Il lavoro sommerso incide per il 32% nel comparto agricoltura italiano. Il dato si riferisce ai primi sei mesi del 2014. Lo riferisce l'indagine #Sottoterra, commissionata e pubblicata da Uila, Unione italiana lavori agroalimentari, e Eurispes. Il dato percentuale e' in peggioramento: 27,5% nel 2011, 29,5% nel 2012, 31,7% nel 2013. Secondo il segretario generale della Uila Stefano Mantegazza, "i dati della ricerca mostrano che il lavoro nero e irregolare rappresenta per l'Italia, molto piu' che per gli altri paesi europei, una realta' grave e di ampia dimensione con la quale il Paese deve fare i conti e deve farli in fretta. Non possiamo permetterci di presentarci all'appuntamento di Expo 2015 con un'agricoltura che nel definirsi 'di qualita'', nasconde dietro di se' un'incidenza di oltre il 30% di lavoro nero o irregolare".
"Occorre - continua Mantegazza - che governo e parlamento diano un segnale forte e chiaro in tal senso, trasformando in legge la proposta unitaria di Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil, che mira a realizzare una 'rete del lavoro agricolo' per promuovere e gestire l'incontro domanda-offerta di lavoro in un quadro di trasparenza e incentivazione per le imprese virtuose". I dati del rapporto sono sintomatici rispetto al momento di crisi vissuto dal mondo del lavoro italiano: l'economia sommersa nel nostro Paese ha generato a partire dal 2007 almeno 549 miliardi di euro l'anno. Al Mezzogiorno, le unita' di lavoro non regolari superano il 25% del totale, con Campania e Calabria in testa. La maggior parte di questi e' formata da stranieri, ma non mancano operai italiani giunti nelle campagne dopo chiusure di fabbriche e aziende o licenziamenti improvvisi
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