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Pubblicato il 19/03/2015 07:07

Processo per la discarica di Bussi, la Procura presenta ricorso in Cassazione

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La procura di Pescara ha depositato il ricorso in Cassazione contro la sentenza del processo riguardante la mega discarica di Bussi, che si e' concluso il 19 dicembre scorso davanti alla Corte d'Assise di Chieti con l'assoluzione di tutti e 19 imputati (quasi tutti ex amministratori e vertici della Montedison) relativamente al reato di avvelenamento delle acque. Il disastro ambientale e' stato invece derubricato in colposo e, quindi, dichiarato prescritto. Il ricorso dei pm Anna Rita Mantini e Giuseppe Bellelli per chiedere l'annullamento con rinvio della sentenza riguarda tutti gli imputati tranne Maurizio Piazzardi per cui l'accusa in primo grado aveva chiesto l'assoluzione. Nello specifico, i pm nel ricorso di 87 pagine sottolineano che "la Corte si spinge ad affermare che, anche quando concrete opere di emungimento della falda indichino, con certezza, che quella falda, e' considerata risorsa idrica effettivamente destinata al consumo umano, l'avvelenamento deve essere valutato non in qualunque punto della falda, ma (in chiara violazione della norma penale in discorso) nel punto immediatamente precedente o pressoche' coincidente con l'emungimento" . 

I ricorrenti aggiungono che "anche applicando la disciplina entrata in vigore nel dicembre 2005 il risultato non cambia. Ai sensi del nuovo art.157 co.6 c.p., infatti,il termine di prescrizione per il disastro colposo e' raddoppiato, dunque e' di dodici anni e si prolunga fino a quindici in caso di atti interruttivi. A maggior ragione il reato di disastro non puo' dirsi prescritto se considerato nella forma dolosa. In questo caso, ai sensi della vecchia disciplina, il termine di prescrizione, in caso di atti interruttivi , e' addirittura di ventidue anni e mezzo, mentre ai sensi della nuova disciplina, e' identico a quello previsto per l'ipotesi colposa". I pm, infine, evidenziano che " vi e' solo un caso in cui, in applicazione della disciplina previgente la riforma del 2005, il delitto di disastro colposo si sarebbe potuto prescrivere in sette anni e mezzo: nel caso in cui agli imputati fossero state riconosciute circostanze attenuanti. Ma nel nostro caso la Corte nulla ha disposto in merito, nemmeno con riferimento alle attenuanti generiche. Il calcolo della prescrizione effettuato dalla Corte chietina, pertanto, e' evidentemente affetto da errore nell'applicazione della legge penale".

I pm nel ricorso sostengono che "gli imputati avevano una rappresentazione certa dell'evento (di avvelenamento e di disastro, come emerge dalla documentazione probatoria acquisita al processo), che ci consente di classificare come dolo diretto e non come dolo eventuale l'atteggiamento psicologico con cui i delitti sono stati realizzati". Secondo i pm, Inoltre, "non e' possibile sostenere, come invece pare faccia la Corte d'Assise di Chieti, in applicazione della formula di Frank fatta propria dalle Sezioni Unite, che se gli imputati si fossero rappresentati con certezza la verificazione dell'evento (e del disastro) non avrebbero agito giudicando non piu' conveniente la realizzazione delle condotte illecite. Essi tanto ebbero certezza e decisero di perseverare nelle condotte vietate dalla legge penale che mistificarono i valori attestanti il grado, la qualita', la sede reale e l'estensione dell'inquinamento, cosi' come formalmente recita il capo di imputazione. Ed infatti, differentemente da quanto valutato nel caso Tyssenkrupp, la verificazione del disastro ambientale e dell'avvelenamento delle falde non sono eventi posti "alla luce del sole", la cui verificazione e' immediatamente riscontrabile dalle autorita'. Sono eventi, al contrario, che sono rimasti occultati e deliberatamente celati per decenni"

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