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Pubblicato il 07/02/2013 06:06

Rischio idrogeologico, l'82% dei Comuni in pericolo

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Oltre cinque milioni di italiani vivono in zone pericolose esposte a frane e alluvioni, e piu' di 6.500 comuni (l'82% del totale) hanno aree a rischio idrogeologico. La superficie critica si estende per oltre 29.500 kmq (il 9,8%) del territorio nazionale. Numeri, questi, che fanno parte della fotografia sul dissesto del suolo in Italia.

 Tra le regioni piu' esposte, con oltre il 95% del territorio 'sensibile', Calabria, Molise, Basilicata, Umbria, Valle d'Aosta, provincia di Trento, Marche, Liguria, Lazio, Toscana. Questa la mappa del rischio idrogeologico in Italia.

Otto comuni su 10 sono a rischio. Su 6.633 comuni (29.517 kmq di superficie) il 24,9% si trova in aree franabili (17.254 kmq), 18,6% in aree alluvionali (12.263 kmq), 38,4% in aree franabili e alluvionali; il 5,7% del Paese si trova in aree franabili, il 4,1% in aree alluvionali.

-La suddivisione per regione delle aree piu' a rischio (regione, numero di comuni interessati): - Valle d'Aosta, 74 comuni; - Piemonte, 1049; - Lombardia, 929; - Veneto, 327; - Trentino Alto-Adige, 248; - Friuli Venezia Giulia, 201; - Liguria, 232; - Emilia-Romagna, 307; - Toscana, 280; - Marche, 245; - Umbria, 92; - Lazio, 372; - Abruzzo, 294; - Molise, 136; - Campania, 504; - Puglia, 200; - Basilicata, 131; - Calabria, 409; - Sicilia, 277; - Sardegna, 306.

L'importanza della prevenzione viene messa in evidenza da Legambiente, che calcola il costo prodotto dai danni, specie in fase di emergenza: la stima parla di 'un milione al giorno negli ultimi tre anni, e solo per far fronte alle spese di somma urgenza per gli eventi nel triennio 2009-2012; in totale circa 1 miliardo, anche se i danni contabilizzati sono il triplo delle risorse stanziate'. Per il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, 'la terra frana perche' si sono dimezzati gli agricoltori nelle aree marginali negli ultimi 30 anni, periodo in cui sono stati abbandonati 3 milioni di ettari di terreno'.

I geologi ritengono sia 'urgente dare attuazione concreta a un programma organico di prevenzione'. Infine, l'Anci pensa che 'costi, diseconomie e lentezze decisionali' siano dovute 'alla stratificazione amministrativa' e alla 'distribuzione tra diversi soggetti' delle competenze sulla difesa del suolo.

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