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Pubblicato il 28/04/2014 10:10

Quando il bastardo muore, nessuno ha colpa

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di Giulia Grilli

Ci sono storie giudiziarie che durano anni, e mentre la dichiarazione di una sentenza conclusiva si lascia attendere, la società cambia. E a volte, dietro le parti in causa, si nascondono i racconti di altre persone. Ma in questo caso si cela la vita di esseri destinati ad un'esistenza dietro le sbarre, senza che abbiano alcuna presunta colpevolezza, se non quella di essere nati e abbandonati ad un destino incerto. Questi carcerati sono i cani randagi.

 

E' del 20 gennaio 2014 la Sentenza di Appello nella causa vertente tra il Comune di Pescara, appellante, e l'Abruzzo Servizi s.r.l. appellata, e pone fine ad una storia durata quattordici anni. Tutto ha inizio nel 1998 con una convenzione più volte prorogata fino al 31/3/2000 con cui il Comune di Pescara incaricava l'Abruzzo Servizi s.r.l. di provvedere al mantenimento, nel proprio canile di Fallo (CH), di randagi che fossero stati affidati dal Comune stesso. Quest'ultimo aveva più volte invitato la struttura, alla scadenza del contratto, a consentire il trasferimento degli animali presenti nel canile in un impianto diverso, lo Zoo Parco La Rupe sito in Civitella Casanova, con il quale aveva stipulato una nuova convenzione. Secondo quanto dichiarato dal Comune di Pescara, l'Abruzzo Servizi aveva permesso l'operazione solo dopo alcuni mesi, in data 14/7/2000 restituendo animali diversi, ovvero 42 a fronte dei 90 che le erano stati consegnati, di cui solo 9 risultavano di proprietà del Comune.

 

Da qui nascono le vicende giudiziarie per cui L'Abruzzo Servizi s.r.l richiede con decreto ingiuntivo il pagamento di un compenso dovuto per il mantenimento dei randagi nel periodo successivo al termine del contratto e per lo smaltimento delle carcasse degli animali deceduti nel corso del rapporto. Nel mentre, il Comune di Pescara presenta domanda risarcitoria basandosi sul rilievo che nel triennio di vigenza del contratto fosse deceduto un numero di cani tale da dimostrare che l'Abruzzo Servizi non li avesse curati adeguatamente. La Sentenza del Tribunale d'Appello de L'Aquila accoglie l'opposizione al decreto ingiuntivo e respinge la domanda risarcitoria del Comune.

 

Fallo, 14 luglio 2000

 

Al di là della burocrazia, delle norme contrattuali e dei procedimenti giuridici, la vita dei "bastardi" morti nel canile non troverà mai una giustizia. A raccontare il giorno del trasferimento dei randagi superstiti da Fallo al Civitella Casanova è Carmelita Bellini, dell'Associazione Dog Village di Montesilvano, una donna che ha dedicato la sua vita agli amici a quattro zampe. Incaricata dall'Amministrazione comunale di Pescara, si recò a Fallo i giorni 12 e 14 luglio 2000. "Fu una delle scene più dure che abbia visto in vita mia. Da lontano riuscii a scorgere i randagi nelle gabbie, uno sopra all'altro mentre abbaiavano inferociti. Quelli non erano cani, ma tigri! Le operazioni furono svolte da me, dai Dottori Veterinari Corrado Menna e Silvana Sonzogni, dall'operatore Enzo Brettone, dal Signor Roberto Locatelli e dalla guardia Zoofila Carla De Dominicis. Utilizzammo dosi di tranquillanti per poterli caricare su un camion adibito al trasporto animali. Per fortuna non si verificò alcun danno, ma svolgere quel trasferimento non fu affatto facile".

 

Cani privi di tatuaggio, o con tatuaggio illeggibile, e quindi non identificabili. Impossibile sapere se fossero deceduti entro i termini del contratto o dopo la sua scadenza. Inoltre, il Comune di Pescara non ha fornito, durante il contenzioso, nessuna prova a sostegno della tesi secondo cui l'Abruzzo Servizi s.r.l. non avrebbe accudito professionalmente gli animali che le erano stati affidati, né del fatto che fosse abnorme il numero di cani morti nel corso del rapporto, tenuto conto che la loro salute era già defedata dal randagismo.

 

La capanna di un cane randagio nella città di Pescara

 

 

Ma cosa è successo in questi quattordici anni? Le condizioni sociali sono cambiate radicalmente, a Pescara il cane vagabondo e feroce è pressoché inesistente, e la nostra è una delle regioni più virtuose in merito. Era già del 1999 il progetto relativo allo Sportello per la Sterilizzazione, approvato dall'Assessore Patrizia Ciaburro e portato avanti dall'Assessore Rossodivita. La necessità di fermare il proliferarsi del randagismo fu promossa proprio grazie alla collaborazione tra il Comune di Pescara e l'Ordine dei Veterinari, che permise di offrire la possibilità al cittadino di sterilizzare il proprio animale ad una cifra inferiore rispetto a quella ordinaria. Nel mentre Carmelita Bellini, agguerrita sostenitrice del progetto, continuava ad operare per le strade, sempre incaricata dal Comune, per prevenire la nascita di cuccioli indesiderati. Così al randagio buttato per le vie della città faceva posto il cane di quartiere, sterilizzato, accudito dai cittadini, con la cuccia di legno, ciotola e collare. La medaglietta riportava "sono solo, adottatemi".

 

Il cane di quartiere a Pescara


Nonostante gli innumerevoli passi avanti, l'abbandono degli animali persiste, soprattutto quelli di razza. In Abruzzo, infatti, il bastardo ha il pedegree, e nelle case il posto per pinscher, pastori tedeschi, e rottweiler ha vita breve. Ma è inutile indignarsi davanti a servizi televisivi che mostrano le barbarie dell'uomo nei canili lager. Quelle condizioni di miseria, a volte, possono essere più vicine di quanto crediamo. Per evitare che i nostri amici a quattro zampe muoiano, senza che una giustizia venga portata avanti per la vita strappata ad esseri privi di parola, ma con una coscienza molto più grande dei loro carnefici, l'adozione o l'acquisto di un cane dev'essere una scelta ben ponderata. Nel frattempo i decessi di Fallo resteranno avvolti nell'oscurità.

 

 

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