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Pubblicato il 19/04/2013 23:11

Morte Morosini, gli atti tornano al Pm

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Per la vicenda sono indagati il medico sociale del Livorno Manlio Porcellini, quello del Pescara Ernesto Sabatini, il medico del 118 in servizio quel giorno allo stadio, Vito Molfese, e il cardiologo Leonardo Paloscia, presente allo stadio come tifoso

Gli atti dell'inchiesta sulla morte di Piermario Morosini tornano al pm Valentina D'Agostino. Tocca a lei ipotizzare se ci sono responsabilita' colpose nella morte del calciatore del Livorno morto per cardiomiopatia aritmogena il 14 aprile dello scorso anno sul terreno di gioco dell'Adriatico - Cornacchia di Pescara. 

E' durato tre ore al tribunale di Pescara l'incidente probatorio per fare luce sulla morte del giocatore Piermario Morosini. 

Per la vicenda sono indagati il medico sociale del Livorno Manlio Porcellini, quello del Pescara Ernesto Sabatini, il medico del 118 in servizio quel giorno allo stadio, Vito Molfese, e il cardiologo Leonardo Paloscia, direttore dell'Unita' Coronarica e Cardiologia , presente allo stadio come tifoso. Al centro dell'udienza di oggi la perizia dei tre consulenti nominati dal gip Maria Michela Di Fine. I tre Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte e Riccardo Cappato, hanno illustrato quanto scritto nella perizia e cioe' che il defibrillatore doveva essere usato "tutti i membri dell'equipe - si legge nella perizia - hanno omesso di impiegare il defibrillatore. Ciascuno dei medici intervenuti e' chiamato a detenere , nel proprio patrimonio di conoscenza professionale, il valore insostituibile del defibrillatore semi- automatico nella diagnosi del ritmo sottostante e, in caso di fibrillazione ventricolare, il valore cruciale nell'influenzare le chance di sopravvivenza della vittima di collasso".

Al termine dell'incidente probatorio di oggi tutto il fascicolo e' infatti tornato nelle mani del pm pescarese il quale trarra' le conseguenze e si esprimera' sulla richiesta di rinvio a giudizio o sull'archiviazione per i quattro medici indagati, quello del Livorno Manlio Porcellini, del Pescara Ernesto Sabatini, il sanitario del 118 Vito Molfese e Leonardo Paloscia, primario di cardiologia dell'Ospedale di Pescara.

Piermario Morosini collasso' sul terreno di gioco durante Pescara-Livorno, partita di serie B: attimi drammatici con medici ed infermieri che si affannarono intorno al giocatore crollato al suolo colpito da evidente problema cardiaco. Il Gip Maria Michela Di Fine che ha guidato l'incidente probatorio aveva formulato due quesiti ai periti, il primo sul mancato uso del defibrillatore e l'altro sulle eventuali responsabilita' legali dei medici intervenuti. L'ipotesi di reato e' quella di omicidio colposo.

E i periti, nella loro relazione, hanno stabilito che, fatta certa la causa della morte per cardiomiopatia aritmogena, i quattro sanitari a titolo diverso tra di loro sarebbero responsabili dell'omesso uso del defibrillatore, il cui uso "avrebbe dato qualche chance in piu' di sopravvivere" al povero Morosini. I consulenti hanno anche analizzato il comportamento dei quattro medici che hanno prestato soccorso a Morosini per tentare di rianimarlo. Da parte sua l'avvocato De Nardis, difensore del professor Paloscia, ha detto ai cronisti che dalla perizia emerge " l'estraneita' di Paloscia alla catena causale" . L'avvocato ha inoltre aggiunto che " i consulenti hanno introdotto un discorso di graduazione, cioe' hanno detto che si poteva fare molto di piu' e si doveva fare molto di piu'. All'interno di questo molto di piu' ci sono delle graduazioni delle varie responsabilita' e i colleghi hanno teso a ritagliare per i loro assistiti qual e' la fetta di possibile responsabilita' attribuibile. I periti - ha aggiunto - si sono espressi sull'utilizzabilita' del defibrillatore, ma nulla possono dire su cosa sarebbe successo se fosse stato utilizzato. Per i consulenti il defibrillatore avrebbe dato una chance importante al giocatore, pero' tra coloro che sono intervenuti occorre graduare perche' oltre un certo limite temporale non c'e' possibilita' di recupero. I periti - ha ribadito- hanno graduato tutte le responsabilita' , hanno tenuto conto del tempo di intervento, chi e' intervento prima e' piu' responsabile, e hanno determinato il tipo di responsabilita' cioe' al 118 hanno attribuito una posizione di leader".

Durante l'udienza che si e' svolta in Camera di consiglio, e quindi vietata al pubblico, i periti del Gip, Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte e Riccardo Cappato hanno confermato le loro accuse ai medici, e si e' discusso su tre questioni fondamentali: la eventuale leadership tra i medici accorsi attorno al corpo di Morosini, i tempi degli interventi e uno degli aspetti medico-legali piu' importanti, cioe' la convenzione tra la Asl di Pescara e la squadra calcio di Pescara sulle responsabilita' di intervento.

L'avvocato del medico del 118 Vito Molfese, Alberto Lorenzi, ha spiegato in aula che questa convenzione non sarebbe mai stata notificata al 118 pescarese, mentre il legale di Porcellini, Massimo Girardi, si e' detto deluso perche' 'ci sarebbero gli estremi per l'archiviazione del caso, ma sara' dura, perche' a Porcellini non hanno fatto sapere in quegli attimi concitati che c'era un defibrillatore e lui e' stato impegnato a fare altro per salvare il calciatore". A sua volta Porcellini ha ammesso che per lui "e' moralmente difficile girare pagina, per me e per il rispetto che ho per il ragazzo".

Il commento del medico del Livorno, Manlio Porcellini

 'E' moralmente difficile girare pagina, per me e per il rispetto che ho per il ragazzo'. E' il laconico commento del medico sociale del Livorno, Manlio Porcellini, al termine dell'udienza dell'incidente probatorio relativo alla morte di Piermario Morosini, il calciatore amaranto morto lo scorso anno sul campo di Pescara.

Nel corso dell'udienza l'avvocato Girardi, che difende Porcellini, si e' fatto l'idea che 'ci sarebbero gli estremi per l'archiviazione del caso, ma sara' dura - ammette il difensore - perche' a Porcellini non hanno fatto sapere in quegli attimi concitati che c'era un defibrillatore e lui e' stato impegnato a fare altro per salvare il calciatore'. I periti hanno infatti stabilito che tra le colpe omissive dei sanitari accorsi intorno a Morosini c'e' quella principale di non aver usato il defibrillatore che avrebbe dato secondo i periti qualche chance in piu' al calciatore di vivere. Il defibrillatore, secondo le indagini, era stato portato vicino al corpo del calciatore steso per terra dai paramedici del 118, ma non fu usato da nessun medico.

 

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E' durato tre ore al tribunale di Pescara l'incidente probatorio per fare luce sulla morte del giocatore Piermario Morosini, avvenuta il 14 aprile 2012 allo stadio Adriatico a seguito di un malore avuto durante l'incontro Pescara - Livorno. Per la vicenda sono indagati il medico sociale del Livorno Manlio Porcellini, quello del Pescara Ernesto Sabatini, il medico del 118 in servizio quel giorno allo stadio, Vito Molfese, e il cardiologo Leonardo Paloscia, direttore dell'Unita' Coronarica e Cardiologia , presente allo stadio come tifoso.

Al centro dell'udienza di oggi la perizia dei tre consulenti nominati dal gip Maria Michela Di Fine. I tre, Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte e Riccardo Cappato, hanno illustrato quanto scritto nella perizia e cioe' che il defibrillatore doveva essere usato "tutti i membri dell'equipe - si legge nella perizia - hanno omesso di impiegare il defibrillatore. Ciascuno dei medici intervenuti e' chiamato a detenere , nel proprio patrimonio di conoscenza professionale, il valore insostituibile del defibrillatore semi- automatico nella diagnosi del ritmo sottostante e, in caso di fibrillazione ventricolare, il valore cruciale nell'influenzare le chance di sopravvivenza della vittima di collasso". 

 I consulenti hanno anche analizzato il comportamento dei quattro medici che hanno prestato soccorso a Morosini per tentare di rianimarlo. Da parte sua l'avvocato De Nardis, difensore del professor Paloscia, ha detto ai cronisti che dalla perizia emerge " l'estraneita' di Paloscia alla catena causale" . L'avvocato ha inoltre aggiunto che " i consulenti hanno introdotto un discorso di graduazione, cioe' hanno detto che si poteva fare molto di piu' e si doveva fare molto di piu'. All'interno di questo molto di piu' ci sono delle graduazioni delle varie responsabilita' e i colleghi hanno teso a ritagliare per i loro assistiti qual e' la fetta di possibile responsabilita' attribuibile. I periti - ha aggiunto - si sono espressi sull'utilizzabilita' del defibrillatore, ma nulla possono dire su cosa sarebbe successo se fosse stato utilizzato. Per i consulenti il defibrillatore avrebbe dato una chance importante al giocatore, pero' tra coloro che sono intervenuti occorre graduare perche' oltre un certo limite temporale non c'e' possibilita' di recupero. I periti - ha ribadito- hanno graduato tutte le responsabilita' , hanno tenuto conto del tempo di intervento, chi e' intervento prima e' piu' responsabile, e hanno determinato il tipo di responsabilita' cioe' al 118 hanno attribuito una posizione di leader". L'avvocato Girardi, difensore del medico sociale del Livorno Manlio Porcellini ha detto che "siamo intervenuti per primi perche' ci siamo accorti che il ragazzo stava male, pero' nessuno ci ha detto che c'era il defibrillatore e che andava usato. Abbiamo fatto altre cose utili e poi l'abbiamo lasciato nelle mani di altri. Riteniamo , quindi, che non ci siano gli estremi per il rinvio a giudizio, anche se ci rendiamo conto che e' dura" . L'avvocato Lorenzi, difensore del medico del 118 Vito Molfese, ha sostenuto che al 118 non e' mai stata notificata la convenzione tra la Asl e la Delfino Pescara per la gestione dell'emergenza in campo e sugli spalti. 

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