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Pubblicato il 09/08/2012 12:12

Pietro Ferrante, gioielliere dall'anima rock

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di Giulia Grilli

Pietro Ferrante è uno dei personaggi che ha contribuito, e contribuisce tutt’ora, a portare in alto  il nome dell’Abruzzo in giro per il mondo con la sua arte. Il gioielliere, originario di Castel Frentano, ha una personalità esuberante, estrosa e solare. Lui appartiene a quel gruppo di persone che allungano la mano e prendono dal mondo esattamente quello che vogliono.

Pietro Ferrante è sempre stato appassionato “di cose belle” e della moda. Attratto dalle pietre preziose ha iniziato il suo percorso come rappresentante, seguendo nel frattempo dei corsi specifici in gemmologia, anche se ammette che “le cose le devi saper sentire anche senza attrezzi”. Entra prepotentemente nella Borsa di diamanti di Anversa, in Belgio, per poi rifornirsi anche a Tel Aviv, Russia e India e dà sfogo alla sua creatività producendo gioielli in oro. “Fare il rappresentante mi ha permesso di avere un’infarinatura commerciale, di conoscere il mercato, i prezzi e le tendenze”, dice, “ma volevo qualcosa di mio, così ho deciso di aprire un’azienda”. Ha iniziato a collaborare con i grandi marchi della moda internazionale come John Richmond, Dsquared, Karl Lagerfeld, John Galliano e Cavalli che commissionano lavori in metallo come fibbie, accessori per borse e accessori per scarpe. Pietro ha seguito il suo fiuto per il business, distogliendosi così dalle pietre preziose che tanto lo avevano affascinato perché “non si vive né di sogni, né di romanticismo”.

 

Nella fine degli anni Novanta lancia sul mercato la sua linea, chiamata My Philosophy. “L’input è arrivato dagli sms. Tutti comunicavano attraverso la scrittura e allora mi sono chiesto: perché non posso comunicare anche io con un gioiello?”. Per My Philosophy, Pietro ha creato basi di silicone colorate e intercambiabili dal cliente, con una chiusura brevettata, in cui si potevano inserire delle fibbie d’argento o d’oro con diamanti per combinare simboli, per scrivere il proprio nome o parole. Lo scopo era quello di permettere ad ognuno di costruirsi un gioiello personalizzato e il successo è stato mondiale.

 

Come si arriva dall’Italia ad un mercato globale?
 

Con tanta voglia di fare, con coraggio e soprattutto con cultura. Poi bisogna credere nel prodotto e fare innovazione. Le fiere sono importantissime, se non ti fai conoscere nessuno viene a bussare alla tua porta per caso. Ho investito anche nella stampa e nei servizi redazionali. I distributori sono anch’essi fondamentali. La correttezza, la professionalità, la serietà, la puntualità delle consegne, la precisione nel dare il prodotto all’estero. Ci sono, poi, dei limiti culturali per cui un prodotto in alcuni paesi non può andare. In Cina, ad esempio, tolte le città di Shanghai e Pechino, gli uomini non indosserebbero mai un bracciale o un anello.

 
Cosa puoi dirmi dell’ultima collezione?

 
Io ho la convinzione che il gioiello non debba stare in cassaforte, ma debba essere indossato. Non ha importanza il valore intrinseco dell’oggetto, ma il valore che il soggetto gli attribuisce. Io miro a rincorrere l’epoca e in questo momento sono molto attratto dai tatuaggi. Perché tatuarsi in maniera indelebile se la stessa immagine si può indossare con un gioiello? E allora la linea si ispira a teschi, velieri, ancore, rondini secondo lo stile dell’old school con  prezzi abbordabilissimi, come quelli di una t-shirt. Questa collezione è iniziata due anni fa e sono riuscito a coprire il mondo, sperando che continui così. Il prodotto è molto versatile perché un ciondolo può diventare un orecchino, un portachiavi, secondo il gusto del cliente.

 
I tuoi prodotti seguono il tuo gusto personale?
 

C’è molta della mia personalità e del mio essere in quello che faccio. Io non riesco a fare cose che non amo. Io sono rock, ma a volte devo entrare nei panni di qualcun altro per soddisfare le esigenze di chi mi commissiona un lavoro. Seguo il mio gusto e faccio molta ricerca.

 
Cos’è per te il gusto?
 

È cultura, è modo di vivere, è come mangi, come vuoi essere, è un insieme di cose. Ognuno di noi ha il proprio gusto secondo le esperienze vissute. Non è detto che io abbia gusto e un’altra persona no.

 
Perché dici di essere rock?
 

Non mi definisco rock. È il mondo che vivo ad essere rock, quello in cui mi affaccio e al quale mi propongo. La mia anima probabilmente lo è. Se dovessi creare una farfalla o un cuore, simboli propriamente romantici, anch’essi diventerebbero rock. È il mio stile e il modo in cui vedo la vita.

 
Come vedi la vita?
 

Con molto ottimismo. Non bisogna arrendersi, bisogna crederci sempre. Bisogna pensare e sognare che ci siano cose belle nella vita, aspirare alla serenità, avere curiosità. Io sono per il vivere. Anche le delusioni ti danno la possibilità di rialzarti, ripartire e scoprire nuove cose.

 
E in questo periodo che di ottimismo ce n’è ben poco?
 

La colpa è di come ci mostrano le cose. Se uno vuol fare, può fare, perché c’è tanto in questo mondo. Tutti dicono che oggi la vita sia più difficile, ma uno deve essere in grado di svegliarsi la mattina e fare. Se non ci sono opportunità nel proprio paese, allora si fanno le valigie e si va fuori. Ci vuole coraggio. Siamo troppo pigri e comodi, ma io non mi arrendo ai mass media che ci vogliono abbattere. Chi nella vita riesce a raggiungere degli obiettivi, non c’è arrivato a caso, ma con determinazione. E in realtà nella vita non si arriva mai, c’è sempre un nuovo traguardo. Se pensi di vivere di rendita sei morto. Il mercato è spietato, devi sempre inventare con tecnologia, arte e stile. E devi essere in grado di comprendere il mondo finanziario. In pratica oggi bisogna saper esplorare tutto perché se prima un fenomeno durava vent’anni, ora no, dura un attimo.

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