Il posto fisso diventa sempre piu' un miraggio, intanto stipendi e pensioni languono con l'inevitabile aumento della poverta', ormai al massimo storico. Finito l'anno e' tempo di bilanci, ancora una volta sotto il segno della crisi. Il Rapporto sulla coesione sociale di Istat, Inps e ministero del Lavoro non lascia dubbi: in un anno i salari degli italiani sono aumentati solo di quattro euro, mentre oltre 7,6 milioni di pensionati vanno avanti con meno di mille euro al mese. Ancora peggio va per i giovani, basti pensare che gli under30 con posto fisso sono diminuiti quasi del 10%. Ecco allora la radiografia del Paese sotto i raggi X delle banche dati nazionali.
I dipendenti con posto fisso nel 2013 sono diminuiti dell'1,3%. E la discesa si e' trasformata in una caduta per i lavoratori under30 'senza scadenza', in calo del 9,4% sul 2012.
La retribuzione media nel 2012 e' risultata pari a 1.304 euro, con un rialzo di appena quattro euro rispetto all'anno precedente (nel frattempo l'inflazione e' salita del 3%). Le donne si devono accontentare di soli 1.146 euro. E ancora meno e' pagato il lavoro degli stranieri (968 euro).
Nel 2012 il 46,3% percepisce assegni per un totale che resta inferiore ai 1.000 euro lordi al mese. Si tratta di 7 milioni 676 mila persone, di cui oltre due milioni e mezzo non arrivano a 500 euro.
Nel 2012, si trova in condizione di poverta' relativa, andando avanti con soli 990 euro pro-capite al mese, il 12,7% delle famiglie residenti in Italia, per un totale di 9 milioni 563 mila abitanti. Si tratta dei valori piu' alti dal 1997, data di inizio della serie storica. Nello stesso anno sono saliti a quota 4,8 milioni coloro che sono definiti come poveri assoluti, privi cioe' di un budget che permetta il raggiungimento di standard minimi di vita. A confronto con il 2005 risultano raddoppiati e se si guarda al Nord la loro incidenza e' perfino triplicata.
Non conforta il paragone con altri paesi, visto che l'Italia presenta un rischio poverta' o esclusione sociale pari quasi al 30%, soglia superata tra i paesi dell'Ue a 15 solo dalla Grecia. Fuori dalle percentuali significa che sono 'in pericolo' 17,4 milioni di persone.
L'universita', complice la crisi, non e' piu' in grado di attrarre i giovani come negli anni passati, con il tasso di passaggio, ovvero il rapporto tra matricole e diplomati, sceso al 58,2% nel 2011-2012 dal 73% del 2003-2004. Come se non bastasse, nel rapporto viene giudicato ''decisamente molto elevato il fenomeno dell'abbandono prematuro degli studi'', che interessa circa 800 mila giovani under25.
Aumentano separazioni e divorzi (+14,4% in sei anni), con il 30,1% delle famiglie che ormai e' rappresentato da persone sole. Guardando alla 'prole', in Italia hanno il coraggio di allevare tre o piu' figli solo il 7,9% delle coppie, mentre oltre la meta' si ferma a uno. D'altra parte le donne mostrano molta prudenza, anteponendo la stabilita' lavorativa alla famiglia. Tanto che e' a tempo indeterminato la stragrande maggioranza (il 91%) delle neomamme. Le ferite lasciate dalla recessione sono state quindi profonde e lo stesso ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, nella premessa al rapporto, ammette come l'Italia sia ''tra i Paesi piu' colpiti'', ma sottolinea ''il sistema di coesione sociale ha tenuto, consentendo al Paese di sopportare sacrifici'' per riforme e stabilita' finanziaria.
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