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Pubblicato il 12/02/2013 17:05

Arte e poesia, la danza di Silvia Pellegrini

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di Giulia Grilli

Abituati a vedere la danza in televisione, o a paragonarla alle attività fisiche da svolgere in palestra, molti di noi hanno dimenticato come un corpo in movimento possa contenere in sé l'espressività propria di un'opera d'arte. Addentrarsi in un discorso del genere risulta assai complesso per molti, ma non per Silvia Pellegrini. Coreografa e artista della danza, nata a Roma e pescarese di adozione, dedica sin da giovane la sua vita alle interrelazioni tra i diversi ambiti artistici e culturali.

Vissuta spesso all'estero a causa dell'attività lavorativa del padre, Silvia Pellegrini ha scoperto la danza in Venezuela all'età di quattro anni. Ha frequentato il Centro di Danza Contemporanea di Roma, con la docente Elsa Piperno, per poi proseguire gli studi di formazione sulle tecniche fondamentali come la Limòn e la Cunningham. Successivamente ha frequentato diversi corsi all'estero perfezionandosi presso la London Contemporary Dance, The Place a Londra, la Ménagerie De Verre a Parigi, The Dance Space a New York. Ha avuto la fortuna di studiare anche con Carolyn Carlson, Larrio Ekson e di approfondire ulteriori conoscenze laureandosi presso il prestigioso Laban/Bartenieff Institute of Movement di New York.

Nel 1994 ha vinto le selezioni per la Biennale dei Giovani Artisti del Mediterraneo, con uno spettacolo che l'ha portata a rappresentare l'Italia in occasione delle celebrazioni di "Lisbona capitale della cultura europea". Sempre negli anni '90 ha collaborato con Riccardo Aragno, sceneggiatore di Stanley Kubrick, creando lo spettacolo All'Ombra Delle Duse interpretato da Gabriella Borri, per lo Stabile di Torino

Ha partecipato a diverse edizioni dell'International Forum, evento creato dalla Baronessa Lucrezia De Domizio Durini, sulla scia della Difesa della Natura di Joseph Beuys. I lavori svolti hanno trovato ispirazione nelle opere dell'artista tedesco, che soggiornò a Bolognano negli ultimi anni della sua vita, stringendo una straordinaria collaborazione artistica proprio con la Baronessa. Afferma Silvia Pellegrini: "Bolognano è un luogo dell'arte internazionale del ‘900 in cui Beuys ha prodotto le sue ultime opere. Gli International Forum hanno visto la partecipazione di personaggi provenienti da tutt'Europa, ma l'attenzione dei media locali è sempre stata minima."

Seguendo il filone delle opere dedicate a Beuys, troviamo Silvia Pellegrini alla Biennale di Venezia del 2007 con Pliche, lavoro composto da un video artistico e da una performance che lei stessa ha eseguito con Salvator Spagnolo, danzatore delle più grandi compagnie di danza contemporanea del mondo come la Billy T. Jones Dance Company di New York.

Per citare uno degli ultimi lavori, nell'estate 2012 la Pellegrini ha prodotto, a Pescara, Shehinà, uno spettacolo dedicato alla cultura ebraica. Arianna Mongiò, Lara Di Bello, Valeria Pellegrini, Gaia D'Andragora, Chiara Granchelli , Christian Martella e Riccardo dell'Orso, promesse della danza abruzzese, si sono esibiti affiancandosi alla professionista Miriam Di Nardo Di Maio. "La performance è stata introdotta da me e Salvator Spagnolo. Attraverso la manipolazione di una lunga striscia di stoffa rossa, si evocava la discendenza di sangue, che nella cultura ebraica può avvenire solo attraverso la donna . Questo spettacolo è nato in seguito alla sollecitazione ricevuta dopo aver presenziato al conferimento della cittadinanza onoraria da parte del Comune di Castilenti a Gertrude Goetz. Questa scrittrice ebrea, come Natalia Ginzburg, fu salvata dall'olocausto grazie alla solidarietà del popolo abruzzese."

 

Una carriera davvero lunghissima la sua, ma perché i suoi lavori si focalizzano sull'unione della danza con le altre forme d'arte?

La danza come spettacolo mi diverte, ma io ho scelto questa disciplina per avvicinarmi all'arte, e non per esibizionismo o per protagonismo. La letteratura, la pittura, la musica e l'architettura, sono tutti aspetti che concorrono nella mia produzione artistica. In seguito ad un grave incidente stradale nel 1988, ho dovuto rinunciare ad un contratto importante che mi avrebbe portato a ballare a New York. Da allora, il mio interesse si è concentrato sul corpo come strumento di un'opera sia dalla prospettiva del ballerino che da quella del creatore dell'opera stessa, ovvero il coreografo.

 

Cos'è che rende la danza un'opera d'arte?

La resistenza al tempo è l'elemento principale, perché un'opera d'arte non ha età. Inoltre, il mistero, quello che Garcia Lorca chiamava il duende, ha un aspetto fondamentale. La complessità del pensiero che sottende una creazione artistica non deve essere esibita, ma deve arrivare allo spettatore anche se ciò a cui si assiste può sembrare di facile lettura. Condivido la definizione che hanno dato di me, ovvero un'artista concettuale. Nel tempo ho creato un mio stile, in cui tendo a lavorare sull'introspezione psicologica dei personaggi in scena. L'ambiente coreografico spesso viene costruito attraverso delle stoffe nei colori, rosso, bianco e nero.

 

Secondo lei come viene accolta la danza dal pubblico?

La danza in Italia è svilita. Le nazioni che hanno sviluppato questa disciplina, come la Francia, l'Inghilterra e la Germania, sono quelle che hanno investito nella cultura e nell'arte in generale, mentre il nostro paese ha sempre operato tagli in questo settore. Vivere in un mondo fatto di immagini propinate attraverso l'uso e abuso di Internet, ha annullato i momenti legati alla concentrazione e al silenzio. Il nostro cervello non ha più il tempo di decodificare le informazioni. Inoltre, non c'è più il riconoscimento della figura del maestro, svilita dalla nostra società. Avere tutto e subito non produce un artista che ha bisogno, invece, di concentrazione, sedimentazione, riflessione e sofferenza. I programmi televisivi in cui gli allievi dicono ai propri insegnanti cosa sarebbe giusto fare, o dove la polemica è fine a se stessa, sono tremendamente diseducativi. Questo scenario si riflette anche sulla danza, ovviamente, e su come il pubblico la recepisce e la vive.

 

Come si riconosce un bravo ballerino?

Spesso si confonde l'abilità fisica con la capacità di poter diventare un vero danzatore. Si tende a riconoscere il bambino dotato come colui che ha grande mobilità. Questa, se non è supportata da volontà, dalla capacità di essere istrionici, e quindi dalla capacità di interpretare il personaggio, resterà solo tecnica. È l'espressività, intesa non solo come espressione mimica ma come interiorizzazione del momento drammaturgico, che rende il ballerino un artista. Si possono avere ottime capacità, ma non essere interessanti sul palcoscenico.

 

Ma oltre ad essere arte, cos'è per lei  la danza?

Ci sono mille definizioni, ma per me, ognuno di noi porta con sé la danza. Il mondo è legato al movimento, per questo la danza è vita, come diceva Rudolf Laban.

 

 

 

 

Fotografie di Loris Speziale

 

 

© Riproduzione riservata

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