"Si parla tanto di spesa farmaceutica che e' molto elevata, ma in realta' la spesa farmaceutica in Italia e' sottodimensionata per stessa ammissione anche degli organi ufficiali. Basta pensare che e' sempre rapportata alla quota di spesa sanitaria che e' rapportata al Pil, che negli ultimi cinque o sei anni e' diminuito. Ragionando in termini reali, c'e' stato anche un abbassamento del tetto della spesa farmaceutica e questo e' motivo per cui negli ultimi tre anni abbiamo sempre il cosiddetto sfondamento, che pero' e' fisiologico". Cosi' il research director del Center for Economic Evaluation and Hta dell'Universita' Tor Vergata di Roma, Francesco Saverio Mennini, nel corso del simposio dal titolo 'Governo della spesa e crescita industriale: il nuovo assetto regolatorio del farmaco in un'ottica di sostenibilita'', che si e' svolto a Montesilvano nell'ambito del 35/mo' congresso della Sifo. Secondo l'esperto l'approccio deve essere differente: "Non dobbiamo focalizzare la nostra attenzione esclusivamente sulla spesa farmaceutica a livello macro o sulla spesa della farmacia a livello micro - sottolinea Mennini -. Dovremmo invece andare a vedere un farmaco che e' realmente efficace, che guarisce da determinate patologie e che quindi riduce occupazione di posti letto, utilizzo di nuovi farmaci e che nel complesso riduce i costi del percorso terapeutico del paziente. In questo modo si garantiscono qualita' e riduzione dei costi anche a livello macro, perche' avere farmaci molto efficaci riduce la spesa sociale, che e' spesa pubblica, o la spesa Inps". "Garantendo un accesso corretto alle innovazioni - aggiunge Mennini - noi incentiveremmo anche l'investimento ricerca e sviluppo sul territorio italiano del settore farmaceutico. Questo e' molto importante perche' si tratta di uno dei settori che garantisce un maggior ritorno in termini di ricchezza. Migliorerebbe, tra l'altro, il livello occupazionale del nostro Paese. Bisognerebbe trovare soluzioni tanto a livello regolatorio quanto a livello di sistema paese che permettano tutto questo". Tra le strade da percorrere, secondo il direttore, ci sono quella di "vedere i Livelli essenziali di assistenza come Percorsi diagnostico-terapeutici e questo aiuterebbe anche le Regioni" e quella di rafforzare il ruolo dell'Aifa, "facendo sedere al tavolo tutti gli attori della spesa pubblica coinvolti". Soffermandosi sull'efficienza del sistema di Francia, Inghilterra e Germania, Mennini afferma che "in Italia c'e' ancora strada da fare, ma c'e' volonta' da parte delle aziende e c'e' un'apertura importante da parte dell'Agenzia del farmaco; gli attori, pero', dovrebbero riunirsi attorno a un tavolo costantemente per valutare l'impatto dell'innovazione per il sistema paese". Mennini si sofferma anche sul tema della compartecipazione, che "non va vista in un'ottica negativa se governata molto bene. Addirittura - evidenzia l'esperto - si potrebbe incominciare a pensare alla sanita' integrativa, che non ha nulla a che fare con l'assicurazione privata e che potrebbe anche ridurre l'impatto della compartecipazione e della spesa dei cittadini. I risparmi, chiaramente - conclude Mennini -, non devono essere destinati ad altre voci di spesa, ma reimmessi nel settore della sanità".
Scorporare la spesa farmaceutica dal Fondo sanitario nazionale (Fsn) e creare un fondo ad hoc per la farmaceutica. Questa una delle proposte ipotizzate nel corso del simposio 'Governo della spesa e crescita industriale: il nuovo assetto regolatorio del farmaco in un'ottica di sostenibilita'', che si e' svolto a Montesilvano nell'ambito del 35/mo congresso della Sifo (Societa' italiana di farmacia ospedaliera). Secondo gli esperti che si sono confrontati sui temi in questione, la creazione di un fondo ad hoc, nell'ambito di una revisione regolatoria del farmaco e di una corretta gestione della spesa, consentirebbe, tra l'altro, di "eliminare numerosi problemi, compresi quelli collegati alle intromissioni regionali".
Un contenimento dei costi in sanita' non necessariamente vuol dire risparmio complessivo, perche' potrebbe portare ad un aumento di altri costi paralleli, sempre sostenuti dalla collettivita'. E' questo uno dei concetti emersi dal simposio 'Governo della spesa e crescita industriale: il nuovo assetto regolatorio del farmaco in un'ottica di sostenibilita'', che si e' svolto a Montesilvano nell'ambito del 35/mo congresso della Sifo. "Non dare l'adeguata terapia - sottolinea il direttore della Farmacia ospedaliera del Pertini di Roma, Gerardo Miceli Sopo -non implica solo una spesa o un contenimento dei costi in ambito farmaceutico, ma implica anche una ricaduta nel sociale, perche' puo' comportare maggiori giornate di lavoro perse e, piu' in generale, costi aggiuntivi che vengono calcolati su tavoli diversi. Allora e' indispensabile che questi tavoli parlino anche tra di loro. Quando si parla del costo della sanita' e della terapia ci deve essere anche chi dice quali sono i costi delle mancate terapie e dei mancati interventi". Claudio Pisanelli, dell'Azienda complesso ospedaliero San Filippo Neri di Roma, si e' soffermato sulle "possibilita' che ha il farmacista pubblico del Servizio sanitario nazionale, che sia ospedaliero o territoriale, di migliorare la qualita' dell'assistenza sanitaria prima ancora di pensare alle risorse. Oggi si parla di riduzione dei costi, di taglio e fondamentalmente si procede con una mentalita' ragioneristica - osserva Pisanelli -. Dobbiamo cercare di mettere in campo le nostre competenze scientifiche per far si' che, con le risorse disponibili, noi possiamo essere in grado di rendere sempre di alta qualita' l'assistenza sanitaria pubblica". "In questo momento di crisi - spiega Enrico Belviso, direttore market acces della Daiichi-Sankyo, azienda che ha promosso il simposio - uno degli obiettivi verso cui ambire e' quello di avviare una serie di riflessioni con tutta una serie di soggetti per dare rilancio al ruolo della sanita' e della farmaceutica, intesa non piu' come un costo sociale, ma come un'area di investimento e di opportunita' per il paese. Tra le finalita' che stiamo perseguendo c'e' quella di promuovere una sorta di trasformazione del ruolo delle aziende farmaceutiche".
La spesa farmaceutica italiana pro-capite nel 2000 era superiore del 19% rispetto alla media Ocse, calando all'8% nel 2002, mentre dal 2003 la situazione si e' invertita ponendo la spesa italiana sotto la media della spesa nei Paesi Ocse, fino ad arrivare al 2009 ad una differenza del 16%. L'Italia, d'altronde, e' tra i Paesi Ue a destinare meno risorse alla spesa sanitaria pubblica, con un tasso di crescita e un disavanzo, negli ultimi anni, relativamente bassi. E' quanto emerso dal simposio 'Governo della spesa e crescita industriale: il nuovo assetto regolatorio del farmaco in un'ottica di sostenibilita'', che si e' svolto a Montesilvano nell'ambito del 35/mo' congresso della Sifo (Societa' italiana di farmacia ospedaliera). A confrontarsi sui temi in questione sono stati il research director del Center for Economic Evaluation and Hta dell'Universita' Tor Vergata di Roma, Francesco Saverio Mennini, il dirigente dell'area Politica del farmaco della Direzione regionale Salute del Lazio, Lorella Lombardozzi, il direttore della Farmacia ospedaliera del Pertini di Roma, Gerardo Miceli Sopo, e Claudio Pisanelli dell'Azienda complesso ospedaliero San Filippo Neri di Roma. I relatori, partendo dalla consapevolezza che una "buona politica di crescita industriale necessita di un impianto regolatorio funzionale", hanno discusso e analizzato i temi principali della farmaceutica, tra cui: lo svincolo dal Fsn del Fondo per la Farmaceutica, l'attribuzione all'Aifa della responsabilita' di definizione di un budget farmaceutico, anche in funzione dell'epidemiologia di riferimento, la partecipazione attiva all'interno delle commissioni Aifa di tutti gli attori coinvolti nella definizione e razionalizzazione della spesa pubblica (Inps, Mef, Mise) e la review dei tetti di spesa farmaceutica. Secondo quanto emerso, in Italia il settore della farmaceutica mostra un maggior impatto sulla produzione piu' che sulle vendite: se per la produzione, in Europa, l'Italia e' seconda solo alla Germania, per quanto attiene l'export e' la prima in assoluto, con evidenti ricadute in termini economici per il Paese. Nel 2013 la crescita e' stata del 14% a un ritmo del +64% negli ultimi cinque anni. Questo dato, stando alle relazioni degli esperti, si scontra con la burocrazia che rallenta la crescita, i prezzi piu' bassi dell'Europa e un'innovazione che arriva spesso in ritardo.
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