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Pubblicato il 09/07/2014 12:12

Frena la spesa privata per sanita' e assistenza

osservatorio, censis

Frena la spesa privata per sanita' e assistenza: welfare familiare in crisi. L'allarme e' contenuto nel Rapporto "Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali" di Censis e Unipol, secondo cui nell'ultimo anno la spesa sanitaria privata e' scesa del 5,7%: il valore pro-capite si e' ridotto da 491 a 458 euro all'anno. Le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare complessivamente a 6,9 milioni di prestazioni mediche private e per la prima volta e' diminuito anche il numero delle badanti che lavorano nelle case degli anziani bisognosi: 4mila in meno. Secondo lo studio, sono i segnali di una inversione di tendenza rispetto a un fenomeno consolidato nel lungo periodo per cui le risorse familiari hanno compensato una offerta del welfare pubblico che si restringeva. Oggi anche il welfare privato familiare comincia a mostrare segni di cedimento. Tra il 2007 e il 2013 la spesa sanitaria pubblica e' rimasta praticamente invariata (+0,6% in termini reali) a causa della stretta sui conti pubblici. E' aumentata, al contrario, la spesa di tasca propria delle famiglie (out of pocket): +9,2% tra il 2007 e il 2012, per poi ridursi pero' del 5,7% nel 2013 a 26,9 miliardi di euro. E anche il numero dei collaboratori domestici per attivita' di cura e assistenza (963mila persone) ha registrato una flessione nell'ultimo anno (-0,4% nel 2013), dopo un periodo di crescita costante (+4,2% tra il 2012 e il 2013)

Il Censis stima che 4,1 milioni di persone in Italia sono attualmente portatrici di disabilita' (il 6,7% della popolazione), nel 2020 diventeranno 4,8 milioni, per arrivare a 6,7 milioni nel 2040. La spesa totale per le disabilita' ha registrato un forte incremento, superiore al 20% in termini reali tra il 2003 e il 2011, passando da 21,2 miliardi di euro a quasi 26 miliardi. Cresce anche la domanda di assistenza per la popolazione anziana non autosufficiente (long term care). In Italia gli anziani che usufruiscono di assistenza domiciliare integrata sono passati da poco piu' di 200mila nei primi anni 2000 a oltre 532mila nel 2012, cioe' dal 2,1% della popolazione anziana (persone con 65 anni e oltre) al 4,3%. La spesa complessiva per gli anziani serviti dalla long term care e' pari attualmente all'1,7% del Pil, ma nel 2050 l'incidenza potrebbe arrivare al 4%, alla luce delle proiezioni demografiche.

L'allungamento dell'aspettativa di vita, il marcato invecchiamento della popolazione, le previsioni di incremento delle disabilita' e del numero delle persone non autosufficienti prefigurano bisogni crescenti di protezione sociale. Negli anni a venire l'incremento della domanda di sanita' e di assistenza proseguira' a ritmi serrati. Una domanda che l'offerta pubblica pero' non potra' soddisfare. C'e' gia' oggi una domanda inevasa di cure e di assistenza a cui il sistema pubblico non riesce a fare fronte. Il 73% delle famiglie italiane ha fatto ricorso almeno una volta negli ultimi due anni a visite specialistiche o a esami diagnostici a pagamento (in intramoenia o presso studi privati). La motivazione principale (per il 75%) sono i tempi inaccettabili delle liste d'attesa. Il 31% delle famiglie ha invece dovuto rinunciare almeno una volta negli ultimi due anni a visite specialistiche, a esami diagnostici o a cicli di riabilitazione. In piu', il 72% delle famiglie dichiara che oggi avrebbe difficolta' se dovesse affrontare spese mediche particolarmente impegnative dal punto di vista economico. 

 La via dell'integrazione e' un'opportunita' per soddisfare una domanda che la sola offerta pubblica non e' piu' in grado di coprire. L'Italia resta una delle poche economie avanzate in cui la spesa sanitaria out of pocket intermediata, ovvero gestita attraverso assicurazioni integrative o strumenti simili, si ferma a una quota molto bassa: appena il 13,4% del totale della spesa sanitaria privata a fronte del 43% della Germania, del 65,8% della Francia, del 76,1% degli Stati Uniti. La presenza di operatori privati specializzati e qualificati sia nel campo delle prestazioni sanitarie che dell'assistenza, con servizi resi accessibili attraverso strumenti assicurativi integrativi, permette di fornire servizi piu' adeguati. Un esempio paradigmatico e' quello dell'assistenza domestica tramite badanti a persone anziane o disabili, la cui domanda e' decisamente in crescita. Non solo l'Italia e' il Paese dell'area Ocse con la piu' elevata percentuale di familiari che prestano assistenza a persone anziane o disabili in modo continuativo (il 16,2% della popolazione: il doppio, ad esempio, della Svezia). Ma oggi le famiglie sono in gran parte costrette a reclutare le badanti autonomamente attraverso canali informali, le pagano di tasca propria, con forme diffuse di irregolarita' lavorativa, senza garanzie sulla loro professionalita' e affidabilita'.

Da una integrazione degli strumenti di welfare pubblici con il mercato sociale privato, puntando a valorizzare l'economia della salute, dell'assistenza e del benessere delle persone (la "white economy"), puo' scaturire una vera rivoluzione produttiva e occupazionale. Considerato nell'insieme, il sistema di offerta di servizi di diagnostica e cura, farmaci, ricerca in campo medico e farmacologico, tecnologie biomedicali, servizi di assistenza a malati, disabili, persone non autosufficienti genera oggi un valore della produzione di oltre 186 miliardi di euro, pari al 6% della produzione economica nazionale, con una occupazione di 2,7 milioni di addetti. Questa articolata filiera comprende le attivita' dei servizi sanitari (110,9 miliardi di euro di produzione e 1,2 milioni di occupati), i servizi di assistenza sociale (21,6 miliardi e 447mila addetti), l'industria farmaceutica (26,6 miliardi e 60mila addetti), la produzione di strumenti biomedicali, elettromedicali, di diagnostica e i relativi servizi (17,6 miliardi e 53mila addetti). Nel cluster va considerato anche il vasto segmento dell'assistenza personale, delle badanti e dell'accompagnamento, che genera 9,4 miliardi di valore con quasi 1 milione di addetti. Tuttavia, manca ancora una matura consapevolezza collettiva. Alla domanda su come si pensa di affrontare in futuro la vecchiaia ed eventuali malattie, il 52,5% degli italiani mostra un atteggiamento fatalista (non ci pensa o rinvia il problema), il 26% conta sui propri risparmi, il 25% si affida al welfare pubblico, l'8% all'aiuto dei familiari e solo il 4% ha stipulato polizze assicurative.

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