Nei primi quattro mesi dell'anno non si e' arrestata l'emorragia di negozi: secondo i dati dell'Osservatorio Confesercenti, da gennaio ad aprile hanno cessato l'attivita' un totale di 20.297 imprese, piu' di 166 al giorno, a fronte di sole 9.352 nuove aperture, per un saldo finale di -10.945 unita'. E nell'alimentare hanno chiuso i battenti quasi 3mila imprese. "E' allarmante come il forte calo delle vendite si accompagni a nuovi dati drammatici di chiusure delle attivita' commerciali", sottolinea Confesercenti commentando i dati Istat.
"La crisi - ricorda Confesercenti - e' stata particolarmente grave per il commercio alimentare. Non solo a marzo, secondo i dati Istat, le vendite cedono dello 0,4%, ma da gennaio ad aprile il comparto ha visto chiudere 2.789 attivita' per un saldo finale negativo di 1.099 imprese. Non c'e' ripresa neppure nel non-alimentare: vendite fiacche ovunque e un settore ormai cronicamente in crisi come l'abbigliamento segnala la gravita' della situazione: il dettaglio tessile, abbigliamento e calzature registra infatti da gennaio un vero tonfo, con 2.034 aperture e 4.961 chiusure". "Altro che allarme rosso - commenta l'associazione - questo scenario non solo riaccende i rischi di deflazione, ma puo' avere conseguenze nefaste anche a monte della filiera commerciale aggravando lo stato gia' critico delle imprese che lavorano per il mercato interno. E' inutile tergiversare. A questo punto occorre un pacchetto di interventi forti: va ridotta significativamente per tutti, imprese e famiglie, una pressione fiscale incompatibile con una speranza di ripresa economica; va combattuto con maggiore energia il fenomeno dell'abusivismo che affossa interi settori economici; vanno liberate le imprese al piu' presto dell'onere pesantissimo degli adempimenti fiscali e burocratici, che sono diventati una sorta di girone infernale con mille incertezze, mutamenti improvvisi di scadenze e regole, ricorsi improvvidi alla retroattivita' delle norme".
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