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Pubblicato il 09/11/2012 10:10

Musica, introspezione e sperimentazione

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di Giulia Grilli

Ci si aspetta sempre che i musicisti abbiano una personalità esuberante, ma incontrare Andrea Gabriele, trentunenne di Città Sant’Angelo,  ha stravolto questa convinzione. Una grande sensibilità, la tendenza alla sperimentazione e all’introspezione si riflettono completamente nel suo modo di esprimere l’arte.

Andrea non compone solo musica, da quella sperimentale alla dance,  ma è anche un sound designer per video, mostre, eventi, pubblicità, installazioni e radio. “Il design del suono è come quello di una casa o di una sedia. In questo momento, ad esempio, sto lavorando ad un videogioco e sto creando il sottofondo, i suoni collegati al personaggio principale, oppure quelli dei pulsanti, del game over. È un’attività  più o meno interessante, dipende dalle occasioni”.

La sua discografia contiene una cinquantina di progetti dal 2001 ad oggi, tra collaborazioni, album, remix con etichette discografiche in Europa, Stati uniti e Giappone. Ha lavorato per marchi come BMW, RAI, Vodafone, Breil, Heinekein, Samsung, Pirelli e tanti altri.

Andrea ha iniziato a suonare all’età di 12 anni, prendendo lezioni di basso da un amico di famiglia tra le note di brani jazz e bossa nova. Ben presto, la sua vena creativa lo ha spinto ad ascoltare suoni diversi, a fare esperimenti musicali con nastri e cassette. Il suo primo gruppo, formato con alcuni amici, si chiamava Tu m’. Il loro album è uscito nel 2001 con un’etichetta underground italiana.

 

Qual’è stato il passo successivo alla formazione di un gruppo?

 

Io ho sempre suonato, perché la passione è molto forte. Con la fine dei Tu m’ sono passato ad altri gruppi, e poi, un disco tira l’altro. Oggi seguo molti progetti. Ho capito che la musica è una rete di relazioni. Inizialmente spedivo le mie produzioni a persone che suonavano ciò che ritenevo interessante. In realtà funziona così: ami fare barattoli di vetro? Ne fai uno e lo mandi a chi fa barattoli di vetro che ti piacciono, chiedendogli: ti piace il mio barattolo di vetro? E lui risponderà: si, ma potresti migliorare. Dopo un anno gli rimandi il nuovo barattolo di vetro facendogli sempre la stessa domanda e lui risponderà: bravo, è un bel barattolo, adesso ti presento un mio amico che vende barattoli. Così è stato per me. Prima spedivi il tuo cd e avevi quasi sempre un riscontro. Adesso, troppe persone inviano e mail con mp3 o link e la risposta automatica è una sola, la cancellazione del messaggio.

 

Qual è il tuo genere musicale?

 

L’elettronica è un mezzo, non è un genere. È un po' come chiedermi: per dipingere usi il pennello o il dito? Non è importante, sono i contenuti ad avere un peso. I miei sono sempre molto personali e intimi. Io non so che musica faccio. Quando qualcuno me lo chiede, rispondo: musica bellissima! Se compongo un pezzo c’è sempre un motivo, comprensibile al massimo dal titolo. È  la vita che mi influenza. I lavori per commissione, ovviamente, sono tutta un’altra cosa.

 

E quali sono i tuoi lavori per commissione?

 

Sono quelli in cui mi si chiede lo svolgimento di un lavoro dandomi delle indicazioni. Ad esempio, sono stato contattato per una mostra organizzata da Pirelli alla Triennale di Milano, e ho collaborato con un amico regista, Claudio Sinatti. Ho composto e suonato con un’arpista e una flautista in una sfilata per un’azienda di Montezemolo in cui dovevo ricreare un’atmosfera fiabesca e magica. Il primissimo lavoro credo risalga al 2003, per il marchio di jeans Gas che scelse la mia musica per l’inaugurazione di un nuovo negozio. Da due anni mi occupo anche di sottofondi. Per fare un esempio, la base musicale del programma radiofonico Babylon su Radio Due con Carlo Pastore è un mio lavoro. Pensavo che la musica per le pubblicità, video e radio non servisse, e invece la percezione di chi ascolta è fortissima.

 

I tuoi ultimi progetti?

 

Quest’anno sono uscite 3 o 4 produzioni: un disco con i Clap Rules, due dischi di remix di ep precedenti, e uno con Marco Mazzei con un progetto dance chiamato Agio. Spero di lanciare, tra un mese, un progetto al quale sto lavorando da un anno e mezzo. Non è un disco, e si chiama “Biografia di te”. È una collaborazione partita con diversi amici e si concretizza in un libro e in sette video che compongono un unico lavoro. Se normalmente parto da una domanda per comporre un pezzo, questa volta ho scritto tutti i miei pensieri. Solo in seguito mi sono chiesto: perché faccio musica? E ho capito che la risposta è: per diffondere affetto. Mi piace indagare sulla mia mente e sulla mente degli altri. Il libro conterrà delle poesie tratte dai miei scritti, e saranno recitate nei video. Biografia di te è stato un lavoro che mi ha permesso di pensare moltissimo. Le domande che mi sono posto girano attorno al mondo che mi circonda. Per un anno ho chiesto sfacciatamente alle persone “qual è la soluzione all’amore?”. Qualcuno ha risposto subito, altri mi hanno detto “in che senso?”. Per scoprire i risultati che ho raggiunto dovrete aspettare, non voglio dare anticipazioni. Spero che tutte le mie ricerche portino anche gli altri a riflettere.

 

Parli spesso della percezione del suono, perché?

 

La musica va concepita in un spazio specifico e in un determinato momento. Ascoltare un pezzo di dance ora a volume bassissimo non avrebbe senso. Il contesto influisce sulla percezione. Ci sono anche delle sfumature psicologiche in questo discorso, ma in realtà ho compreso che la percezione visiva ha un’influenza totalmente diversa sulla psiche rispetto a quella uditiva. L’immagine ha un potere fortissimo rispetto agli effetti di una sonorità in Re o in Sol.

 

La musica è il tuo unico lavoro?

 

No, faccio anche il programmatore per un’azienda statale. Ho iniziato poco dopo la nascita di mia figlia, sei anni fa. Credo di essere l’unica persona che rifiuta l’assunzione ogni anno. Io non voglio fare quel lavoro a tempo pieno, sono un programmatore poche ore a settimana. Preferisco la musica. È troppo facile essere un lavoratore dipendente, quindi è difficile mollare quel posto. Devi fare solo quello che ti dicono gli altri, non devi inventare nulla. In realtà si può vivere benissimo di musica, devi solo lavorare come un pazzo ed essere un po’ fortunato.

 

Qual è la tua definizione di musica?

 

Ho studiato tantissimo, e la letteratura in merito è davvero lunga e anche molto interessante. Io sono affezionato alla definizione di Luciano Berio: la musica è tutto ciò che vuoi ascoltare… 

 

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