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Pubblicato il 19/10/2014 16:04

Maggioranza risicata per Renzi in Senato

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Non dorme sonni tranquilli al Senato il Governo Renzi. Il ricorso alla fiducia, finora il più frequente in assoluto, serve da un lato a dare certezza di tempi nell'approvazione dei provvedimenti, dall'altro a compattare una maggioranza spesso conflittuale al suo interno. La realtà dei numeri, alla fine, indica che per il governo Renzi al Senato, i 169 voti della prima fiducia spesso si assottigliano pericolosamente e l'esecutivo deve contare sui salti mortali dei gruppi che lo sostengono per assicurare il numero legale ma anche sulla disciplina e la tenuta politica dei singoli senatori della maggioranza. E in questo quadro, spicca il venir meno della sponda, decisiva in tante altre occasioni, dei senatori a vita. In passato, si ricorderà il governo Prodi 2006-2008, i senatori di diritto e a vita (fra gli altri, Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro, Giulio Andreotti, Emilio Colombo, Rita Levi Montalcini) affrontarono proteste e a volte insulti veri e propri da parte dell'allora opposizione di centrodestra perché si ritrovarono spesso a puntellare in modo decisivo quell'esecutivo che ebbe breve vita, appeso com'era agli umori dei singoli senatori (Luigi Pallaro per tutti). Nell'attuale XVII legislatura la musica è cambiata è i senatori a vita votano raramente.  

A palazzo Madama i senatori di diritto e a vita sono cinque: l'ex Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, la scienziata Elena Cattaneo, l'economista ed ex premier Mario Monti, l'architetto Renzo Piano e il fisico premio Nobel Carlo Rubbia. Ciampi, per motivi di salute, non ha partecipato a votazioni a palazzo Madama. Elena Cattaneo, secondo il tabulato disponibile sul sito Internet del Senato, è risultata presente al 47,71% delle votazioni e di verifiche del numero legale. Dalla stessa fonte, i risultati per gli altri senatori a vita risultano: 18,21% per Monti, 0,16% per Piano, 40,79% per Rubbia. In diverse occasioni la maggioranza si trova in affanno. In particolare, ha destato stupore il caso della votazione del 14 ottobre su un tema cruciale come la nota di aggiornamento al Def, contenente il rinvio al 2017 del pareggio di bilancio. Ebbene, essendo richiesta la maggioranza qualificata, 161 voti, il governo ha rischiato parecchio. Ha superato la prova solo grazie all'appoggio dell'ex M5S Luis Alberto Orellana (anch'egli eletto all'estero, come a suo tempo Pallaro e De Gregorio). I senatori a vita erano in congedo per quella seduta. D'altronde, anche nelle votazioni più delicate, quelle sulla fiducia, la loro presenza è un'incognita

Da un esame dei voti di fiducia al governo Renzi, da quella 'programmatica' del 24 febbraio 2014 a quelle sui singoli provvedimenti, emerge il venir meno di quella potenziale 'riserva' di consensi, utile quando si è in debito d'ossigeno in aula. Su un totale di 12 fiducie richieste al Senato dall'esecutivo in quasi otto mesi di attività (con quelle alla Camera il numero è di 25), i senatori a vita hanno votato in tutto sette volte. Mario Monti ha dato il suo assenso sulla fiducia iniziale al governo Renzi, come ha fatto anche Rubbia, ma mentre l'ex premier ha votato in altre due occasioni a favore della fiducia al governo (su province e competitività), lo scienziato ha votato sì aldl cultura ma ha 'sfiduciato' il governo su decreto Pa il 5 agosto scorso. Elena Cattaneo, infine, ha votato la fiducia posta dal governo sulle droghe, il 14 marzo. Renzo Piano non risulta aver votato alcuna fiducia. I senatori a vita, insomma, si sono sostanzialmente defilati rispetto alla routine della dialettica governo-Parlamento, ma non per questo hanno evitato di finire nel mirino delle polemiche, esattamente come accadeva ai tempi dell'Unione 2006-2008. E ci sono finiti per la scarsa assiduità alle sedute ma il culmine si è avuto con la riforma costituzionale approvata in prima lettura nell'agosto scorso. In futuro, non saranno più a vita: ci saranno cinque senatori, di nomina presidenziale, che resteranno in carica per sette anni. Una riforma su cui Monti ha votato a favore, Cattaneo si è astenuta (e al Senato equivale a voto contrario), mentre Piano era in missione e Rubbia assente.

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