L'agente di polizia municipale che da' del "bugiardo" a un collega commette reato di ingiuria. Lo ha stabilito la quinta sezione penale della Cassazione, rigettando il ricorso di un capitano della polizia municipale che ha impugnato la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal tribunale di Chieti, in linea con quella precedentemente emessa dal giudice di pace. Il capitano dei vigili si era rivolto a una collega, comandante del corpo di polizia municipale di Chieti, rivolgendole la frase: "In questo corpo non lavora nessuno, lei e' una bugiarda, io non parlo con i bugiardi".
Parole ascoltate anche da altri quattro agenti presenti nell'ufficio del comandante, ove peraltro era attivo il congegno di viva voce. Il difensore del capitato ha presentato ricorso lamentando, tra l'altro, l'erroneita' della sentenza per una mancata contestualizzazione dei fatti. Ma la Cassazione lo ha rigettato, ritenendo che "l'affermazione circa il mancato svolgimento di attivita' lavorativa da parte di addetti alla polizia municipale si traduce inevitabilmente in un'accusa - mossa alla dirigente - di incapacita' organizzativa delle delicate funzioni dei singoli vigili urbani e di carenza di controllo sul dirigente".
Quanto all'accusa "di mentire e violare la verita',nell'ambito di una pur accesa polemica, ugualmente costituisce un' indubitabile lesione dell'onore e del decoro sotto il profilo etico e professionale". Infondata la tesi secondo cui la frase pronunciata dal ricorrente non hanno efficacia lesiva perche' lui e' un esponente sindacale.
© Riproduzione riservata
Utenti connessi: 1
Condividi: