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Pubblicato il 21/05/2015 13:01

Unioncamere, nelle pmi piu' contratti stabili

Assunzioni in aumento nei programmi occupazionali delle piccole e medie imprese per il 2015. A capitanare la ripresa sono soprattutto quelle attive sul web che hanno una propensione ad assumere doppia rispetto a quella delle aziende offline. I dati 2015 del rapporto Unioncamere, diffusi oggi a Roma nel corso della 13ª Giornata dell'Economia, indicano una crescita di 23mila entrate rispetto allo scorso anno (+4%), che porta a 595mila il numero dei nuovi contratti di lavoro pianificati per quest'anno, dei quali 472.540 riferiti a assunzioni di personale alle dipendenze dirette e oltre 122.300 riferiti a personale "atipico". Il vento della ripresa delle entrate soffia soprattutto da Nord Ovest, dove si muove a una velocita' tripla della media Italia (+12,4% contro il 4%), mentre stenta ancora a ripartire nel Nord est (-2,2%). Nel dettaglio, diminuiscono i parasubordinati (-11.440 i collaboratori e le partite IVA) e aumentano i dipendenti (+34.300 unita', compresi gli interinali). A decollare e' soprattutto il lavoro "stabile" alle dipendenze, che fa registrare un boom di contratti a tempo indeterminato del +82,5% (+73.140 unita' rispetto al 2014), per un totale di quasi 162mila assunzioni complessive. Si tratta di assunzioni, queste ultime, attribuibili per 35.600 unita' all'effetto del Jobs Act e, di queste, 25.700 sono da ritenersi assunzioni effettivamente aggiuntive, perche' in assenza della riforma non sarebbero state programmate dalle Pmi, mentre poco meno di 10mila sono da attribuirsi all'incentivo economico che ha portato le aziende ad anticipare le assunzioni previste per il 2016. E' quanto emerge dai dati del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro sui fabbisogni occupazionali delle imprese contenuti nel rapporto, secondo cui in crescita quest'anno e' anche il numero delle PMI che prevedono assunzioni, 19mila in piu' rispetto al 2014 per un totale di 210mila imprese. A programmare nuovi "ingressi" e' infatti il 14,1% delle piccole e medie imprese contro il 12,4% nel 2014, una quota che si eleva al 20% nel caso delle imprese online a fronte del 10% di quelle non presenti sulla "Rete"

Secondo il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, "lo stato di salute della nostra economia sta migliorando, ma il paziente Italia non e' ancora guarito. Per accelerarne la ripresa, quindi, bisogna inserire nella cura dosi massicce di innovazione. E nell'era del web 2.0 questa innovazione si chiama 'e-business'. Perche' sono proprio le imprese che hanno colto i vantaggi del web quelle che stanno dimostrando di saper trainare la nostra economia e offrire maggiori opportunita' per la crescita occupazionale, in particolare giovanile. Per questo e' importante che le riforme messe in atto dal Governo - i cui primi effetti iniziano ad essere evidenti - vengano accompagnate da chiari indirizzi di politica economica che sappiano spingere piu' incisivamente verso la digitalizzazione del nostro Paese. Perche' - conclude Dardanello - con la nostra cultura, i nostri saperi che rendono unico il made in Italy nel mondo, abbiamo le carte in regola per diventare una 'superpotenza' dell'economia digitale". 
   Tornando al Rapporto, delle 210mila imprese che assumono sono proprio le aziende innovative (24,4%), come quelle che stanno in Rete, nonche' quelle export oriented (26,1%), a stimolare maggiormente l'occupazione. E se si considera che il 92,5% delle PMI esportatrici e' attivo sul web, e' facile capire che il futuro del Sistema Italia passa dall'economia digitale.

Si calcola, infatti, che un aumento del 10% della diffusione di Internet possa portare a un incremento del +1,47% dell'occupazione giovanile. Senza contare che l'economia digitale sostiene una crescita qualificata dell'occupazione, in particolare per i nativi digitali. Sempre secondo Excelsior un giovane "under 30" su 10 trova lavoro nel campo dei servizi tecnologici. Eppure secondo un rapporto dell'Unione europea, entro il 2020 potrebbero esserci 900mila posti di lavoro in Ue non occupati proprio a causa delle mancanza di competenze digitali. A saper cogliere le opportunita' dell'economia digitale sono soprattutto i giovani imprenditori. Quasi due aziende su tre avviate da un under 35 lo scorso anno hanno puntato sin da subito su una presenza attiva su internet, e il 45% di queste e' pronto o sta preparandosi a vendere online. Tuttavia soltanto il 5,1% delle piccole e medie imprese italiane utilizza l'e-commerce, al quale e' imputabile appena il 4,8% del fatturato complessivo delle nostre aziende. Mentre 4 imprenditori su 10 dichiarano che internet non serve alla propria impresa. La quota dell'economia digitale sul Pil italiano non superera' il 3,5% nel 2016, poco piu' di quanto e' atteso per la Francia (3,4%) ma meno di quanto previsto per la Germania (4,0%) e piu' in generale per la media dei Paesi avanzati (5,5%). 
   Quasi la meta' delle piccole e medie imprese manifatturiere investira' quest'anno nell'economia "verde" puntando su prodotti e tecnologie a maggior risparmio energetico e/o minor impatto ambientale. Ma il peso della corruzione e della criminalita' per le imprese e' un ostacolo a crescere. Piu' di 3 aziende su 5 percepiscono un aumento dell'illegalita' negli ultimi quattro anni e 2 su 5 dichiarano che il fatturato sarebbe piu' alto senza criminalita' economica. 

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