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Pubblicato il 12/02/2014 23:11

Letta: Renzi dica se vuole venire al mio posto

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#iosonoserenoanzizen. Io sono un uomo del Pd. Io sono un uomo delle istituzioni. Enrico Letta sfida il suo partito e il suo segretario Matteo Renzi. Patto di coalizione, niente rimpasto, un Letta-bis legato alle riforme e senza piu' data di scadenza, nessun passaggio di consegne consensuale. Perche', si sfoga con i suoi il premier, "e' immorale pensare che io accetti premi di consolazione", con un incarico di prestigio nel governo Renzi o un posto in Europa. "Le dimissioni non si danno per dicerie, manovre di Palazzo o retroscena. Ognuno si assuma le sue responsabilita': io in primis, il mio partito, il suo segretario. Io chiedo chiarezza e la chiedono gli italiani. Ognuno deve dire cosa vuole fare, soprattutto chi vuole venire qui al posto mio". Ecco cosa risponde Letta a chi si appresta a leggere in filigrana il suo discorso, cercandovi segni di distensione in vista della direzione cruciale di domani. Il premier al Nazareno andra' ad "offrire" il suo piano di rilancio, a tesa alta e con "l'orgoglio delle cose fatte", pretendendo alla fine un pronunciamento ufficiale. "E non dichiarazioni a mezzo stampa", dicono i suoi. Letta combatte per non morire, ma se dovra' farlo sceglie la morte bella. "Se il partito boccera' il suo contributo ne trarra' le conseguenze", spiegano a Palazzo Chigi. "Ma solo dopo la direzione decidera' se chiedere al Capo dello Stato un passaggio alle Camere", aggiungono. "Concretezza" e non "personalismi", "molte idee" e "non liste di ministri": il premier si mostra e indisponibile al compromesso e punzecchia Renzi, dopo il "confronto franco" nel teso vertice mattutino che Letta ha preteso fosse a Palazzo Chigi e non altrove. "Io mi considero un uomo delle istituzioni, ho lavorato con spirito di servizio e cosi' mi voglio comportare ancora, i miei destini personali non contano nulla", chiude a chi ancora continua a blandirlo con offerte che facilitino la strada alla 'staffetta'. "Tanti hanno cercato di farmi fuori fin dall'inizio - si sfoga in conferenza stampa - ed io sono andato avanti ogni giorno come se fosse l'ultimo. Il mio hashtag e' #iosonoserenoanzizen. Dovesse andare male questa vicenda potrei andare ad insegnare Zen in qualsiasi monastero orientale". "E' tardi? Non e' colpa mia - rigetta le accuse di immobilismo di Renzi e del partito -. Io sono un uomo del Pd e ho coerentemente atteso di presentare il nuovo programma perche' il Pd voleva prima un impegno sulla legge elettorale". Ma adesso "sarebbe un errore, appena finita l'emergenza finanziaria, incasinarci con le nostre divisioni", avverte. "Per uscire da questa crisi dobbiamo ricordarci che siamo in una cristalleria e fare molta attenzione, se no finisce male", chiarisce in vista della direzione Pd. E se il suo partito lo sfiduciasse? "Vediamo la discussione, sono abituato alle sfumature, domani e' un altro giorno...", lascia tutto aperto. Ben sapendo che "le istituzioni hanno regole, per fare un governo serve una maggioranza parlamentare, cosi' come un governo cade se c'e' l'evidenza istituzionale che questa maggioranza non c'e' piu'".

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