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Pubblicato il 05/07/2013 14:02

La pittura d’azione di Roberto Di Sipio

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di Giulia Grilli

Si va dal dripping pollockiano ai dipinti che ricordano le immagini dei test di Rorschach, per finire con le tele dai colori fluo che si accendono sotto la luce ultravioletta. La memoria di Roberto Di Sipio, pescarese, classe 1982, risiede proprio nella sua espressione artistica. E si parla di memoria di un giovane talento, perché la vita, come talvolta tragicamente accade, gli è sfuggita troppo presto, lo scorso 22 gennaio.

Se l'artista è colui che esprime la sua personalità attraverso un mezzo dotato di valore estetico nei campi della cultura, allora Roberto lo era a tutti gli effetti. Architetto di professione, pittore, amante della vita e grande esteta, la sua creatività era indiscutibile.

Durante una lunga colazione nell'Appartamento Lago di Pescara, la tenant Sabrina Zimei, Chiara Mazzocchetti e Riccardo Ferrara ricordano la personalità artistica del loro amico, tra risate e attimi di malinconia. Circondati dalle tele di Roberto, appese ancora alle pareti dell'appartamento dopo la mostra dello scorso giugno, la memoria è scivolata indietro nel tempo.

 

 

Quando è iniziato il percorso artistico di Roberto?

(Sabrina) Ha iniziato a dipingere nel 2004, da autodidatta, con piccoli passi e cercando di capire come mettere il colore su tela. Aveva una grandissima cultura artistica, e sicuramente ha impiegato un po' di tempo alla ricerca dell'autore a cui ispirarsi.

(Chiara) Ha sempre avuto un gran metodo, in tutte le cose che ha fatto, dall'architettura all'arte. Era uno spirito brillante, diverso dagli altri, con una mentalità molto aperta. Non ho mai creduto che avesse bisogno di maestri, ma sicuramente doveva comprendere il genere attraverso il quale esprimersi.

(Riccardo) Durante il primo anno di sperimentazione mi aveva già regalato un quadro, perché da poco ero andato a vivere da solo. Ce l'ho ancora appeso insieme a tutti gli altri, ma si nota la differenza, come la crescita rispetto alle tele successive.

 

Quanto ha impiegato per creare il suo stile?

(Sabrina) Un annetto, secondo me, e poi si è evoluto molto. Ha iniziato a riempire delle geometrie con il colore, in maniera molto elementare, per fare un po' di rodaggio. Evidentemente la tecnica non lo ha soddisfatto, per cui è passato alla pittura d'azione e al dripping pollockiano. Ha perfezionato sempre più la successione di strati cromatici, e secondo me in questa dimensione ha trovato se stesso, dimostrando la laboriosità e l'impegno della sua arte. Infine, ha scelto lo stile di Rorchach.

 

 

Da Pollock a Rorchach, qual'è il salto?

(Chiara) Roberto era sperimentazione pura, e non escludo che queste tele potessero essere una sfida e un divertimento per lui. Mostrare il quadro e chiedere all'osservatore "tu cosa ci vedi?", come si fa con le vere macchie di Rorchach, sarebbe stata la prova dell'impatto delle sue opere sul pubblico.

(Sabrina) Io, personalmente, in questi quadri ci vedo l'esteta, la sua voglia di sorprendere e apparire. Sono le tele più grandi che ha fatto e sembrano delle vetrine per presentarsi.

(Riccardo) Le macchie di Rorchach hanno rappresentato gli ultimi lavori di Roberto, all'inizio della sua malattia, nel 2011, e in esse è visibile tutta la sua voglia di vivere.

 

E le tele fluo?

(Sabrina) Lui cercava la meraviglia in quello che faceva perché voleva stupire, e secondo me c'è riuscito. Le lampade a luce ultravioletta erano già a casa sua, e tutti sapevano che questi quadri erano nati proprio così. Roberto comunicava tutto agli amici, comprese le tecniche che sperimentava e che poi mostrava. Entrando nel suo appartamento era visibile la sua grande passione perché, in fondo, desiderava una vita da artista.

 

 

In che senso?

(Sabrina) Nel periodo universitario ci riunivamo spesso in casa mia, e mi ricordo che lo studio di mio padre era un luogo che lo attirava moltissimo. C'erano tutti i quadri accatastati uno dietro l'altro in un percorso obbligatorio formato dalle tele che lui andava a curiosare. Una sera, nel 2008, durante una cena, mi parlò dei suoi dipinti e di quanto lo studio di mio padre lo avesse affascinato. In quell'occasione aveva capito che voleva circondarsi di arte, perché aveva l'esigenza di comunicare. Roberto aveva la personalità dell'artista.

 

Perché la sua è pittura d'azione?

(Sabrina) Perché lui si stancava quando dipingeva e lo diceva. La tela non era mai sul cavalletto in posizione verticale, ma era a terra, quindi si doveva piegare in continuazione per creare le sue opere. In questi quadri c'è la declinazione del suo stato d'animo del momento, dalle giornate tranquilli in cui era capace di regalarti un sorriso, alla malinconia, fino alla rabbia. Roberto non era semplice e se non stava bene non ti faceva star bene. Persone come lui sono rare da incontrare, ma è una fortuna quando le incroci nella tua vita, perchè ti stimolano tantissimo.

(Riccardo) Si, è vero, aveva una personalità molto complessa, esternava ogni emozione ed era impossibile stare con lui tutti i giorni senza litigare. Era il mio amico, da quando avevamo 14 anni, ed era anche un gran pezzo di pane, disponibile e pronto a dare.

(Chiara) Ogni evento importante della sua esistenza, positivo o negativo, è fissato nelle tele che ha prodotto. Dipingere era il suo premio, il modo per scaricarsi, per ricordare quell'attimo. Amava la vita e credeva che avrebbe sconfitto il suo male fino all'ultimo. D'altra parte la password del suo pc era "fortunato"...

 

 

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