"La storia si ripete, pur a distanza di secoli: la rinuncia al papato di Benedetto XVI, 'un atto compiuto in piena liberta' per il bene della Chiesa'. Annunciata a sorpresa, in latino, durante il Concistoro dell'11 febbraio, si e' concretizzata ieri, con il volo del Pontefice verso Castel Gandolfo. Una scelta intima, meditata, sofferta, come quella di Papa Celestino V, che il 13 dicembre 1294 lascio' il soglio pontificio per ritirarsi a vita privata. Benedetto XVI, ha inteso vivere la sua fede lontano dagli occhi del mondo. Tornare pellegrino tra i pellegrini. Come fra' Pietro da Morrone, rinchiuso tra le gelide mura della prigione di Fumone e caduto, la storia narra, per mano del suo successore, Bonifacio VIII. Oggi come allora si consuma il gran rifiuto". E' la lettura della giornalista e scrittrice aquilana, Monica Pelliccione, studiosa della figura di Celestino V, che nel 2009 ha pubblicato il volume "Nel nome di Celestino. Una nuova luce per L'Aquila".
"Poscia ch'io v'ebbi alcuni riconosciuto, vidi e conobbi l'ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto". Nasce da questo passo dantesco la controversa interpretazione sulle dimissioni di Celestino V, unico Papa, prima di Benedetto XVI, a rinunciare al papato", spiega Pelliccione, "la tradizione popolare, contestata dai critici moderni, riconosce in fra' Pietro il personaggio citato da Dante Alighieri nel III canto dell'Inferno. Francesco Petrarca diede, invece, al gesto di Celestino V un significato diametralmente opposto, legando il "rifiuto" al soglio pontificio alla volonta' di perseguire gli ideali di spiritualita' e preghiera che hanno sempre contraddistinto il cammino spirituale del Santo. E al di la' degli intrighi di palazzo, degli scandali che hanno agitato il Vaticano, nell'ultimo periodo, addotti dai detrattori di Benedetto XVI come motore della sua scelta, il gesto del Papa di 'farsi da parte' va letto proprio in quest'ottica. Un atto legittimo e rivoluzionario, per riscoprire una dimensione di umanita', per taluni versi scemata".
La scrittrice, che ha analizzato nel volume su Celestino V la sacrifica rinuncia, cita le similitudini tra i due Papi: "Celestino V, come Benedetto XVI, era un uomo di grande rettitudine morale, per taluni versi lontano dalla status di superiorita' che impone la figura del Pontefice. Un frate umile, silenzioso, solitario e devoto, eletto da un conclave estremamente ristretto e designato come Papa di transizione. Un santo capace, tuttavia, di lasciare tracce indelebili nella storia della cristianita'". "Al pari, Benedetto XVI, teologo e gran conoscitore di diritto canonico, ha rinunciato al ministero petrino, debole nel corpo e nello spirito. Una debolezza che si rivela, invece, dirompente forza interiore. Un atto rivoluzionario e legittimo", prosegue Pelliccione, "liberamente scelto e rivelato al mondo. Benedetto XVI continuera' e pregare e vegliare, lo ha detto lui stesso, sulla Chiesa. Una veglia di meditazione e ascolto dell'animo. La sua rinuncia all'ufficio del romano pontefice e' un gesto straordinario, a sette secoli dal decreto di Bonifacio VIII che, dopo l'abdicazione di Celestino V avvenuta davanti al Collegio dei cardinali, volle che la rinuncia all'ufficio papale entrasse nell'ordinamento giuridico della Chiesa, inserendolo nel Primo codice di diritto canonico".
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