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Pubblicato il 14/03/2013 11:11

D'Amico: "Innovazione tecnologica, ecco il futuro dell'Università"

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L'intervista al nuovo rettore dell'Ateneo di Teramo

 

Professore ordinario di Economia Aziendale dal 2000, preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione dal 2010 al 2012 e direttore della Fondazione Universitaria, Luciano D'Amico, nato a Torricella Peligna nel chietino, dallo scorso gennaio è il nuovo Magnifico Rettore dell'Università di Teramo. 53 anni, esperto in Economia, D'Amico ha avviato sin dal primo giorno del suo insediamento il processo di cambiamento per l'università abruzzese.

Lo abbiamo incontrato al primo piano della sede del Rettorato di via Crucioli a Teramo, alcuni giorni prima della rivoluzione anche logistica, fortemente voluta dal Rettore stesso, dopo poche ore dall'elezione dei cinque presidi delle Facoltà, che insieme al rinnovo del Senato Accademico delle prossime settimane completerà la squadra del professor D'Amico.

 

Magnifico Rettore, qual è lo stato di salute dell'Università di Teramo?

L'Università di Teramo finanziariamente non ha problemi, compatibilmente con il periodo in cui i tagli sono all'ordine del giorno. Non abbiamo alcun indebitamento, abbiamo ancora un equilibrio di bilancio. Da questo punto di vista, dunque non abbiamo un'asfissia finanziaria. Per quanto riguarda la ricerca e la didattica però c'è bisogno di un processo di razionalizzazione per adeguare l'offerta alle nuove esigenze.

 

In che modo?

L'idea di fondo è quella di abbandonare qualunque tipo di approccio generalista, per abbracciarne uno fortemente specialistico. Ciascuno deve investire sulle competenze specifiche, così da offrire un quadro più completo. Per fare questo è necessario raccordarci con gli altri atenei abruzzesi, quello aquilano e la “d'Annunzio” di Pescara-Chieti, attraverso una federazione e non una fusione, mettendo in comune le migliori competenze e le risorse per raggiungere una dimensione adeguata e competere con gli altri atenei italiani. E' necessario avviare un processo di razionalizzazione su tutti i fronti. Nelle aree di ricerca, nell'offerta formativa e in campo logistico. Io mi auguro di passare, nel giro di qualche anno dalle attuali 10 a 4 sedi.

 

Come si incentiva secondo lei lo sviluppo economico?

Noi abbiamo sempre sofferto di una certa insensibilità da parte delle imprese e degli enti pubblici. In un periodo come questo, ovviamente questa insensibilità diventa ancora più radicale. Per cui non riusciamo ad ottenere quello che in altri contesti, come gli Stati Uniti, accade, con donazioni o creazioni di fondazioni per esempio. In Italia per tradizione, tutto questo è difficile. La strada migliore, a mio avviso, è quella di avviare un sistema di collaborazione forzosa. Introdurrei un sistema di premialità per tutte quelle Università che riescono a rapportarsi con le aziende del territorio sia nel fornire servizi a quelle già operano, sia soprattutto rafforzando la vocazione a creare tutto ciò che è start up d'impresa. L'Università di Teramo sta andando esattamente in questa direzione. Dobbiamo essere in grado di stimolare alla creazione di nuove imprese. Il nostro sistema economico è in crisi perché le imprese non innovano e le imprese non innovano perché è difficile raccordarsi con i centri che fanno ricerca. Qui sta anche il nostro compito. Nel rafforzare il trasferimento tecnologico e i rapporti con le industrie.

 

Prima ha parlato di tagli sempre più frequenti. Cosa vorrebbe chiedere al governo?

Io parto da un presupposto. Il sistema economico del Paese è uscito da tutti i settori ad alta tecnologia. Né nella creazione né nella produzione. Siamo fuori da tutto. Questo comporta il disamoramento dei giovani per il mondo universitario e che un titolo di studio come la laurea diventi sempre più difficilmente spendibile.

 

E quindi la fuga dei cervelli.

Esatto. La fuga dei cervelli è testimonianza, che il sistema universitario funziona, ma che quello economico non ha la giusta capacità di assorbimento. Se i “cervelli fuggono”, vuol dire che qualcuno li accoglie e se qualcuno li accoglie vuol dire che sono ben formati. Il punto è che se questa ad oggi è una conseguenza dell'involuzione del sistema economico, rischia di divenire a breve una causa. Dunque bisogna tornare ad investire sulle alte tecnologie e professionalità.  

 

 

Marcella Pace

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