Per quanto riguarda la previdenza, cambiano i termini ma la sostanza rimane uguale. E' questo, in sintesi, il pensiero di Enrico Paone, presidente del Comitato regionale dell'Inps Abruzzo. "Previdenza, salario differito, riforme, tagli, risparmio previdenziale, fisco, detrazioni fiscali, costo del lavoro, pensioni, Tfr, previdenza complementare, assicurazione integrativa, jobs act...Non dobbiamo meravigliarci - osserva Paone nella sua riflessione affidata a una nota - se col tempo le parole possono assumere un significato diverso da quello originale. Forse gli inglesismi della nostra lingua servono proprio a questo. La sostanza, pero', non cambia. La realta' e' sempre quella e con essa bisogna fare i conti, fuori da dispute nominalistiche. La mia generazione, quella fortunata che si e' affacciata al mondo dopo la seconda guerra mondiale, nell'immaginario del futuro, non mancava mai il riferimento al risparmio previdenziale, insieme alle lotte per il lavoro, il salario dignitoso, la casa, la sanita', la scuola, i servizi pubblici, i diritti; la giustizia sociale; perche' era presente a tutti la condizione economica nella quale si versava"
"Altro discorso era la solidarieta' tra categorie sociali, cioe' verso quei lavoratori che non avevano potuto versare una contribuzione adeguata, oppure verso coloro (soprattutto donne), in una societa' senza diritti, che non avevano i contributi per la pensione, le famose 'marchette'. L'integrazione al trattamento minimo delle pensioni dovute a questi lavoratori, dei coltivatori diretti prevalentemente, poi piu' in generale dei lavoratori autonomi - si legge nella nota - era il risultato di questa nascente cultura che guardava, almeno per i piu' anziani, con parole vecchie, ad un reddito di cittadinanza sociale. Questo stato di cose duro' a lungo e non e' che non ci si accorgesse anche delle misure illogiche (es. le baby pensioni, i prepensionamenti o la Cigs per decine di anni) che 'clientelarmente' sono state promulgate dai vari governi fino agli anni '80. La previdenza, pero', era sempre un risparmio, al punto che si comincio' a porre il problema di separazione della previdenza dall'assistenza, dalle fiscalizzazioni degli oneri contributivi alle imprese, proprio ad evitare che il risparmio previdenziale assumesse la funzione di fiscalita' impropria. Nel tempo - osserva Paone - la situazione socio-economica e occupazionale del paese e' mutata, a causa di tanti motivi tra cui l'innovazione tecnologica, la globalizzazione, il calo delle nascite, l'invecchiamento della popolazione; per cui dagli anni '90 si sono avviate azioni continue di manutenzione del sistema previdenziale per salvaguardarne l'operativita'. Se, indiscutibilmente, e' cambiato il contesto di riferimento, non sono cambiati i temi costitutivi di un sistema previdenziale, quali quelli della solidarieta', della esigibilita' delle prestazioni, della fiducia in chi versa di poter avere una pensione adeguata ai versamenti effettuati".
"Negli ultimi 15 anni, pero' - prosegue la nota - il sistema di governo dell'Istituto e' stato sostituito dal commissariamento, presidenza monocratica ed i vari interpreti, Mastrapasqua, Conti, Treu, hanno svolto il ruolo che veniva loro richiesto dai governi che li avevano nominati, con particolare attenzione alla 'funzione bancomat' per far fronte alle esigenze finanziarie del Paese in crisi. Oggi, nonostante a partire dagli anni '90 si siano determinati notevolissimi risparmi al sistema previdenziale ed altrettanti ne verranno, per centinaia di miliardi, dal 2020 in poi, si continua a perseverare nella logica dei tagli che tanti danni sta determinando al concetto di certezza delle prestazioni, col rischio che oggi si convincono i lavoratori che e' meglio mettersi in tasca il Tfr e domani di camuffare il concetto di risparmio previdenziale confondendolo con una tassazione troppo elevata ed impropria sul lavoro, di cui sarebbe opportuno fare a meno, anche per abbassare il costo del lavoro e far ripartire l'economia. Magari alimentando ad arte una contrapposizione tra vecchi e giovani, occupati e disoccupati, uomini e donne, italiani ed immigrati, per minare la certezza di riscuotere una prestazione, per coloro che oggi versano ad un sistema a ripartizione che nell'equilibrio tra entrate ed uscite, garantisce il reddito di 16 milioni di persone. Questo - dice il presidente del Comitato Inps - e' un rischio che va evitato, spiegando ai giovani che pensare al futuro significa anche governare il sistema previdenziale, magari flessibilizzandolo in uscita, e che la quantita' di lavoratori attivi (italiani e immigrati), il lavoro stabile, quello duraturo e di qualita', e' la soluzione al finanziamento del sistema stesso. Ultima questione, il sistema previdenziale pubblico deve sempre piu' confrontarsi con quello privato, perche' se passasse la logica che il privato alla fine del periodo di accumulo ti restituisce il capitale piu' gli interessi, mentre il pubblico non lo fa e ti potrebbe cambiare il contratto anche dopo aver riscosso una pensione sufficiente per vivere, allora non avremmo fatto un buon lavoro per le nuove generazioni. Infine - conclude nella sua riflessione Enrico Paone - bisogna ribadire con forza che una cosa e' la solidarieta', a cui non bisogna mai rinunciare, ed altro e' l'assistenza, che deve essere posta a carico della fiscalita' generale".
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