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Pubblicato il 27/06/2014 09:09

Inchiesta "Dirty job", nuovi sopralluoghi della Finanza nei cantieri

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La Guardia di Finanza sta esaminando la posizione di altri lavoratori provenenti dalla Campania operanti in cantieri dell'Aquila non oggetto di indagine nell'ambito dell'inchiesta "Dirty job", coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia dell'Abruzzo, che ha portato all'arresto di sette imprenditori con l'accusa di contiguita' al clan dei Casalesi per massimizzare i profitti nei milionari appalti della cosiddetta ricostruzione privata. C'e' il sospetto che il sistema scoperto con la retata di ieri sia piu' esteso, con l'inchiesta che potrebbe allargarsi: ieri sono stati identificati numerosi operai nel corso di blitz, con l'obiettivo di verificare se vi siano altri soggetti vittima del sistema messo in atto dagli indagati, basato sull'intimidazione senza atti violenti nei confronti delle maestranze. Obiettivo, farsi consegnare in nero il 50% dello stipendio regolarmente erogato e sancito da un regolare contratto di lavoro. Tutto questo, secondo l'accusa, per costituire fondi neri e risparmiare sulla manodopera, la voce piu' pesante di un'attivita', per potersi permettere il versamento del 30% del finanziamento concesso per la ristrutturazione di case private a Elio Gizzi, ex presidente dell'Aquila Calcio, e ai fratelli Dino e Marino Serpetti, tutti e tre finiti ai domiciliari. Con questa somma i tre imprenditori, una volta ottenute le commesse con affidamenti diretti, le cedevano, sia pure rimanendo titolari dei contratti, ai Di Tella che organizzavano e gestivano gli operai e quindi i lavori, per stessa ammissione degli imprenditori aquilani nelle intercettazioni, con puntualita' ed efficacia. La Guardia di finanza sta anche verificando la documentazione sequestrata nel corso delle perquisizioni di ieri. Intanto, domani pomeriggio il Gip Giuseppe Grieco ascoltera', per l'interrogatorio di garanzia, gli imprenditori finiti in carcere, i tre componenti della famiglia Di Tella e Michele Bianchini di Avezzano. Le sette ordinanze di custodia, chieste dai pm Antonietta Picardi e David Mancini, sono state firmate dall'altro Gip, Marco Billi. 

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