Seconda giornata al Supercinema di Chieti, domani, mercoledi' 10 dicembre con il 24° Scrittura e Immagine Chieti Film Festival che propone omaggi a Sergio Leone, Massimo Troisi e Francois Truffaut. Si comincia alle ore 17 con "Il buono, il brutto e il cattivo" (Leone): il Brutto (Tuco) e il Buono il Biondo sono in societa'. Il primo ha una taglia sulla testa e il secondo lo consegna di volta in volta a sceriffi diversi, incassa il denaro, lascia che sia condannato all'impiccagione e poi lo libera. Il Cattivo (Sentenza) invece e' alla ricerca di un'ingente somma di denaro che e' stata sepolta in un cimitero e in una tomba di cui bisogna scoprire la collocazione. I loro percorsi si incrociano: la meta diventa comune anche se ognuno diffida dell'altro e lo vorrebbe eliminare. Con questo film Sergio Leone chiude la cosiddetta 'trilogia del dollaro' (dopo Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in piu') e porta cosi' a compimento quella visione del cinema che aveva abilmente sintetizzato in questi termini: "Io parto dal principio che il piu' grande sceneggiatore di tutti i tempi sia Omero perche' i suoi personaggi, che erano poi degli dei, avevano tutti i peccati degli uomini. Achille, Aiace, Ettore, Agamennone sono gli archetipi degli individualisti che si possono trovare anche nel mondo del western. Il mito, la leggenda, la favola e lo spettacolo giocano ruoli principali nel mio cinema anche se dentro ci sono implicazioni di carattere diverso che mi appartengono e che faccio mie. Contrabbandare un'idea anche politica con un mezzo cosi' esaltante come quello mitico mi sembra piu' giusto che non montare in cattedra e parlare di politica direttamente". Perche' Leone in questa occasione realizza un film 'politico' contestualizzando le vicende dei suoi protagonisti non in uno spazio e in un tempo quasi indefinibili se non per macrodimensioni ma in periodo storico preciso. Buono, Brutto e Cattivo si muovono al tempo della Guerra di Secessione vista come un massacro in cui, in un film in cui i morti ammazzati non mancano, si 'muore male'. Perche' se gli ideali sono giusti, la macelleria quotidiana di esseri umani mandati a prendere postazioni inutili (nello specifico un ponte) ricorda da vicino la Prima Guerra Mondiale che Rosi porta sullo schermo con Uomini contro.
Si prosegue alle ore 20.15 con "Scusate il ritardo" (Troisi): Vincenzo, giovane napoletano mite e disoccupato, si accontenta di vivere da parassita in famiglia. Ascolta le pene d'amore dell'amico Tonino e s'innamora di Anna. Sempre senza slanci ne' entusiasmi. Nella sua apparente e un po' ripetitiva staticita' la commedia e' costruita con tranquilla sapienza che attinge linfa, aggiornandola, dalla tradizione del teatro napoletano. Da antologia il dialogo sulla Madonna che piange. Si conclude alle ore 22.15 con "L'amore fugge" (Truffaut) in versione orginale sottotitolata in italiano: Antoine Doinel ha pubblicato il libro "Insalate d'amore" e ha una relazione con Sabine, commessa in un negozio di dischi. Intanto deve occuparsi del divorzio dalla moglie Christine. Accompagnando il figlio alla stazione incontra colei' che aveva corteggiato da giovane, Colette. Decide di saltare sul suo treno senza biglietto e di raccontarle le sue vicende amorose. Colette pero' avverte quanto Antoine sia autoreferenziale e lo allontana da se' il che lo spinge a tirare il freno a mano e scendere precipitosamente dalla vettura. Incontrera' successivamente colui che era stato un amante della madre di cui finalmente visitera' la tomba. Intanto Sabine ha deciso di chiudere con lui. Il ciclo di Antoine Doinel giunge alla sua conclusione grazie a una suggestione che a Truffaut giunge da lontano: "Un giorno Henning Carslen mi racconto' una cosa interessante (...) Carlsen aveva ereditato un cinema che Carl Theodore Dreyer aveva gestito fino alla morte, il Dagmar Theater, a Copenaghen (...) e aveva proiettato tutto Doinel sotto forma di ciclo (...) C'erano giovani che avevano guardato tutto il giorno Doinel crescere, amare e invecchiare: e' stato quando ho sentito questo racconto che mi e' venuta voglia di fare un ultimo Doinel". Truffaut non vuole 'chiudere' in modo banale il percorso e non rinuncia a pensare al pubblico. Quindi si impegna in una rivisitazione dei film precedenti senza pero' abbandonare a se stesso l'eventuale spettatore che non li ricordasse o che addirittura non li avesse visti. L'alter ego di Truffaut resta identico a se stesso. Invecchia ma sembra fare fatica a maturare sul piano dei sentimenti.
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