Regioni medio-piccole e del Centro-Nord, province "a dimensione d'uomo" dove i ritmi di vita sono meno frenetici e competitivi, i rapporti sociali sono meno anonimi, le relazioni umane piu' immediate e quelli con le strutture meno appesantiti dalla burocrazia. Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta; Trento, Biella e Lucca. Queste le regioni e le province che indicano l'"indice di inserimento sociale" degli immigrati in Italia, ossia il livello di accesso ad alcuni beni e servizi fondamentali di welfare, come la casa e l'istruzione superiore. Lo si evince dal IX Rapporto Cnel sugli "Indici di integrazione degli immigrati in Italia".
Le migliori condizioni di inserimento occupazionale? Nel 2011 erano l'Emilia Romagna e la Liguria, seguite da Toscana, Lombardia, Piemonte e, inaspettatamente, Sardegna. È quanto emerge dal nono rapporto sugli indici di integrazione del Cnel (vedi lanci precedenti). Rispetto al 2009, anno della precedente rilevazione, l'Emilia Romagna ha migliorato di quattro punti il proprio indice, soprattutto grazie agli indicatori relativi alla partecipazione degli immigrati al mercato del lavoro (19,2 per cento contro una media nazionale del 16,4 per cento), alle ore lavorate e alla continuità del permesso di soggiorno per lavoro. Ciò ha consentito alla regione di scavalcare la Toscana, con l'inattesa performance della Liguria, che ha scalato sei posizioni. Il Friuli Venezia Giulia, che 2 anni fa era al terzo posto, è stato superato non solo dalle due più grandi regioni e poli produttivi industriali del Nord Ovest, ma anche dalla Sardegna, che solo due anni prima era di 10 posti più in basso, con un valore di oltre 30 punti inferiore. Sulla risalita della regione isolana hanno influito soprattutto la continuità del permesso di soggiorno per lavoro (detiene il più basso tasso annuale di mancato rinnovo tra tutte le regioni italiane: 6,5 per cento) e il tasso di imprenditorialità degli stranieri (10,7 per cento contro una media del 7), oltre alla capacità di assorbimento della manodopera immigrata da parte del mercato del lavoro. In ascesa anche l'Abruzzo: +13 punti, soprattutto grazie al grande dinamismo dell'area industriale di Teramo. Cala invece il Lazio (dal sesto all'ottavo posto), ma soprattutto il Veneto (precipitato dal quinto al decimo posto, -5 punti), il Trentino Alto Adige (dal decimo al 16esimo, -17,4 punti) e l'Umbria (dal nono al 13esimo posto), "tutte regioni in cui evidentemente il mercato occupazionale interno è - almeno per gli stranieri - in particolare sofferenza a causa della perdurante depressione economica" precisa il rapporto. In sostanza a parte l'Emilia Romagna, tutte le regioni del Nord Est hanno vissuto un peggioramento delle condizioni di inserimento occupazionale degli immigrati, a causa delle pesanti ripercussioni della crisi. Ne è ulteriore conferma il fatto che l'intera area perde 18 punti in due anni, scendendo alla penultima posizione della graduatoria, superando solo il Sud. A livello di province, l'indice supera quota 70 solo in 3 casi, mentre nel 2009 erano in sette. Si tratta di Imperia (72), Reggio Emilia (71,5) e Prato (71,3).
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