali italiani, tra cui la divisione del generale Antonio Gardin. Il procuratore militare Marco De Paolis ha detto di aver cominciato le indagini nel 2009 su richiesta dei figli di due vittime. Già nel 2000 era stata aperta un'inchiesta, poi fallita, che vedeva 80 indagati. De Paolis ha anche ritenuto inutile presentare richiesta di estradizione per Stork alla Germania, in quanto il Paese si è già rifiutato in passato di consegnare i propri cittadini anche quando si trattava di criminali nazisti.
Giovanni Capanna, 90 anni, bevevano nel magazzino e scappai (ANSA) - PESCARA, 18 OTT - ''Bono, mi fa piacere'', Cosi' Giovanni Capanna, 90enne aquilano residente a Teramo, un autista del 17 reggimento fanteria dell'Acqui e reduce della tragedia di Cefalonia, alla notizia della condanna all'ergastolo del caporale tedesco Stork. Poi ammette che ''Paradossalmente mi salvarono i tedeschi a me: dopo i primi eccidi s'erano quasi calmati, li accompagnai al magazzino viveri e sparirono dentro a bere... Sentii che cantavano, ubriachi, e allora me la squagliai rifugiandomi in una famiglia di greci''. Come autista si porta dietro il ricordo di un viaggio dal suo deposito con il camion pieno di ufficiali italiani che poi verranno fucilati dai tedeschi ''non riuscii a parlare con nessuno di quegli sventurati'', e' il suo rammarico. Dopo le tremende giornate delle rappresaglie dei tedeschi Capanna, quando finirono gli eccidi, Giovanni riusci' allo scoperto e si consegno' nel campo di concentramento organizzato ad Argostoli nella caserma Mussolini, ma a salvarlo veramente fu proprio la sua qualifica di autiere: i tedeschi lo prelevarono perche' avevano bisogno di specialisti. ''Ci chiamavano traditori, ribelli, i tedeschi - continua Capanna - ma noi ci siamo difesi. Dopo le fucilazioni c'erano tanti morti nostri per le strade e non ce li facevano toccare, perche' avevamo tradito. Noi avevamo tradito, e invece avevamo fatto solo la guerra. Poi quando mi rifiutai di lavorare per loro, nel '44 mi portarono a Patrasso in Grecia sul continente, ma scappai e mi misi a fare il partigiano coi greci in montagna''. Il tutto fino al novembre del '44 quando trovo' i mezzi per tornare in Italia sbarcando ''come un clandestino'', rivela, a Taranto. Agente di polizia nel dopoguerra Capanna ricorda con affetto la famiglia greca che lo salvo' ''I Kalafatis, Giovanni e Antonio, con cui ci siamo sentiti spesso in questi anni. Purtroppo Antonio e' morto lo scorso anno, ma siamo di casa da loro - racconta - Nel museo della tragedia a Cefalonia ci sono tre foto mie. Ora, anche se la guerra non mi e' mai piaciuta, posso dire che coi tedeschi, quelli di oggi, non ce l'ho piu', ma con quelli di prima, quelli di Cefalonia si'''
© Riproduzione riservata
Utenti connessi: 1
Condividi: