Nessun identikit ritagliato su misura, salvo il requisito di autorevolezza e condivisione "piu' larga possibile", meno che meno un nome. Matteo Renzi domani, alla direzione del Pd, non ha intenzione di scoprire carte sul suo candidato al Quirinale. Davanti a fedelissimi e alla minoranza del partito, il premier mettera' tutti davanti alla portata della sfida. "Non possiamo ripetere gli errori del 2013", sara' la chiamata all'unita' del leader dem in una situazione tutt'altro tranquilla sia dentro il Pd sia nella trattativa che si apre con Fi per un'intesa sul nome. Che la matassa sia tutta da sbrogliare, cosi' come restano incerti i numeri dei Grandi Elettori, si capisce dal fatto che la lista dei quirinabili, sussurrata nei rumors di maggioranza, si allunga di giorno in giorno. Oggi, secondo fonti parlamentari, potrebbero aspirare al Colle piu' alto personalita' come l'ex presidente della Camera Luciano Violante, che nel 2013 raccolse centinaia di voti di franchi tiratori, il vicecapogruppo Pd al Senato Luigi Zanda e il presidente di Cassa Depositi e Prestiti Franco Bassanini (quest'ultimo ha oltretutto smentito categoricamente una sua ipotetica candidatura). Un listone che tradisce l'incertezza del momento e le varie trappole in agguato. Il problema piu' grande per Renzi si chiama minoranza Pd, che ha cominciato, in riunioni dedicate al difficile iter delle riforme alla Camera e al Senato, a contarsi. "Alla Camera eravamo 90-100 deputati e al Senato, per modificare l'Italicum, la sinistra conta 30 senatori", e' la stima di un parlamentare bersaniano che sa molto di avviso al leader Pd per la partita del Quirinale. Da domani il segretario Pd punta a costruire un percorso che riduca a poche decine il numero dei franchi tiratori del Pd. Oggi ha ricevuto a Palazzo Chigi il dissidente Vannino Chiti ed i capigruppo Zanda e Speranza per capire quanto la tensione sulle riforme possa inasprire l'elezione del Quirinale. E, a quanto si apprende, ha avuto un colloquio con Angelino Alfano assicurandolo sul coinvolgimento nella scelta del successore di Giorgio Napolitano. Per il premier, al tempo stesso, l'asse con il Cav e' fondamentale per mandare la palla in porta e riuscire ad eleggere quanto prima il nuovo Capo dello Stato. "Ma proprio il fatto che Renzi insista a voler votare dalla quarta votazione fa sospettare che il suo obiettivo sia l'intesa esclusiva con Berlusconi su un nome qualsiasi da calare dall'alto un minuto prima della chiama", teme la minoranza che insiste, anche con Pier Luigi Bersani, nel chiedere il perche' non si cerchi un candidato forte da eleggere sin dalla prima votazione. Massimo D'Alema nega seccato di aver convocato lunedi' una riunione alla fondazione Italianieuropei per manovrare i suoi ma i renziani non si fidano. Il premier, pero', chiede a tutti di mantenere la calma. Anche perche', da movimenti appena percepibili ma chiari, si capisce che anche nella maggioranza del partito non mancano tensioni. La notizia della cena di oltre una cinquantina di parlamentari cattolici, quasi tutti vicini a Beppe Fioroni, per tirare la volta a Sergio Mattarella fa irritare gli uomini di Dario Franceschini, uno dei nomi che girano per il Quirinale. "Non rendiamo impraticabile il campo riducendo tutto ad una gara di improprie magliette", avverte Antonello Giacomelli.
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