"Ho chiuso definitivamente con la politica, dalle 13 di oggi sono un libero cittadino, sono un medico della Asl, un po' anziano, che domani va a lavorare in ospedale negli orari normali, non in quelli strani di quando ero sindaco. Ho smontato tutto e domani porto via le mie cose e i miei libri". Cosi' Massimo Cialente descrive oggi il suo immediato futuro, dopo l'annuncio di ieri delle sue dimissioni da sindaco dell'Aquila. "Non e' un Paese per gente come me, che sono un Forrest Gump. Come ha detto mio figlio - prosegue - andro' avanti a testa alta e passero' alla storia per essere stato l'unico sindaco in Italia a essersi dimesso per un avviso di garanzia". "Se Mediaset scrive che sono indagato significa qualcosa" dice e a proposito dell'inchiesta aggiunge: "Riparlero' dopo la chiusura delle indagini, allora mi riservo il diritto di tribuna con una conferenza stampa nella quale chiedere scusa, oppure su alcuni aspetti qualcuno dovra' chiederle a me". Quanto al futuro del centrosinistra in citta', Cialente vede Giovanni Lolli come candidato sindaco: "Lolli e' un fratello, nel mio ragionamento, sarebbe l'unico ad avere capacita'".
"Spero che domani il centrosinistra, guidato dal presidente del Consiglio comunale e dai segretari politici della maggioranza e, se vogliono, delle opposizioni, che finora non ci sono mai stati, decida di chiedere un incontro con il presidente del Consiglio Enrico Letta per rivendicare il miliardo di euro promesso dall'ex ministro Barca ed esigere le dimissioni del ministro Trigilia, che ha sostituito Barca nella gestione della ricostruzione per conto del governo". E' l'augurio del sindaco dimissionario dell'Aquila, Massimo Cialente. "Senza Cialente non hanno alibi. Se io fossi un politico queste cose farei. Non chiedo manifestazioni di solidarieta' a Cialente, ma che il centrosinistra ponga queste istanze, magari accompagnati a Roma da qualche migliaio di aquilani. Se non lo fanno subito - conclude - il mio sacrificio sara' in parte inutile e la citta' si ricostruira' forse tra venti o trent'anni".
Nessuno spiraglio per ripensamenti, dopo l'annuncio delle dimissioni dato ieri e motivato da "un clima cambiato, a partire dal rapporto molto difficile con il governo e gli attacchi di alcuni media alla mia famiglia, una situazione dannosa per la citta'". Non sono servite neanche le molte telefonate con cui Massimo Cialente ieri sera veniva invitato a recedere dal proposito. A chiamarlo sono stati il presidente del Consiglio, Enrico Letta, e suo zio, l'ex sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta. E ancora, il governatore dell'Emilia Romagna, Vasco Errani, il sindaco di Bari, Michele Emiliano, l'ex ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca, che fu inviato del governo Monti nella gestione della ricostruzione, e gli abruzzesi Giovanni Legnini (Pd), sottosegretario alla presidenza del consiglio, e Luciano D'Alfonso, gia' sindaco di Pescara e probabile candidato alla presidenza della Regione Abruzzo per il centrosinistra. Ma gia' in conferenza stampa Cialente era stato chiaro: "Neanche se Matteo Renzi ed Enrico Letta me lo dovessero chiedere tornero' indietro!".
E' la seconda volta in sette anni di governo dell'Aquila che Massimo Cialente rassegna le sue dimissioni. Anche se nella prima occasione le aveva ritirate, mentre ora assicura che niente e nessuno gli fara' cambiare idea. Cialente si era dimesso quasi al termine del suo primo mandato, nel marzo 2011, dopo un lungo periodo in cui la sua maggioranza aveva perso pezzi e non riusciva a votare i provvedimenti. Allora aveva occupato simbolicamente palazzo Margherita, la sede del Municipio devastata dal terremoto del 6 aprile 2009, lanciando un appello e lamentando il ritardo nell' arrivo dei fondi per la ricostruzione post sisma. Le dimissioni le aveva poi ritirate alla scadenza dei venti giorni previsti, presentandosi in Comune di domenica alle 8.30. Concluso il primo mandato (quinquennio 2007-2012), Cialente e' stato rieletto sindaco nel maggio 2012 al ballottaggio: gli aquilani lo hanno voluto ancora alla testa della citta', ed ha ottenuto il 59,20% dei voti. Appena un mese dopo essere stato confermato alla guida del capoluogo abruzzese, un nuovo affondo: "Se Gianni Chiodi (presidente della Regione Abruzzo) rimane come commissario per la ricostruzione vado via io". A maggio 2013 la clamorosa protesta, sempre per il mancato arrivo dei fondi, della fascia tricolore rispedita al Quirinale - il presidente Giorgio Napolitano gliela rimando' qualche giorno dopo - e delle bandiere tricolori ammainate da tutti gli uffici pubblici, ancora con la minaccia di dimissioni. Infine, a settembre dell'anno scorso, dopo nuovi sfaldamenti nella sua coalizione, un nuovo avvertimento: "Non ho piu' la maggioranza, se si va avanti cosi' sara' giusto restituire la parola ai cittadini".
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