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Pubblicato il 09/11/2012 11:11

Petrolizzazione, Pagano: "stop a nuove concessioni"

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La relazione del presidente del Consiglio regionale, alla "Conferenza internazionale delle regioni adriatiche e ioniche, per la salvaguardia delle coste del Mediterraneo dall'estrazione di idrocarburi in mare"

 Per motivi di salute il Presidente del Consiglio regionale Nazario Pagano, questa mattina non ha potuto partecipare alla "Conferenza internazionale delle regioni adriatiche e ioniche, per la salvaguardia delle coste del Mediterraneo dall'estrazione di idrocarburi in mare", in programma a Venezia. Pagano ha comunque inviato la sua relazione, che e' stata letta nel corso dell'incontro e acquisita agli atti che saranno trasmessi ai Ministeri competenti.

"Questa conferenza - sottolinea il Presidente - che vede riuniti i rappresentanti delle Regioni italiane che si affacciano sul Mare Adriatico e degli Stati della penisola balcanica, ha un grande significato politico, perche' ci vede tutti concordi su un unico obiettivo: fermare il rilascio di nuove autorizzazioni per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi che sarebbero stati individuati nel nostro mare. Una richiesta che il Consiglio regionale dell'Abruzzo ha formalizzato fin dal 2010, prima Regione in Italia, approvando un progetto di legge alle Camere - trasmesso successivamente al Parlamento - che chiedeva di vietare 'La prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi liquidi nelle acque del mare Adriatico prospicienti Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia'. Gia' nel 2008, pero', avevamo disciplinato l'insediamento degli impianti di estrazione a terra, escludendo dai permessi una serie di aree di alto pregio paesaggistico e ambientale".

Per Pagano oggi pero' e' arrivato il momento di prendere una posizione netta contro gli insediamenti in mare, perche' il rischio per l'ambiente e' troppo alto. "L'Adriatico e' un bacino chiuso, con una larghezza massima tra la sponda orientale e quella occidentale che non raggiunge i 150 chilometri (poco piu' di 80 miglia marine) - scrive - con tratti di costa unici e una fortissima antropizzazione, soprattutto sul versante italiano. Viene da chiedersi quali sarebbero potute essere le conseguenze se, un incidente come quello avvenuto nel giugno 2010 nel Golfo del Messico, fosse accaduto in Adriatico".

"Va poi sottolineato l'aspetto riguardante la certezza dei dati relativi alle risorse disponibili - prosegue il Presidente - su cui c'e' grande discordanza. Lo scorso aprile, il Ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera ha affermato che in Italia esistono ingenti riserve di gas e petrolio, in grado di coprire il 20 per cento del fabbisogno nazionale (pari a 72 milioni di tonnellate annue), oggi assicurato solo per il 10 per cento dagli impianti attualmente in funzione. Nel Rapporto Annuale 2012, la Direzione Generale per le Risorse Minerarie ed Energetiche dello stesso Ministero, ha pero' calcolato che ai consumi attuali, le scorte petrolifere in mare classificate come certe (che si attestano a 10,3 milioni di tonnellate), sarebbero sufficienti a coprire il fabbisogno nazionale per appena 7 settimane, che salgono a 13 mesi se aggiungiamo al conteggio anche i giacimenti a terra, che si concentrano in gran parte in Basilicata. Cifre che impongono specifici chiarimenti da parte dal Ministero, in quanto i progetti di nuovi pozzi insistono in contesti dove le attivita' economiche, come il turismo, la pesca e l'agricoltura, costituiscono elementi forti di valenza e sviluppo territoriale, che producono consistenti quote del Pil italiano. Di fronte alle coste abruzzesi, per fare un esempio, sono attive 3 piattaforme per complessivi 29 pozzi (in tutta Italia ci sono 9 piattaforme e 68 pozzi) che nel 2011 hanno prodotto appena 200mila tonnellate di petrolio, pari al 32 per cento della produzione totale nazionale. Sottolineo, appena 200mila tonnellate, su un fabbisogno nazionale di 72 milioni di tonnellate".

Pagano torna a insistere sulla necessita' di un quadro economico e normativo certo. "Solo a quel punto - rimarca - si potra' aprire un serio dibattito su questi progetti, valutando attentamente costi, benefici e criticita'. Su questo sono convinto che il Governo nazionale debba fare un passo indietro e rivedere numerosi aspetti di quella che dovrebbe essere la governance del settore estrattivo, con particolare attenzione al ruolo degli enti locali, Regioni in primis, che non devono essere visti solo come degli ostacoli, ma invece come risorse su cui contare per predisporre una programmazione piu' puntuale e attenta, in grado di incidere realmente sulle prospettive di crescita del nostro Paese in un'ottica sostenibile, che non lasci alle future generazioni il compito di porre riparo a eventuali errori commessi oggi".

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