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Pubblicato il 17/12/2013 22:10

«Eddy Farias, il mio eroe»

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La sorella Alessandra racconta le ore di angoscia e il miracoloso salvataggio della Capitaneria di porto

Erano caduti in mare dalla propria imbarcazione di circa 5 metri di lunghezza al largo tra Francavilla ed Ortona. Eddy Farias e Pietro Nunziato hanno vissuto delle ore di autentico terrore fino a quando gli uomini della Capitaneria di porto sono riusciti a ritrovarli e a trarli in salvo. Di seguito il toccante racconto della sorella Alessandra Farias. 

 

Si è inginocchiato a terra e in lacrime ha baciato per due volte la sabbia. È questa l'immagine che mi resterà nel cuore per tutta la vita. È questa l'immagine che più di ogni altra racconta il lieto fine di una storia che poteva essere una tragedia. Quell'uomo inginocchiato ha 84 anni ed è mio nonno. Per noi lui è nonno Peppe quello che, da un anno, è diventato il mentore di mio fratello, il "bomber", come lo chiamano tutti, Eddy Farias. Un vecchio lupo di mare che ha ringraziato il mare per averci ridato l'affetto più caro che, ignari, avremmo potuto perdere per sempre. Sì, ignari. Perché solo la freddezza di mio zio, lo "zio Carlo", ci ha fatto scoprire quanto accaduto ieri pomeriggio solo quando tutto aveva trovato un finale a dir poco miracoloso. 

Alle 15 è lui che ha ricevuto quell'ultima chiamata: "zio stiamo affondando". Pochi secondi dopo l'acqua ha inghiottito la barca di Piero Nunziato, l'amico con cui quel pomeriggio Eddy ha deciso di andare a "calare" le reti "perché lì - gli ha detto Piero - c'è tanto pesce". Sono quasi le 18 quando squilla il mio telefono e sento mio zio urlare: " È vivo! È vivo! È stato tre ore nell'acqua gelida ma è vivo. Chiama un medico tua madre è svenuta". Adrenalina alle stelle. Non sapere cosa è successo e scoprirlo così. Chiamare tua madre, che sviene al telefono con tuo padre che si scioglie tra le lacrime. Digitare il numero della capitaneria in veste di sorella e non di cronista e sentirsi dire: "è vero. Sono vivi e stanno bene". Ma con lui non riesci a parlare perché lui è in ipotermia. La temperatura è di 34 gradi. Ancora pochi minuti, gli dirà l'angelo che lo ha salvato, e sarebbe morto. Morto. Una parola così lontana e così incomprensibile che 24 ore dopo sembra ed è, grazie a Dio, impossibile. È stato un attimo. La tuta impigliata allo scafo e giù per otto metri. La forza di strappare la tuta e risalire. Spogliarsi sulla pancia dello scafo che affonda e aiutare l'amico. E poi solo acqua, buio, paura e voglia di tornare dalla "mamma": italianamente meraviglioso. Se ci penso non lo credo e se lo guardo ora, sul divano dove lo vedo ogni giorno, penso che questo sia stato il mio, anzi il nostro, miracolo di Natale.
" È il miracolo più grande visto negli ultimi 15 anni", gli dicono i ragazzi della Capitaneria. Con lui vogliono una foto perché loro sono gli eroi che hanno salvato un eroe. Il mio eroe. L'eroe di chi conosce la sua vitalità. L'eroe di chi sa che il "bomber" non poteva andarsene così. L'eroe di Piero che non aveva il cellulare e che se fosse stato solo forse ora non sarebbe qui pronto a riabbracciarlo. Un eroe che non ha dovuto salvare il mondo, ma solo tenersi a galla e credere che quelle luci che lo cercavano prima o poi lo avrebbero visto. E lo hanno visto nell'ultimo giro di ricognizione prima che le ricerche fossero sospese. Tenersi a galla. È questa la metafora perfetta di una vita difficile per una generazione dimenticata che lotta ogni giorno per non affondare. Il mare, nella mia famiglia, è come il sangue. Ci scorre nelle vene. Scorre in quelle di mio nonno che con una pensione minima a 84 anni, alle tre di notte, prende il largo per "calare" quelle reti. Scorre nel sangue di "zio Carlo" che ogni notte lo accompagna. E ora scorre anche nel sangue di mio fratello che è già pronto a risalire in barca. Non ho mai visto tante lacrime quante ne ho viste ieri. Perché non ne ho mi viste così tante cariche di gioia. Le ho viste negli occhi di un volto segnato dal tempo e dalla fatica. Quello di un uomo di 84 anni che ha baciando la sabbia ha baciato la vita quella che a volte ti da la possibilità di rinascere in un'esistenza sola. Grazie Eddy per avermi insegnato che i miracoli possono accadere.

 

Alessandra Farias 

© Riproduzione riservata

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