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Pubblicato il 20/04/2013 16:04

Il cohousing vince il disagio psichico

laboratorio incontro

Da cinque anni Donatella, Cinzia e Maria condividono un appartamento nel cuore di Montesilvano, in provincia di Pescara. Mangiano insieme, fanno le pulizie, invitano gli amici e i vicini per un caffe'. Una vita normalissima, che per loro rappresenta pero' un grande traguardo.

Tutte e tre hanno infatti un disagio psichico (schizofrenia, disturbi del comportamento, sindrome depressiva) e la loro coabitazione rientra in un progetto sperimentale portato avanti dalla Caritas diocesana di Pescara dal titolo "Piccole donne" e presentato al convegno nazionale della Caritas, che sie' concluso ieri,come una delle best practice, portate avanti sul territorio.

Il cohousing ha preso il via nel 2008 da un lavoro portato avanti dall'osservatorio della provincia e dal centro diurno "Laboratorio incontro". "I ragazzi con disagio psichico una volta finita la riabilitazione psichiatrica devono rientrare nella societa', ma spesso questo vuol dire ritornare nella famiglia d'origine e ripristinare alcune dinamiche che hanno fatto scaturire i loro problemi - spiega la responsabile del progetto Adelaide D'Amico - succede quindi che molti di loro finiscano in clinica. Parlando e interagendo con gli psichiatri abbiamo, invece, pensato di sperimentare questo progetto di coabitazione con tre donne".

L'unico requisito richiesto e' stata un'autonomia nella gestione dei farmaci e nella cura del se'. Le tre ragazze, infatti, gestiscono la casa come se fossero normali coinquiline: pagano l'affitto, si dividono le pulizie, cucinano insieme e possono invitare qualcuno a trovarle. I volontari della Caritas le supportano e le contattano ogni giorno per sapere se hanno bisogno d'aiuto, mentre una volta alla settimana si fa una verifica generale. "Tra loro si sono sviluppate le normali dinamiche che si rintracciano in qualsiasi gruppo di donne con annessi e connessi - aggiunge D'Amico - Inizialmente faticavano ad ambientarsi e a capire cosa andavano a fare, perche' erano abituate a una vita assistita, ma ora, a distanza di tempo, si vedono degli evidenti miglioramenti nella gestione della patologia. Anche le crisi, che prima venivano affrontate con il ricovero, sono state contenute, per quanto possibile, all'interno dell'appartamento con l'aiuto degli psichiatri. E in generale, i momenti critici sono notevolmente diminuiti".

La responsabile del progetto sottolinea inoltre che, dopo un'iniziale diffidenza, le tre ragazze sono state adottate dal quartiere: "e' considerato un appartamento come gli altri e molti vicini vanno a trovarle anche solo per un caffe' al pomeriggio".

Il progetto e' per ora ancora in fase sperimentale, perche' spiega D'Amico: "Per le persone con disagio psichico i tempi di miglioramento sono lunghi. Ma stiamo gia' pensando a replicarlo, almeno sul territorio provinciale". L'obiettivo finale e' quello di un "pieno reinserimento nella societa' e di una completa autonomia della persona. La vita comune favorisce relazioni sociali nuove - continua - una di loro ha una borsa lavoro, mentre tutte sono comunque impiegate in attivita' di volontariato, una forma di impegno che le aiuta molto".

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