Un milione di voti persi rispetto alle politiche del 2013, 600 mila in meno delle regionali di quello stesso anno, due milioni in meno delle europee 2014. Dietro il 5 a 2 alle Regionali c'e' "un'emorragia di voti molto preoccupante" che delinea piu' che vittoria, una "non sconfitta". E' tutta qui l'analisi del voto della minoranza Pd, che senza alzare i toni, affonda il colpo. E chiede a Matteo Renzi una "riflessione vera, non superficiale, non nascosta dietro capri espiatori". Con un cambio di rotta, dalla scuola alla riforma costituzionale. Un cambio di passo che chiede la stessa Rosy Bindi, che pero' sul banco degli imputati della direzione Pd non vuole proprio finirci a causa della lista 'last minute' degli impresentabili. Anzi, ne chiede i danni. O meglio: "un risarcimento" perche', dice, "su De Luca ha sbagliato il mio partito". Nella battaglia di posizione per portare il partito renziano piu' a sinistra la minoranza Pd, dunque, si sente oggi piu' forte. Tanto che anche Stefano Fassina, che aveva gia' un piede fuori dalla porta, si attende un segnale al Senato sulla riforma della scuole e ora non esclude di restare.
Ma ancor piu' forte si sente, fuori dal Pd, la "nuova sinistra di governo", che cercava nel laboratorio ligure un segnale di incoraggiamento. Domani alle 12 Pippo Civati lancera' il suo movimento: "Possibile". Civati guarda alla coalizione sociale di Maurizio Landini, che per ora tace e nega di avere interesse a creare una cosa di sinistra, ma si riunira' di nuovo il 6 giugno. Altro interlocutore naturale e' poi quel Nichi Vendola che mercoledi' riunira' la presidenza di Sel per analizzare il "colpo durissimo" subito da Renzi e le possibilita' che si aprono per tessere la "rete" di una sinistra "non radicale ma alternativa" al Pd, ora che e' stato scalfito il mito della sua "presunta invincibilita'". Quei movimenti a sinistra non vanno ignorati, avvertono gli esponenti della minoranza Pd. Non tanto e non solo per quanto emerso dal "laboratorio ligure", ma perche' i voti calano in tutte le regioni. "Houston abbiamo un problema", sintetizza con una battuta Gianni Cuperlo, che invita a "sgombrare il campo dalle metafore sui gufi e le rottamazioni", "apprezzare" la scelta di chi non ha mai evocato la scissione, e nella direzione annunciata per lunedi' "ripartire col piede giusto", chiedendosi "cosa c'e' da correggere". Prudenti si mostrano i bersaniani, che aspettano le mosse del segretario. E se per ora Bersani non parla, Miguel Gotor invita "i renziani a non fare gli struzzi, perche' il Pd ha subito una notevole emorragia di voti a livello nazionale, un serio campanello di allarme". Bisogna pensare a un maggiore coinvolgimento degli "iscritti ed elettori" per legittimare il programma di governo, dice Alfredo D'Attorre, evocando una sorta di congresso. Mentre Nico Stumpo ricorda che dopo "l'errore clamoroso" compiuto sulla scuola, il Pd "non sfonda al centro e soffre a sinistra: dunque va ripensato l'intero modello" e il meccanismo attraverso il quale vengono prese le decisioni. Prima della direzione Pd, anche alla luce di quanto accadra' nei prossimi giorni, la minoranza dem si riunira' per concordare la linea. La speranza e' che, sulla base di una "vera" riflessione sul voto, Renzi avvii una correzione di rotta. Se cio' non accadra', la battaglia si spostera' in Parlamento. Al Senato, dove i 24 della sinistra Pd sono determinanti, sono stati depositati 300 emendamenti dem alla riforma della scuola. Si partira' da li'
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