Per cambiare il ''verso'' al Pd, all'Italia e all'Europa Matteo Renzi indossa la giacca a Bari e lima i toni polemici. pur annunciando la sua ''rivoluzione radicale'' dopo 20 anni in cui ''il paese ha perso tempo e l'establishment ha fallito''. Il capoluogo pugliese, scelto come prima tappa per conquistare la leadership del Pd, non era una roccaforte del sindaco di Firenze alle primarie di febbraio scorso contro Pier Luigi Bersani. Neanche un anno dopo, invece, al centro congressi della Fiera del Levante vengono ad omaggiarlo in molti: nelle prime file siedono il sindaco di Bari Michele Emiliano, il dalemiano Nicola Latorre, dalla Liguria arriva anche Claudio Burlando. Renzi preferisce fare il viaggio, su un volo charter, con volontari e fedelissimi della prima ora e, appena salito sul piccolo palco a forma di freccia, avvisare tutti: ''Sul carro non si sale, si spinge''. Sondaggi e appoggi di correnti danno per scontata la vittoria dell'enfant prodige del Pd. Ma lui, un po' per scaramanzia, un po' per convinzione, non vuole dare niente per certo e sprona i militanti ad ''essere protagonisti'' e dare ''il nome dei nostri sogni al paese''. In realta', come recitano i vari slogan della campagna 'L'Italia cambia verso', Renzi non punta solo a diventare leader del Pd ma a cominciare una battaglia di rinnovamento che parte dal Pd per arrivare alla guida del paese. Per evitare di entrare subito in rotta di collisione con il premier Enrico Letta, il sindaco evita affondi ma chiarisce come, se diventera' segretario, si rapportera' al governo, a partire dalla legge di stabilita': ''Il governo non si caratterizza per quanto dura ma per le cose che fa. Se fa le cose utili noi lo sosteniamo. Non vogliamo mettere bandierine come Brunetta ma fare in modo che le cose si facciano''. E' triplice, infatti, la scommessa che Renzi annuncia, promettendo che manterra' le promesse con la ''coerenza di chi si mette in gioco''. E con l'obiettivo ''di restituire la speranza'' dopo anni di rassegnazione. Il sindaco vuole cambiare prima 'verso' al Pd. Non gli interessa tanto la disputa sul partito leggero o pesante ma solo che ''spalanchi'' le porte perche' ''se continua come adesso non vince e un partito che non vince mai non serve perche' vincere e' l'unico modo perche' l'Italia torni a crescere''. Solo con un Pd vincente, ''curioso e coraggioso'', si puo' trasformare anche il paese e con un Italia ''credibile'' ''si puo' anche chiedere che cambino i paletti in Europa'', come il tetto del 3 per cento al deficit. Per 45 minuti, Renzi parla a braccio, leggendo solo qualche citazione dai fogli, in piedi in mezzo al pubblico sotto l'unico cono di luce della sala. E la platea apprezza anche i passaggi più duri, come quello contro l'amnistia. ''Affrontare oggi il tema dell'amnistia e dell'indulto e' un clamoroso errore, un autogol, attacca chiedendo riforme strutturali e prima di tutto l'abolizione della Bossi-Fini e della Fini-Giovanardi. Cosi' come l'annuncio, dopo aver ringraziato Roberto Giachetti in sciopero della fame, che a novembre presentera' una proposta di riforma elettorale, il cosiddetto 'sindaco d'Italia', che faccia del Pd la ''sentinella del bipolarismo''. Una proposta che metta fine a perdite di tempo e ''giochetti'', avverte spiegando, in polemica con il vertice dem, che la riforma del Porcellum deve partire dalla Camera, dove ci sono i numeri con Sel e Scelta Civica, e non restare impantanata al Senato. Il messaggio e' chiaro: ancor prima di scalare il partito, Renzi vuole iniziare a dare le carte, ad incidere. E pazienza, come lui stesso ammette, se ''per alcuni del Pd la mia candidatura e' una sorta di rassegnato abbandono, un male necessario''.
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