Per massimizzare i profitti nei milionari appalti della cosiddetta ricostruzione privata i sette imprenditori coinvolti nell'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia dell'Aquila si rivolgevano alla camorra, in particolare al clan dei Casalesi, per farsi procurare le maestranze a basso prezzo. E' quanto emerge dagli atti dell'operazione "Dirty Job" che ha portato agli arresti, tre in carcere e quattro ai domiciliari, di sette imprenditori che operano nell'ambito della ricostruzione privata, quella caratterizzata dall'assenza di bandi pubblici con i lavori che possono essere affidati direttamente dai cittadini proprietari degli immobili danneggiati dal sisma del 6 aprile 2009; per questo l'accusa di "contiguita' con il clan dei Casalesi". Le sette misure cautelari sono state tutte eseguite dagli uomini della Guardia di Finanza dell'Aquila. Sono invece in corso di esecuzione circa trenta perquisizioni. Gli indagati dovrebbero essere una ventina tra imprenditori e soggetti che lavoravano per loro. Secondo quanto si e' appreso i sette stavano effettuando importanti e ingenti lavori nell'ambito della ricostruzione privata. Il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente, nei giorni scorsi, in occasione dell'inchiesta sulle tangenti negli appalti per chiese e beni culturali, aveva invitato le istituzioni a vigilare proprio sulla ricostruzione privata. Le accuse per i sette a vario titolo sono estorsione aggravata dal metodo mafioso, da intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Alle 11.30 ci sara' una conferenza stampa alla quale potrebbe intervenire il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti.
Gli imprenditori coinvolti nella vicenda sono i fratelli Dino e Marino Serpetti, Alfonso, Cipriano e Domenico Di Tella, oltre all'ex presidente dell'Aquila Calcio, Elio Gizzi, tutti e sei aquilani; l'ultimo e' Michele Bianchini, di Avezzano. In carcere sono finiti i tre Di Tella e Bianchini. Ai domiciliari i due Serpetti e Gizzi
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